Oltre il 15 ottobre: Non un passo indietro, neanche per prendere la rincorsa
Fonte: liberoit
Il 15 ottobre oltre 50 000 studenti e studentesse provenienti da tutt’Italia si sono ritrovati a piazzale Aldo Moro, rispondendo all’appello della Sapienza per la costruzione di uno spezzone studentesco che confluisse nel corteo insieme a tutti gli altri soggetti sociali che hanno promosso la costruzione di quella giornata.
L’intuizione di costruire uno spezzone studentesco unitario si è dimostrata vincente, convinti che esista un filo conduttore che lega la crisi del debito pubblico e della finanziarizzazione dell’economia allo smantellamento della formazione e della ricerca pubblica. Non è retorica: ci sentiamo davvero quel 99% che non sopporta più di leggere le scelte della politica attraverso la lettera di Draghi e Trichet, quel 99% che pensa che non ci sia democrazia senza coinvolgimento dei soggetti sociali nelle scelte che riguardano le nostre vite. Siamo quel 99% che partendo da un’idea diversa di scuola e università, attraverso percorsi di mobilitazione reali, prova a costruire un’idea diversa di democrazia, di economia, di politica, di società.
Per fare questo il movimento studentesco ha scelto negli ultimi anni di costruire e praticare un conflitto sociale largo, attraverso pratiche di massa che sapessero tenere insieme pratica dell’obiettivo, conflitto sociale e consenso, radicalità ed efficacia. Non abbiamo mai esitato a sfidare i divieti di chi voleva impedirci di manifestare nei luoghi e nelle forme che sceglievamo durante la mobilitazione, convinti che il conflitto sia un’opportunità politica, nel momento in cui si pone l’obiettivo di invertire i rapporti di forza e di opporsi alla repressione del potere politico, per riaprire spazi di cambiamento. Tramite decisioni collettive, abbiamo deciso se e quando violare le zone rosse per manifestare sotto i palazzi del potere (politico ed economico), così come abbiamo deciso se e quando lasciare quei palazzi del potere soli nelle zone rosse per riprenderci le strade che ci venivano sottratte da un governo sordo e da un parlamento svuotato di senso.
Con questo spirito abbiamo costruito la data del 15 ottobre, attraverso percorsi assembleari nell’università, coinvolgendo le migliaia di studenti che hanno deciso di tornare a invadere le strade di Roma, riportando in piazza i book block, che hanno caratterizzato il nostro movimento lo scorso anno. L’abbiamo fatto insieme a quel mezzo milione di persone che, nell’irriducibile molteplicità di pratiche e di idee che contraddistingue i movimenti più grossi, è sceso in piazza spontaneamente per porre fine a un presente schiacciato dallo strapotere delle Banche Centrali e della Finanza e per riprendersi il futuro.
Non ci piacciono le semplificazioni, ma siamo convinti che il livello del conflitto sia espressione della capacità di un movimento di autodeterminarsi, non delle forzature di pochi. Per questi motivi leggiamo come un attacco alla stessa manifestazione la volontà di alcuni gruppi di sovradeterminare le modalità di un intero corteo, mettendo in campo delle azioni che, in una logica del tutto minoritaria ed incomprensibile ai più, hanno impedito agli altri manifestanti di protestare liberamente, nelle forme da loro scelte.
Crediamo che sia diversa la scelta di quanti hanno resistito in piazza S. Giovanni alla reazione repressiva e scomposta della polizia che, attraverso l’utilizzo di idranti e caroselli con i blindati ha attaccato l'intera piazza. Il comportamento delle forza dell’ordine, guardavano sicuramente al giorno dopo, quando (come sta accadendo) si sarebbe potuto parlare di Legge Reale di arresti nel mucchio, perquisizioni a tappeto, di chiusura di ogni spazio di agibilità per chi vuole manifestare in un momento in cui l’autunno sarebbe stato particolarmente caldo.
Non ci piacciono le semplificazioni della stampa, perché provano a dividere i manifestanti tra aggressori e vittime, ma noi “vittime” non ci sentiamo. Lo spezzone studentesco ha proseguito la giornata del 15 ottobre con un corteo selvaggio non autorizzato, che ha bloccato la città e la tangenziale fino alle 21 di sera, raccogliendo ancora una volta il consenso della gente che applaudiva e si univa a noi.
Per questo motivo ripartiamo dal 15 ottobre per rilanciare una nuova stagione di lotta in questo paese. Siamo convinti che la sfida lanciata in tutto il mondo della costruzione di un movimento globale non possa arrestarsi. Manifestazioni in 1.000 città e 82 paesi di tutto il mondo ci parlano di un’opportunità enorme per la costruzione di un’alternativa economica, sociale e politica. Un movimento che non si spaventerà davanti ai deliri repressivi di Maroni, che invaderà ancora le strade e le piazze, con quella indignazione e quei desideri che da sempre hanno caratterizzato le nostre pratiche e i nostri cortei.
Ripartiamo già da domani dall’università, rilanciando i percorsi di mobilitazione nelle forme che hanno caratterizzato le nostre manifestazioni lo scorso anno e provando a proporne delle nuove, anche analizzando le esperienze di altri paesi come Spagna, U.S.A., Cile
Siamo convinti di non poter tornare indietro adesso, nemmeno per prendere la rincorsa.
