di Paolo Flores d'Arcais - Il fatto quotidiano
Continuare a discutere se Berlusconi possa ancora governare è privo di senso. Si prenda un paese occidentale a caso e si immagini se un Obama o un Sarkozy, una Merkel o un Zapatero, avrebbero potuto restare al loro posto un minuto di più. L’Italia è oggi nelle mani di un videocrate stramiliardario e psichiatricamente borderline, che è a sua volta nelle mani dei suoi ruffiani e delle sue troie. Una democrazia che sopporta questo non è più una democrazia.
Il problema non è perciò più il discutere ma l’agire. Una opposizione anche non all’altezza del ruolo, ma ancora non definitivamente sorda ai valori scolpiti nella nostra Costituzione, e non totalmente dimentica del sangue che è costato alla generazione della Resistenza conquistarla, non può più partecipare, in nessuna forma e sotto nessun alibi, a una farsa di “vita istituzionale” che sta portando il paese alla tragedia.
Siamo in uno stato di eccezione, di eversione governativa sistematica, sostenuta dalla potenza di fuoco dell’asservimento mediatico al regime, e con gesti di eccezione è dunque necessario, anzi improcrastinabile, che l’opposizione parlamentare risponda. Uscendo da un Parlamento che il Puttaniere ha già trasformato nel suk dei voti comprati all’incanto, e riunendosi separatamente e pacificamente in una Pallacorda che rappresenti quanto ancora resta dell’Italia civile, per provare a salvarla e ricostruirla.
Solo con un gesto simbolico eccezionale è pensabile che una parte del ceto politico possa sottrarsi, almeno “in articulo mortis”, alla complicità omissiva e corriva con un potere che ormai è ridotto solo e inequivocabilmente a un impasto di criminalità, corruzione, violenza ricattatoria, hybris di menzogna, fetida suburra. Senza questo gesto di rottura, che consenta di sventolare di nuovo a testa alta la bandiera della Costituzione, l’opposizione rischia di compiere il passo che ancora divide la mediocrità più ottusa dal tradimento.
Da due secoli e mezzo democrazia liberale significa “governo limitato” e “balance of powers”, come insegnavano i Padri fondatori degli Usa. Ad ogni minuto che il Puttaniere ancora trascorre a Palazzo Chigi, diventa più arduo impedire la morte annunciata – per decomposizione – della nostra democrazia costituzionale. L’oltraggio quotidiano, l’aggressione, la guerra totale che il Puttaniere ha dichiarato alla “legge eguale per tutti” e ai magistrati che ancora l’onorano, esige da ogni cittadino, e più che mai da chi se ne pretende “rappresentante”, quell’“ora basta!” che ha ritardato fin troppo.
Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2011
Continuare a discutere se Berlusconi possa ancora governare è privo di senso. Si prenda un paese occidentale a caso e si immagini se un Obama o un Sarkozy, una Merkel o un Zapatero, avrebbero potuto restare al loro posto un minuto di più. L’Italia è oggi nelle mani di un videocrate stramiliardario e psichiatricamente borderline, che è a sua volta nelle mani dei suoi ruffiani e delle sue troie. Una democrazia che sopporta questo non è più una democrazia.
Il problema non è perciò più il discutere ma l’agire. Una opposizione anche non all’altezza del ruolo, ma ancora non definitivamente sorda ai valori scolpiti nella nostra Costituzione, e non totalmente dimentica del sangue che è costato alla generazione della Resistenza conquistarla, non può più partecipare, in nessuna forma e sotto nessun alibi, a una farsa di “vita istituzionale” che sta portando il paese alla tragedia.
Siamo in uno stato di eccezione, di eversione governativa sistematica, sostenuta dalla potenza di fuoco dell’asservimento mediatico al regime, e con gesti di eccezione è dunque necessario, anzi improcrastinabile, che l’opposizione parlamentare risponda. Uscendo da un Parlamento che il Puttaniere ha già trasformato nel suk dei voti comprati all’incanto, e riunendosi separatamente e pacificamente in una Pallacorda che rappresenti quanto ancora resta dell’Italia civile, per provare a salvarla e ricostruirla.
Solo con un gesto simbolico eccezionale è pensabile che una parte del ceto politico possa sottrarsi, almeno “in articulo mortis”, alla complicità omissiva e corriva con un potere che ormai è ridotto solo e inequivocabilmente a un impasto di criminalità, corruzione, violenza ricattatoria, hybris di menzogna, fetida suburra. Senza questo gesto di rottura, che consenta di sventolare di nuovo a testa alta la bandiera della Costituzione, l’opposizione rischia di compiere il passo che ancora divide la mediocrità più ottusa dal tradimento.
Da due secoli e mezzo democrazia liberale significa “governo limitato” e “balance of powers”, come insegnavano i Padri fondatori degli Usa. Ad ogni minuto che il Puttaniere ancora trascorre a Palazzo Chigi, diventa più arduo impedire la morte annunciata – per decomposizione – della nostra democrazia costituzionale. L’oltraggio quotidiano, l’aggressione, la guerra totale che il Puttaniere ha dichiarato alla “legge eguale per tutti” e ai magistrati che ancora l’onorano, esige da ogni cittadino, e più che mai da chi se ne pretende “rappresentante”, quell’“ora basta!” che ha ritardato fin troppo.
Il Fatto Quotidiano, 19 gennaio 2011
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