di Mauro Trotta. Fonte: ilmanifesto
Sono passati poco più di quattro anni dallo scoppio della crisi dei subprime e l'economia è ancora nel pieno della bufera. Un ciclone che investe ormai anche l'Italia e potrebbe far crollare l'intero sistema economico-finanziario mondiale. Sono crollati colossi del calibro di Lehman Brothers, gli stati hanno investito somme incredibili nel salvataggio delle grandi banche, eppure la tempesta non accenna a placarsi. Crollano governi, si sospende di fatto la democrazia ma le borse continuano a fare su e giù, prediligendo il segno meno.
Per capire cosa è successo effettivamente e ragionare sulle possibili vie di uscita può risultare estremamente utile un libro agile e chiaro, scritto un po' prima che la speculazione attaccasse in modo così violento il nostro paese, approfittando delle sue debolezze endemiche. Un libro come Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi (Editori Riuniti, pp. 367, euro 16) di Enrico Grazzini. Il fatto che questo saggio sia stato scritto non in piena emergenza - l'autore stesso afferma di averlo finito nel marzo 2011 - gli conferisce, infatti, una sorta di lucidità, propria dei momenti di calma relativa, che spesso si perde quando si è nel pieno di una crisi. Inoltre l'autore aveva ben presente al momento della stesura che la situazione sarebbe potuta facilmente precipitare. Lui stesso afferma nell'introduzione che, nonostante una fragile ripresa, «l'economia del debito è ancora ben viva e il sistema finanziario non è stato risanato. È possibile che la crisi economica sia quindi destinata a durare, modificando profondamente, o anche sconvolgendo, il panorama sociale e politico delle nazioni e il contesto internazionale».
La tesi di fondo di Grazzini è che questa in cui ci troviamo non è una crisi congiunturale, bensì sistemica. Si tratta allora di modificare profondamente il sistema economico attuale. Bisogna abbandonare, al più presto, il turbocapitalismo finora imperante rivolgendosi ad un sistema misto fondato su tre componenti: l'intervento privato, l'intervento pubblico e la salvaguardia dei beni comuni. Da liberal, come egli stesso si definisce, l'autore auspica un forte ridimensionamento della finanza - che dovrebbe ritornare al suo compito originario di ancella dell'economia - e delle sue istituzioni (non più banche gigantesche che «non possono fallire»), così come un rinnovato intervento dello stato nel settore economico, sulla scorta di un rinnovato keynesismo. Ma soprattutto Grazzini propugna una gestione comune, né privata, né statale dei commons, che per essere utili e, paradossalmente, anche realmente produttivi occore che siano assolutamente sganciati da qualsiasi logica legata al profitto. Per beni comuni, naturalmente, l'autore intende sia le risorse naturali, fisiche, come ad esempio l'acqua, sia quei beni immateriali come la conoscenza, le scoperte scientifiche, le informazioni, i software, oggi alla base di quell'economia immateriale, basata sulla cooperazione, largamente maggioritaria all'interno dei paesi più avanzati oppure in fase di maggior espansione.
Il saggio, nella sua prima parte, analizza e spiega a fondo le ragioni strutturali della crisi in corso, occupandosi tra l'altro di derivati, mercati ombra, privatizzazioni dei profitti e pubblicizzazione delle perdite, crescita impetuosa dei redditi da capitale e in pratica stasi di quelli da lavoro. Individua con precisione l'origine di tutto ciò nelle politiche tatcheriane e reaganiane che hanno conquistato il mondo. Si occupa a fondo anche della cosiddetta green economy come possibile soluzione alla crisi ecologica ed energetica. Esamina con attenzione uno dei pochi sistemi economici - attualmente quasi dimenticato nelle analisi degli economisti - cioè quello scandinavo, con i suoi alti livelli di tassazione ma anche con l'elevato welfare garantito a tutti.
E si conclude esaminando i tre possibili scenari principali per uscire dalla crisi: ovvero, secondo le definizioni dell'autore, quello del «cambia tutto per non cambiare nulla», quello del «capitalismo "buono ed equilibrato"» e infine quello che Grazzini reputa come il solo davvero efficace, ossia «lo sviluppo dell'economia della condivisione». Non è difficile indovinare quale tra questi tre modelli di intervento si sia deciso di seguire, almeno sinora, per risolvere la crisi attualmente in corso.