Studenti e studentesse della Sapienza in Mobilitazione
Il 15 ottobre oltre 50 000 studenti e studentesse provenienti da tutt’Italia si sono ritrovati a piazzale Aldo Moro, rispondendo all’appello della Sapienza per la costruzione di uno spezzone studentesco che confluisse nel corteo insieme a tutti gli altri soggetti sociali che hanno promosso la costruzione di quella giornata.
L’intuizione di costruire uno spezzone studentesco unitario si è dimostrata vincente, convinti che esista un filo conduttore che lega la crisi del debito pubblico e della finanziarizzazione dell’economia allo smantellamento della formazione e della ricerca pubblica. Non è retorica: ci sentiamo davvero quel 99% che non sopporta più di leggere le scelte della politica attraverso la lettera di Draghi e Trichet, quel 99% che pensa che non ci sia democrazia senza coinvolgimento dei soggetti sociali nelle scelte che riguardano le nostre vite. Siamo quel 99% che partendo da un’idea diversa di scuola e università, attraverso percorsi di mobilitazione reali, prova a costruire un’idea diversa di democrazia, di economia, di politica, di società.
Per fare questo il movimento studentesco ha scelto negli ultimi anni di costruire e praticare un conflitto sociale largo, attraverso pratiche di massa che sapessero tenere insieme pratica dell’obiettivo, conflitto sociale e consenso, radicalità ed efficacia. Non abbiamo mai esitato a sfidare i divieti di chi voleva impedirci di manifestare nei luoghi e nelle forme che sceglievamo durante la mobilitazione, convinti che il conflitto sia un’opportunità politica, nel momento in cui si pone l’obiettivo di invertire i rapporti di forza e di opporsi alla repressione del potere politico, per riaprire spazi di cambiamento. Tramite decisioni collettive, abbiamo deciso se e quando violare le zone rosse per manifestare sotto i palazzi del potere (politico ed economico), così come abbiamo deciso se e quando lasciare quei palazzi del potere soli nelle zone rosse per riprenderci le strade che ci venivano sottratte da un governo sordo e da un parlamento svuotato di senso.
Con questo spirito abbiamo costruito la data del 15 ottobre, attraverso percorsi assembleari nell’università, coinvolgendo le migliaia di studenti che hanno deciso di tornare a invadere le strade di Roma, riportando in piazza i book block, che hanno caratterizzato il nostro movimento lo scorso anno. L’abbiamo fatto insieme a quel mezzo milione di persone che, nell’irriducibile molteplicità di pratiche e di idee che contraddistingue i movimenti più grossi, è sceso in piazza spontaneamente per porre fine a un presente schiacciato dallo strapotere delle Banche Centrali e della Finanza e per riprendersi il futuro.
Non ci piacciono le semplificazioni, ma siamo convinti che il livello del conflitto sia espressione della capacità di un movimento di autodeterminarsi, non delle forzature di pochi. Per questi motivi leggiamo come un attacco alla stessa manifestazione la volontà di alcuni gruppi di sovradeterminare le modalità di un intero corteo, mettendo in campo delle azioni che, in una logica del tutto minoritaria ed incomprensibile ai più, hanno impedito agli altri manifestanti di protestare liberamente, nelle forme da loro scelte.
Crediamo che sia diversa la scelta di quanti hanno resistito in piazza S. Giovanni alla reazione repressiva e scomposta della polizia che, attraverso l’utilizzo di idranti e caroselli con i blindati ha attaccato l'intera piazza. Il comportamento delle forza dell’ordine, guardavano sicuramente al giorno dopo, quando (come sta accadendo) si sarebbe potuto parlare di Legge Reale di arresti nel mucchio, perquisizioni a tappeto, di chiusura di ogni spazio di agibilità per chi vuole manifestare in un momento in cui l’autunno sarebbe stato particolarmente caldo.
Non ci piacciono le semplificazioni della stampa, perché provano a dividere i manifestanti tra aggressori e vittime, ma noi “vittime” non ci sentiamo. Lo spezzone studentesco ha proseguito la giornata del 15 ottobre con un corteo selvaggio non autorizzato, che ha bloccato la città e la tangenziale fino alle 21 di sera, raccogliendo ancora una volta il consenso della gente che applaudiva e si univa a noi.
Per questo motivo ripartiamo dal 15 ottobre per rilanciare una nuova stagione di lotta in questo paese. Siamo convinti che la sfida lanciata in tutto il mondo della costruzione di un movimento globale non possa arrestarsi. Manifestazioni in 1.000 città e 82 paesi di tutto il mondo ci parlano di un’opportunità enorme per la costruzione di un’alternativa economica, sociale e politica. Un movimento che non si spaventerà davanti ai deliri repressivi di Maroni, che invaderà ancora le strade e le piazze, con quella indignazione e quei desideri che da sempre hanno caratterizzato le nostre pratiche e i nostri cortei.
Ripartiamo già da domani dall’università, rilanciando i percorsi di mobilitazione nelle forme che hanno caratterizzato le nostre manifestazioni lo scorso anno e provando a proporne delle nuove, anche analizzando le esperienze di altri paesi come Spagna, U.S.A., Cile
Siamo convinti di non poter tornare indietro adesso, nemmeno per prendere la rincorsa.
Studenti e studentesse della Sapienza in Mobilitazione
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