Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

giovedì 19 luglio 2012

Le tre sorelle del mercato finanziario

Fonte: il manifesto | Autore: Enrico Grazzini
        La riforma del rating, con un’autorità di controllo europea che tagli il filo del conflitto di interessi tra le agenzie e i loro clienti Una bussola pubblica per fermare la speculazione e orientare gli investimenti. Anche così si può invertire la rotta d’Europa
Le tre agenzie private di rating Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch rappresentano le bussole della finanza: orientano flussi di migliaia di miliardi da parte degli investitori e possono così fare vivere o morire aziende e nazioni. Finora però hanno sbagliato spesso (vedi per esempio i casi clamorosi di Enron e Lehman Brothers considerati molto affidabili poco prima di fallire) e di fatto alimentano la speculazione contro gli stati europei più in difficoltà con il rischio crescente di farli fallire. Per avere una bussola più affidabile suggeriamo che in Europa lo European Securities and Markets Authority, ESMA, l’organismo europeo che vigila sul sistema finanziario, crei un’autorità pubblica indipendente per sovraintendere e certificare autonomamente le attività di rating sui titoli di debito.
Le agenzie di rating valutano l’affidabilità delle aziende, degli enti, degli stati e giudicano se sono in grado di ripagare o meno i loro debiti. Se un’azienda o uno stato vengono classificati come buoni debitori, allora gli investitori corrono a finanziarli prestando loro denaro a bassi tassi di interesse. Se invece le aziende o gli stati vengono giudicati come poco affidabili e rischiosi, gli investitori si tengono alla lontana o prestano denaro a tassi di interesse elevati (come accade attualmente all’Italia e agli altri paesi del sud Europa). Il ruolo delle agenzie è fondamentale nel mercato finanziario che si basa sulle informazioni e sulle scommesse sul futuro.
Tuttavia le tre agenzie di rating sono criticate per molti motivi: perché costituiscono un monopolio mondiale, dal momento che insieme controllano circa il 95% del mercato. Perché sono in prevalenza americane e sono considerate la longa manus della speculazione anglosassone; perché guadagnano profitti enormi e generalmente hanno un margine superiore al 50%. Perché hanno clamorosamente sbagliato assegnando valori massimi di affidabilità a titoli spazzatura o addirittura tossici – come nel caso dei derivati dei subprime -. Perché hanno dato il voto massimo (tripla A) a Lehman Brothers pochi giorni prima che la banca d’affari fallisse trascinando quasi tutto il mondo nella crisi. Perché continuano ad abbassare il rating degli stati che cercano di rimettere i loro conti a posto, esponendoli sempre più a rischio, fino a condurli quasi al fallimento, come nelle profezie che si autoavverano.
La critica maggiore e più eclatante riguarda però il rapporto incestuoso con i loro clienti: infatti le agenzie sono notoriamente pagate da chi giudicano, cioè dai venditori di titoli di debito e non dai compratori.
In effetti i problemi principali da affrontare sono tre: 1) le agenzie di rating sono società private orientate al profitto e pagate da chi dovrebbero controllare e valutare, in palese conflitto di interessi; 2) i loro criteri di valutazione non sono trasparenti e condivisi; 3) le loro valutazioni hanno valore ufficiale anche per le istituzioni pubbliche, come la Bce. Per affrontare questi tre problemi è indispensabile creare un’autorità pubblica indipendente europea.
Il primo problema di base è che le agenzie di rating sono bussole orientate da chi le paga. E’ come se gli editori pagassero anche le recensioni dei libri che pubblicano. Il conflitto di interessi è tanto più clamoroso considerando che le agenzie fanno capo a società finanziarie private. Capital World Investors, una delle più grandi società di gestione del risparmio negli Stati Uniti, ha una quota di poco superiore al 12% sia in Standard & Poor’s che in Moody’s. E Moody’s ha tra i primi soci di riferimento la Berkshire Hathaway, che a sua volta è in mano a Warren Buffet, il notissimo finanziere ottantenne tra i primissimi nella lista degli uomini più ricchi del mondo.

