- controlacrisi -
Anche Hollande invita Samaras a «fare gli sforzi necessari» perché Atene possa restare nell’euro
Un vertice a due, come quando bisogna far presto a decidere. Tanto tutti gli altri paesi possono solo seguire, accompagnando quello dei due che offre migliore sostegno ai propri interesse.
L’asse franco-tedesco si è confermato ieri sera (una cena di lavoro terminata troppo tardi per potervene dar conto) intorno alla questione tornata ormai centrale per il futuro dell’eurozona: cosa fare con la Grecia?
La vigilia aveva riproposto due visioni non sempre facilmente convergenti, con Angela Merkel a fare la faccia dura come pretendono i custodi di Bundesbank e il suo ministro delle finanze. La richiesta del premier greco Antonis Samaras, che tra oggi e domani vedrà sia Merkel che Francois Hollande, è nota: servono due anni in più per portare a termine il programma imposto dalla troika (Bce, Ue, Fmi). Ma si accontenterebbe probabilmente anche di qualcosa di meno. In diverse interviste a media tedeschi ha voluto «garantire personalmente che Atene restituirà tutti i soldi» ai contribuenti europei. Ha cercato di terrorizzare i propri concittadini che contestano i tagli parlando di uno «scenario devastante» l’uscita della Grecia dall’euro.
Ma ha sollevato anche un argomento più serio: come possiamo privatizzare (spuntando un prezzo accettabile, ndr) quando ogni giorno i funzionari europei speculano pubblicamente su una potenziale uscita»? Il rischio per i greci è di svendere asset che altri (tedeschi, francesi o inglesi) gradirebbero per l’appunto ceduti in saldo.
Ma Wolfgang Schaeuble ha sbarrato la porta spiegando che «più tempo non è una soluzione del problema, ma solo più soldi da spendere». Altri 20 miliardi di aiuti, hanno quantificato gli analisti. Anche Hollande, entrando nel palazzo della Cancelleria, ha dovuto premere sul tasto della responsabilità di atene, che «deve naturalmente fare gli sforzi necessari»; anche se «è mio auspicio che la Grecia resti nell’eurozona; questa è la nostra volontà e lo diciamo da quando la crisi è iniziata». Ma Merkel ha messo un paletto preciso: per poter prendere qualsiasi decisione si dovrà prima analizzare il rapporto che i funzionari della troika in questo momento al lavoro ad Atene presenteranno ai leader europei. Il margine è insomma molto stretto, i rischi politici, oltre che economici, per l’Europa tornano alti. Il ministro finlandese degli affari europei è arrivato a denunciare – in controtendenza con gli umori prevalenti nel suo governo – la tentazione di erigere un «nuovo muro di Berlino» che separerebbe questa volta nord e sud del continente.
Non solo Citigroup, ormai, considera vicine al 90% le probabilità che Atene esca dalla moneta unica entro 12-18 mesi. Persino i bookmakers britannici quotano le scommesse in merito a 1,15 (l’Italia è data a 9). L’unica consolazione è che le scommesse sarebbero restituite se dall’aeuro uscissero tutti contemporaneamente.
L’asse franco-tedesco si è confermato ieri sera (una cena di lavoro terminata troppo tardi per potervene dar conto) intorno alla questione tornata ormai centrale per il futuro dell’eurozona: cosa fare con la Grecia?
La vigilia aveva riproposto due visioni non sempre facilmente convergenti, con Angela Merkel a fare la faccia dura come pretendono i custodi di Bundesbank e il suo ministro delle finanze. La richiesta del premier greco Antonis Samaras, che tra oggi e domani vedrà sia Merkel che Francois Hollande, è nota: servono due anni in più per portare a termine il programma imposto dalla troika (Bce, Ue, Fmi). Ma si accontenterebbe probabilmente anche di qualcosa di meno. In diverse interviste a media tedeschi ha voluto «garantire personalmente che Atene restituirà tutti i soldi» ai contribuenti europei. Ha cercato di terrorizzare i propri concittadini che contestano i tagli parlando di uno «scenario devastante» l’uscita della Grecia dall’euro.
Ma ha sollevato anche un argomento più serio: come possiamo privatizzare (spuntando un prezzo accettabile, ndr) quando ogni giorno i funzionari europei speculano pubblicamente su una potenziale uscita»? Il rischio per i greci è di svendere asset che altri (tedeschi, francesi o inglesi) gradirebbero per l’appunto ceduti in saldo.
Ma Wolfgang Schaeuble ha sbarrato la porta spiegando che «più tempo non è una soluzione del problema, ma solo più soldi da spendere». Altri 20 miliardi di aiuti, hanno quantificato gli analisti. Anche Hollande, entrando nel palazzo della Cancelleria, ha dovuto premere sul tasto della responsabilità di atene, che «deve naturalmente fare gli sforzi necessari»; anche se «è mio auspicio che la Grecia resti nell’eurozona; questa è la nostra volontà e lo diciamo da quando la crisi è iniziata». Ma Merkel ha messo un paletto preciso: per poter prendere qualsiasi decisione si dovrà prima analizzare il rapporto che i funzionari della troika in questo momento al lavoro ad Atene presenteranno ai leader europei. Il margine è insomma molto stretto, i rischi politici, oltre che economici, per l’Europa tornano alti. Il ministro finlandese degli affari europei è arrivato a denunciare – in controtendenza con gli umori prevalenti nel suo governo – la tentazione di erigere un «nuovo muro di Berlino» che separerebbe questa volta nord e sud del continente.
Non solo Citigroup, ormai, considera vicine al 90% le probabilità che Atene esca dalla moneta unica entro 12-18 mesi. Persino i bookmakers britannici quotano le scommesse in merito a 1,15 (l’Italia è data a 9). L’unica consolazione è che le scommesse sarebbero restituite se dall’aeuro uscissero tutti contemporaneamente.
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