L’opzione di uscita dall’euro non è più solo una prerogativa di Berlusconi, Grillo e dei movimenti cosiddetti “populisti”. Giorni fa era il Corsera a pubblicare editoriali che riabilitavano il tema della sovranità nazionale ed altri interventi che sollevavano il problema della difesa dei capitali nazionali da acquisizioni estere a prezzi di sconto. Oggi [ieri, ndr], a quanto pare, anche il Sole 24 Ore sembra disporsi a un eventuale salto del fosso, pubblicando un articolo di La Malfa che in termini espliciti perora la causa di un abbandono, sia pure “ordinato”, della moneta unica.
Questi segnali non devono in fondo meravigliare. Come ho cercato di sottolineare in una recente intervista a Radio 24, la netta maggioranza degli imprenditori italiani dipende dall’andamento della domanda interna. Era quindi prevedibile che negli assetti del capitalismo italiano prima o poi iniziasse a formarsi un consensus politico favorevole a strategia d’uscita dall’unione monetaria e a una difesa del mercato interno. Che questa coalizione di interessi possa prendere repentinamente il sopravvento è ancora difficile a dirsi. Di sicuro, data la situazione, ha le carte in regola per riuscire nell’intento.
Il guaio, come ho detto e ripetuto, è che c’è modo e modo di abbandonare l’euro. Un modo tipico, definibile di “destra”, è di scaricare il peso della svalutazione sui salari e di consentire piena libertà di fuga dei capitali. Questo criterio, tuttavia, non è semplicemente lesivo degli interessi del lavoro subordinato ma espone l’intera base produttiva nazionale a un rischio di svendita e desertificazione. Per tutelare gli interessi dei lavoratori e per difendere la struttura produttiva del paese, bisognerebbe allora governare diversamente l’uscita introducendo: 1) immediati blocchi alle fughe di capitali, 2) se necessario anche misure di regolazione dei flussi di merci e degli investimenti a lungo termine, 3) indicizzazioni salariali, 4) controlli amministrativi su alcuni prezzi “base”, 5) vincoli alle acquisizioni estere in campo sia industriale che bancario. Ossia, in buona sostanza, l’abbandono della moneta unica deve implicare anche una limitazione del mercato unico europeo. Non sarebbe del resto una novità: tra il 2008 e il 2011 la Commissione Europea ha calcolato oltre 400 nuove misure di protezione dei mercati interni adottate nel mondo, dagli Stati Uniti alla Cina.
Tra l’altro, come abbiamo cercato di chiarire nel libro L’austerità è di destra. E sta distruggendo l’Europa (Il Saggiatore), la messa in discussione del mercato unico europeo resta l’unica carta da giocare per far capire agli industriali tedeschi che i costi di una deflagrazione dell’euro potrebbero essere, per loro, più alti del previsto. Dunque, mostrarsi pronti a una limitazione degli scambi è la strategia “dominante” nel senso di Nash, è valida in ogni caso, è la mossa politica da compiere.
Ma la “sinistra”, per il momento, si limita ad abbaiare alla luna. La questione infatti non è di definire “vigliacco e traditore” chi sposta i capitali all’estero. Anzi, in casi simili dire senza agire è persino controproducente. Allora, per cominciare, la logica decisione da prendere dovrebbe esser semplicemente questa: vincolare la fiducia al governo Monti a un provvedimento che blocchi immediatamente le fughe di capitali [1]. Se l’irriducibile liberoscambista Monti non se la sente gli si tolga all’istante la fiducia. Altrimenti è la solita pletora di mefitiche chiacchiere.
[1] Ad avviso di chi scrive il Trattato “materiale” versa ormai in una crisi irreversibile. Ma in materia di movimenti di capitale è interessante notare che: “Le disposizioni dell’art. 63 non pregiudicano il diritto degli Stati membri di prendere tutte le misure necessarie per impedire le violazioni della legislazione e delle regolamentazioni nazionali, in particolare nel settore fiscale e in quello della vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie, o di stabilire procedure per la dichiarazione dei movimenti di capitali a scopo di informazione amministrativa o statistica, o di adottare misure giustificate da motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza” (art. 65 TFUE).
pubblicato su www.emilianobrancaccio.it
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