Il secondo macroscopico problema è che i criteri di valutazione delle agenzie non sono molto trasparenti, non sono condivisi e sono largamente arbitrari: per esempio i titoli subprime – cioè i mutui a rischio delle famiglie americane – hanno avuto valutazioni da tripla A, cioè altamente positive – mentre hanno poi scatenato la crisi globale in cui ci troviamo. I criteri di rating dovrebbero invece essere discussi e concordati in maniera trasparente, in modo da essere il più oggettivi e neutrali possibile, anche se ovviamente tutte le valutazioni su una materia così complessa come quella dell’affidabilità finanziaria sono intrinsecamente incerte.
Il problema più drammatico consiste nel fatto che le agenzie di rating svolgono un’attività a cui le maggiori autorità di controllo sul mercato finanziario attribuiscono un valore semi-legale: infatti determinate tipologie di investitori devono per legge o per statuto obbedire ai rating delle agenzie e pilotare in questo modo i loro investimenti. Per esempio, un fondo pensione non può investire se non in titoli che abbiano affidabilità e rating elevati, per non mettere a rischio i fondi degli associati. Se allora un’agenzia condanna la Grecia, l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna e l’Italia, automaticamente il fondo pensioni deve disinvestire i titoli che ha in portafoglio di quei paesi. La stessa Banca Centrale Europea accetta titoli di stato come collaterale ai prestiti alle banche europee sulla base dei giudizi delle società di rating. Così, a causa del fatto che le autorità regolamentari della finanza globale hanno delegato alle agenzie di rating il potere di guidare gli investimenti, le profezie si autoavverano. E gli speculatori possono facilmente scommettere sul fallimento di uno stato contando sul giudizio delle controverse agenzie. Quindi ha ragione chi – come recentemente Vincenzo Comito su Sbilanciamoci.info e Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera – suggerisce di togliere ai rating delle società private il valore ufficiale che purtroppo le stesse autorità di regolamentazione hanno concesso loro.
Come riformare radicalmente questa situazione per cui il mercato finanziario globale, che si nutre in ultima analisi dei risparmi dei cittadini, è orientato da bussole inaffidabili? Come contrastare la speculazione?
Occorrerebbe innanzitutto creare un’autorità pubblica europea indipendente dai governi e dai privati per garantire la qualità e l’indipendenza dell’informazione finanziaria. Ma l’autorità pubblica europea non dovrebbe però sostituirsi al lavoro operativo condotto dalle società private di rating.
L’autorità indipendente dovrebbe innanzitutto funzionare da broker tra i clienti (aziende, enti e stati) e i fornitori del servizio di rating (le agenzie private). L’autorità dovrebbe avere il potere di incassare i fondi che le aziende o gli enti pubblici intendono spendere per farsi valutare i loro titoli di debito; con i propri fondi potrebbe allora pagare di tasca propria le agenzie di rating. Il criterio di nomina dovrebbe essere completamente neutrale: l’autorità potrebbe estrarre a sorte le società di rating da assegnare ai vari clienti e nominarle a rotazione per periodi di tempo limitati (3/5 anni). In questo modo si romperebbe completamente la relazione incestuosa tra controllore e controllato.
L’autorità pubblica dovrebbe inoltre stabilire ex ante criteri trasparenti e condivisi di valutazione, e controllare ex post il lavoro svolto dalle società di rating verificando la congruenza dei risultati rispetto ai criteri stabiliti. Dopo queste verifiche, l’autorità europea certificherebbe ufficialmente, con autonoma valutazione, i rating assegnati dalle società private. Il giudizio certificato dall’autorità europea avrebbe valore normativo per gli investitori, mentre ogni altra possibile valutazione non certificata perderebbe ogni valore pubblico. Gli operatori di mercato e la Bce avrebbero finalmente una bussola ufficiale, quella dell’autorità pubblica indipendente, per pilotare i loro investimenti.
Questa proposta potrebbe essere largamente condivisibile da economisti e politici di (quasi) tutte le tendenze e ideologie, ma non è certamente facile da attuare. Costituisce un modo semplice ma efficace per tagliare le unghie alla speculazione e difendere i risparmi. Il problema però è che il potere delle società di rating è straripante. Tuttavia all’Europa conviene muoversi in questa direzione per difendere l’euro e i risparmi dei cittadini.

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