di Guido Ambrosino
dal Manifesto
A sinistra della crisi
In Germania, con la costituzione nel 2007 del partito Die Linke (La sinistra), è riuscito quello che in Italia è ancora un miraggio: mettere insieme tradizioni politiche della sinistra che da sole rischierebbero di non superare la soglia di sbarramento del 5 per cento.
dal Manifesto
A sinistra della crisi
In Germania, con la costituzione nel 2007 del partito Die Linke (La sinistra), è riuscito quello che in Italia è ancora un miraggio: mettere insieme tradizioni politiche della sinistra che da sole rischierebbero di non superare la soglia di sbarramento del 5 per cento.
La Linke, dove è confluito un pezzo della sinistra socialdemocratica, rappresenta un arco di posizioni più ampio di quello che in Italia va da Sinistra, ecologia e libertà a gruppi come Sinistra critica e il Partito comunista dei lavoratori, passando per Rifondazione comunista.
Alle politiche del 2009 la Linke ha ottenuto l'11,9% dei voti e 76 deputati al Bundestag (40 donne e 36 uomini). È rappresentata in 13 dei 16 Länder (mancano ancora all'appello Baviera, Baden-Württemberg e Renania-Palatinato), con quozienti superiori al 20% in regioni dell'est come Brandeburgo, Sassonia-Anhalt, Sassonia, Turingia, e anche a ovest nella Saar (21,3%), la regione di Oskar Lafontaine.
In Brandeburgo e a Berlino governa con la Spd. Della Linke e delle sue proposte di politica economica abbiamo parlato con Heinz Bierbaum, uno dei vicepresidenti del partito, in procinto di partire per Roma dove parteciperà a un convegno sulla sinistra in Europa.
Bierbaum coordina il gruppo della Linke nel parlamento regionale della Saar. Sociologo e economista, dal 1996 insegna economia all' Università tecnica di Saarbrücken. In precedenza aveva lavorato per il sindacato IG Metall.
Il suo nome non è nuovo ai lettori del manifesto: il nostro archivio conserva cinque suoi articoli scritti tra il 1998 e il 2005.
Nel 2007, al congresso di fusione tra Pds (partito del socialismo democratico) e Wasg (lista per la giustizia sociale) avete accantonato la disputa sui massimi sistemi - comunismo, socialismo, socialdemocrazia - puntando su un nome che accomuna tutti: Linke, sinistra...
Nello statuto c'è un riferimento al "socialismo democratico". Ma nel partito convivono tradizioni diverse. C'è una componente legata, anche per ragioni biografiche, al "realsocialismo" della Rdt, pur con una critica radicale al totalitarismo che ha fatto fallire quella esperienza. C'è una componente che si è formata a ovest nella Spd e nei sindacati.
Ci sono correnti trotzkiste e neocomuniste, ex-verdi, giovani formatisi nei nuovi movimenti di opposizione sociale. A est, dove il partito ha una dimensione di massa e un radicamento nelle amministrazioni locali, è più forte la tendenza a cercare accordi di governo con la Spd, anche a prezzo di compromessi inaccettabili per militanti dell'ovest abituati a essere all'opposizione.
All'ultimo congresso, nel maggio scorso, avete optato per un tandem alla guida del partito. Le cariche si sono moltiplicate per garantire tutte le componenti. Questo assetto funziona?
Funziona meglio di quanto ci si potrebbe aspettare, sebbene il sistema delle "quote" è assai complicato: donne-uomini, est-ovest, Pds-Wasg. Così si è formato il tandem di presidenza con Gesine Lötzsch (berlinese, ex Pds) e Klaus Ernst (bavarese, ex Wasg).
Io sono uno dei quattro vicepresidenti, insieme a tre donne dell'est. Due anche i segretari organizzativi (uomo-donna, est-ovest).
Il processo di fusione è ancora in corso, e richiede ancora molto lavoro. Procederà di pari passo con l'intesa programmatica, che dovrà concludersi con l'approvazione di un nuovo programma nell'autunno del 2011.
Nella bozza in discussione ci sono richieste che sembrano troppo radicali alla corrente degli "amministratori" dell'est, come la socializzazione delle banche...
Non solo delle banche. Nella bozza si dice che "non è possibile un ordinamento socialmente giusto se non si cambiano i rapporti di proprietà capitalistici".
In Italia non abbiamo fatto esperienze brillanti con banche pubbliche lottizzate dai partiti...
Nemmeno in Germania la proprietà pubblica è una garanzia di buon funzionamento: alcune banche regionali hanno bruciato miliardi nell'ultima crisi finanziaria.
Il cambiamento dei rapporti di proprietà va collegato a nuovi canali di rappresentanza politica e sociale, a nuove forme di partecipazione, di governo democratico dell'economia.Molti paesi europei si vedono costretti a ridurre i loro deficit.
Tendono a farlo massacrando le spese sociali. Non si dovrebbero invece aumentare le entrate, facendo pagare le tasse ai ricchi?
In Italia il volume dell'economia sommersa è stimato al 19-22 per cento del Pil. È accettabile che in Germania, senza più imposta patrimoniale, le imposte di successione e sulla proprietà immobiliare fruttino solo lo 0,9% del Pil, mentre il complesso di queste voci rende in media il 2,1% nella Ue, il 3,1 negli Usa e il 4,6% in Gb?
È ora che la crisi la paghino i ricchi. In Germania, dove la cancelliera Merkel vuole risparmiare sull'assistenza ai disoccupati, chiediamo di portare l'aliquota massima dell'imposta sui redditi dal 42 al 50%, di tassare del 5% i grandi patrimoni oltre il milione, di aumentare l'imposta di successione.
Vogliamo tassare le operazioni di borsa. Su scala europea ci battiamo per un'imposta generalizzata su tutte le transazioni finanziare - si discute un aliquota tra l'1 per mille e l'1 per cento - che scoraggerebbe le compravendite speculative a breve termine.
Comunque, per contrastare la speculazione, occorre regolare il mercato finanziario con certificazioni pubbliche sulla serietà dei "prodotti" in circolazione.
Che fare con le maggiori entrate?
Per scongiurare i rischi incombenti di recessione, servono programmi di investimento per la pubblica istruzione, le infrastrutture, le energie rinnovabili, la salute. E per un elementare esigenza di giustizia, oltre che per sostenere la domanda interna, abbiamo bisogno di salari minimi garantiti per legge, e di contrastare la precarizzazione del lavoro.
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