La riforma del rating, con un’autorità di controllo europea che tagli il filo del conflitto di interessi tra le agenzie e i loro clienti Una bussola pubblica per fermare la speculazione e orientare gli investimenti. Anche così si può invertire la rotta d’Europa
Le tre agenzie private di rating Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch rappresentano le bussole della finanza: orientano flussi di migliaia di miliardi da parte degli investitori e possono così fare vivere o morire aziende e nazioni. Finora però hanno sbagliato spesso (vedi per esempio i casi clamorosi di Enron e Lehman Brothers considerati molto affidabili poco prima di fallire) e di fatto alimentano la speculazione contro gli stati europei più in difficoltà con il rischio crescente di farli fallire. Per avere una bussola più affidabile suggeriamo che in Europa lo European Securities and Markets Authority, ESMA, l’organismo europeo che vigila sul sistema finanziario, crei un’autorità pubblica indipendente per sovraintendere e certificare autonomamente le attività di rating sui titoli di debito.
Le agenzie di rating valutano l’affidabilità delle aziende, degli enti, degli stati e giudicano se sono in grado di ripagare o meno i loro debiti. Se un’azienda o uno stato vengono classificati come buoni debitori, allora gli investitori corrono a finanziarli prestando loro denaro a bassi tassi di interesse. Se invece le aziende o gli stati vengono giudicati come poco affidabili e rischiosi, gli investitori si tengono alla lontana o prestano denaro a tassi di interesse elevati (come accade attualmente all’Italia e agli altri paesi del sud Europa). Il ruolo delle agenzie è fondamentale nel mercato finanziario che si basa sulle informazioni e sulle scommesse sul futuro.
Tuttavia le tre agenzie di rating sono criticate per molti motivi: perché costituiscono un monopolio mondiale, dal momento che insieme controllano circa il 95% del mercato. Perché sono in prevalenza americane e sono considerate la longa manus della speculazione anglosassone; perché guadagnano profitti enormi e generalmente hanno un margine superiore al 50%. Perché hanno clamorosamente sbagliato assegnando valori massimi di affidabilità a titoli spazzatura o addirittura tossici – come nel caso dei derivati dei subprime -. Perché hanno dato il voto massimo (tripla A) a Lehman Brothers pochi giorni prima che la banca d’affari fallisse trascinando quasi tutto il mondo nella crisi. Perché continuano ad abbassare il rating degli stati che cercano di rimettere i loro conti a posto, esponendoli sempre più a rischio, fino a condurli quasi al fallimento, come nelle profezie che si autoavverano.
La critica maggiore e più eclatante riguarda però il rapporto incestuoso con i loro clienti: infatti le agenzie sono notoriamente pagate da chi giudicano, cioè dai venditori di titoli di debito e non dai compratori.
In effetti i problemi principali da affrontare sono tre: 1) le agenzie di rating sono società private orientate al profitto e pagate da chi dovrebbero controllare e valutare, in palese conflitto di interessi; 2) i loro criteri di valutazione non sono trasparenti e condivisi; 3) le loro valutazioni hanno valore ufficiale anche per le istituzioni pubbliche, come la Bce. Per affrontare questi tre problemi è indispensabile creare un’autorità pubblica indipendente europea.
Il primo problema di base è che le agenzie di rating sono bussole orientate da chi le paga. E’ come se gli editori pagassero anche le recensioni dei libri che pubblicano. Il conflitto di interessi è tanto più clamoroso considerando che le agenzie fanno capo a società finanziarie private. Capital World Investors, una delle più grandi società di gestione del risparmio negli Stati Uniti, ha una quota di poco superiore al 12% sia in Standard & Poor’s che in Moody’s. E Moody’s ha tra i primi soci di riferimento la Berkshire Hathaway, che a sua volta è in mano a Warren Buffet, il notissimo finanziere ottantenne tra i primissimi nella lista degli uomini più ricchi del mondo.
Le agenzie di rating valutano l’affidabilità delle aziende, degli enti, degli stati e giudicano se sono in grado di ripagare o meno i loro debiti. Se un’azienda o uno stato vengono classificati come buoni debitori, allora gli investitori corrono a finanziarli prestando loro denaro a bassi tassi di interesse. Se invece le aziende o gli stati vengono giudicati come poco affidabili e rischiosi, gli investitori si tengono alla lontana o prestano denaro a tassi di interesse elevati (come accade attualmente all’Italia e agli altri paesi del sud Europa). Il ruolo delle agenzie è fondamentale nel mercato finanziario che si basa sulle informazioni e sulle scommesse sul futuro.
Tuttavia le tre agenzie di rating sono criticate per molti motivi: perché costituiscono un monopolio mondiale, dal momento che insieme controllano circa il 95% del mercato. Perché sono in prevalenza americane e sono considerate la longa manus della speculazione anglosassone; perché guadagnano profitti enormi e generalmente hanno un margine superiore al 50%. Perché hanno clamorosamente sbagliato assegnando valori massimi di affidabilità a titoli spazzatura o addirittura tossici – come nel caso dei derivati dei subprime -. Perché hanno dato il voto massimo (tripla A) a Lehman Brothers pochi giorni prima che la banca d’affari fallisse trascinando quasi tutto il mondo nella crisi. Perché continuano ad abbassare il rating degli stati che cercano di rimettere i loro conti a posto, esponendoli sempre più a rischio, fino a condurli quasi al fallimento, come nelle profezie che si autoavverano.
La critica maggiore e più eclatante riguarda però il rapporto incestuoso con i loro clienti: infatti le agenzie sono notoriamente pagate da chi giudicano, cioè dai venditori di titoli di debito e non dai compratori.
In effetti i problemi principali da affrontare sono tre: 1) le agenzie di rating sono società private orientate al profitto e pagate da chi dovrebbero controllare e valutare, in palese conflitto di interessi; 2) i loro criteri di valutazione non sono trasparenti e condivisi; 3) le loro valutazioni hanno valore ufficiale anche per le istituzioni pubbliche, come la Bce. Per affrontare questi tre problemi è indispensabile creare un’autorità pubblica indipendente europea.
Il primo problema di base è che le agenzie di rating sono bussole orientate da chi le paga. E’ come se gli editori pagassero anche le recensioni dei libri che pubblicano. Il conflitto di interessi è tanto più clamoroso considerando che le agenzie fanno capo a società finanziarie private. Capital World Investors, una delle più grandi società di gestione del risparmio negli Stati Uniti, ha una quota di poco superiore al 12% sia in Standard & Poor’s che in Moody’s. E Moody’s ha tra i primi soci di riferimento la Berkshire Hathaway, che a sua volta è in mano a Warren Buffet, il notissimo finanziere ottantenne tra i primissimi nella lista degli uomini più ricchi del mondo.