Sono passati poco più di quattro anni dallo scoppio della crisi dei subprime e l'economia è ancora nel pieno della bufera. Un ciclone che investe ormai anche l'Italia e potrebbe far crollare l'intero sistema economico-finanziario mondiale. Sono crollati colossi del calibro di Lehman Brothers, gli stati hanno investito somme incredibili nel salvataggio delle grandi banche, eppure la tempesta non accenna a placarsi. Crollano governi, si sospende di fatto la democrazia ma le borse continuano a fare su e giù, prediligendo il segno meno.
Per capire cosa è successo effettivamente e ragionare sulle possibili vie di uscita può risultare estremamente utile un libro agile e chiaro, scritto un po' prima che la speculazione attaccasse in modo così violento il nostro paese, approfittando delle sue debolezze endemiche. Un libro come Il bene di tutti. L'economia della condivisione per uscire dalla crisi (Editori Riuniti, pp. 367, euro 16) di Enrico Grazzini. Il fatto che questo saggio sia stato scritto non in piena emergenza - l'autore stesso afferma di averlo finito nel marzo 2011 - gli conferisce, infatti, una sorta di lucidità, propria dei momenti di calma relativa, che spesso si perde quando si è nel pieno di una crisi. Inoltre l'autore aveva ben presente al momento della stesura che la situazione sarebbe potuta facilmente precipitare. Lui stesso afferma nell'introduzione che, nonostante una fragile ripresa, «l'economia del debito è ancora ben viva e il sistema finanziario non è stato risanato. È possibile che la crisi economica sia quindi destinata a durare, modificando profondamente, o anche sconvolgendo, il panorama sociale e politico delle nazioni e il contesto internazionale».
La tesi di fondo di Grazzini è che questa in cui ci troviamo non è una crisi congiunturale, bensì sistemica. Si tratta allora di modificare profondamente il sistema economico attuale. Bisogna abbandonare, al più presto, il turbocapitalismo finora imperante rivolgendosi ad un sistema misto fondato su tre componenti: l'intervento privato, l'intervento pubblico e la salvaguardia dei beni comuni. Da liberal, come egli stesso si definisce, l'autore auspica un forte ridimensionamento della finanza - che dovrebbe ritornare al suo compito originario di ancella dell'economia - e delle sue istituzioni (non più banche gigantesche che «non possono fallire»), così come un rinnovato intervento dello stato nel settore economico, sulla scorta di un rinnovato keynesismo. Ma soprattutto Grazzini propugna una gestione comune, né privata, né statale dei commons, che per essere utili e, paradossalmente, anche realmente produttivi occore che siano assolutamente sganciati da qualsiasi logica legata al profitto. Per beni comuni, naturalmente, l'autore intende sia le risorse naturali, fisiche, come ad esempio l'acqua, sia quei beni immateriali come la conoscenza, le scoperte scientifiche, le informazioni, i software, oggi alla base di quell'economia immateriale, basata sulla cooperazione, largamente maggioritaria all'interno dei paesi più avanzati oppure in fase di maggior espansione.
Il saggio, nella sua prima parte, analizza e spiega a fondo le ragioni strutturali della crisi in corso, occupandosi tra l'altro di derivati, mercati ombra, privatizzazioni dei profitti e pubblicizzazione delle perdite, crescita impetuosa dei redditi da capitale e in pratica stasi di quelli da lavoro. Individua con precisione l'origine di tutto ciò nelle politiche tatcheriane e reaganiane che hanno conquistato il mondo. Si occupa a fondo anche della cosiddetta green economy come possibile soluzione alla crisi ecologica ed energetica. Esamina con attenzione uno dei pochi sistemi economici - attualmente quasi dimenticato nelle analisi degli economisti - cioè quello scandinavo, con i suoi alti livelli di tassazione ma anche con l'elevato welfare garantito a tutti.
E si conclude esaminando i tre possibili scenari principali per uscire dalla crisi: ovvero, secondo le definizioni dell'autore, quello del «cambia tutto per non cambiare nulla», quello del «capitalismo "buono ed equilibrato"» e infine quello che Grazzini reputa come il solo davvero efficace, ossia «lo sviluppo dell'economia della condivisione». Non è difficile indovinare quale tra questi tre modelli di intervento si sia deciso di seguire, almeno sinora, per risolvere la crisi attualmente in corso.
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