Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

sabato 24 aprile 2010

Pdl. Lo scontro al calor bianco.

Pdl, in direzione volano gli stracci
22 aprile 2010, 21:25
Dopo lo scontro al calor bianco alla Direzione nazionale del partito tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini, il Pdl si interroga sul futuro del soggetto unitario del centrodestra. In tanti pronosticano una rottura definitiva, ma i pontieri continuano a lavorare per ricucire lo strappo. Certo, dopo la rissa verbale di oggi, gli ex di Fi e di An si chiedono quanto potrà durare il rapporto tra i due. Molti azzurri vedono difficile un destino da separati in casa, perché i toni sono andati al di là di una forte dialettica interna. Il quadro politico resta confuso e aperto a tutte le opzioni, anche dopo l'approvazione del documento finale alla Direzione. A cominciare dall'extrema ratio del voto ancipato
E venne il giorno dello scontro frontale. Dopo settimane di dibattito interno dai toni molto accesi, la direzione nazionale del Pdl che si è svolta oggi all'Auditorium della Conciliazione a Roma, si è trasformata in un vero e proprio ring dove si sono scontate due concezioni della politica e della destra. Per la verità, visti i risultati della votazione sul documento finale, che ricalca le posizioni espresse a più riprese in questi giorni dal premier (93% favorevoli, 6,3% contrari e un astenuto, l'ex ministro dell'interno Giuseppe Pisanu), le pretese del presidente della Camera vengono, per ora, drasticamente ridimensionate. Tuttavia a Fini deve essere riconosciuto il grande merito di essere stato il primo ad affrontare con coraggio la situazione e posto all'attenzione pubblica il problema della democrazia interna del Pdl.
Il disegno finiano resta, nei fatti, però ancora nebuloso. Fini sembra volersi ritagliare il ruolo di coscienza critica ma non spiega come penserebbe di migliorare quel partito che non gli piace più e nel quale non è chiaro a chi sia assegnato il ruolo del Salvatore. Il presidente della Camera indica nei temi dell'immigrazione, del rispetto della persona umana, della giustizia (con il processo breve assimilato a un'amnistia mascherata), dell'appiattimento del Pdl nordista sulla Lega, le grandi questioni che lo dividono dal premier e da Bossi. Disegnando un'altra destra, a tratti lontana anni luce dal berlusconismo. Ma non scioglie i nodi del perché abbia pensato in primo momento di dare vita a gruppi parlamentari autonomi e perché abbia poi desistito. Resta inoltre sospeso l'interrogativo se l'errore di valutazione commesso da Fini entrando nel Pdl sia recuperabile o no, sebbene la decisione di costituire una propria area interna suggerisca una risposta positiva.
Bisognerà vedere quali iniziative metterà in campo il premier per sanare una ferita che, senza cure adeguate, è destinata ad incancrenirsi. Berlusconi ha fatto alcune concessioni a Fini: un congresso entro l'anno, riunioni più frequenti degli organi direttivi, soprattutto l'ammissione che le riforme dovranno essere il più possibile condivise proprio come hanno sempre chiesto Napolitano e Fini. Ma su un punto non è indietreggiato di un millimetro: la sua totale identificazione con la guida del "popolo" del centrodestra e il documento finale votato in forma "bulgara" dalla Direzione lo ha pienamente legittimato. Forse il premier non attribuiva a Fini delle vere doti di incassatore: resta dell'idea che sarebbe stato meglio un divorzio immediato e non intende farsi logorare lentamente. Teme che oggi sia stato compiuto un passo in tal senso, ma è pronto a far valere da subito il principio dell'allineamento (dettato dal documento finale della Direzione) per costringere il suo avversario ad accettare in toto la sua strategia di governo.Ne deriva che l'obiettivo finiano di riequilibrare o almeno di incrinare il monolitismo carismatico del Pdl è, in tal senso, fallito: nel Popolo della libertà non sono possibili diarchie né triumvirati, persino la Lega - ha precisato Berlusconi - non ha mai potuto imporre al Pdl di accettare linee politiche non pienamente condivise. La quasi unanimità registrata nella votazione finale a favore del Cavaliere, fa sì che Fini dovrà anche fare i conti, da oggi in poi, con un palpabile isolamento: le accuse di Tremonti di aver sconfinato nella metafisica, l'amarezza con la quale Bondi ha negato che nel 'popolo' ci siano dei 'servi', sono i segnali del diffuso malumore che serpeggia nel partito verso il co-fondatore che oggi si pente della sua creatura. E il malumore è destinato a travolgere i finiani: non a caso si vocifera di una raccolta firme per sfiduciare il vicepresidente del gruppo alla Camera Bocchino e c'è chi pensa ad una sfiducia politica anche per Fini stesso. Ma non solo: a breve ci saranno da rinnovare le presidenze di tutte le commissioni e le poltrone dei finiani sono tutt'altro che al sicuro.
Si tratta di capire quanto a lungo questo malumore potrà essere sopportato dal Pdl senza esplodere in nuovi scontri e, soprattutto, quale sarà la decisione di Bossi: se fare un estremo tentativo di ricomposizione per consentire alla legislatura il suo naturale sviluppo, o se invece assecondare una definitiva resa dei conti.
"Chi ha il 6% del partito non può rappresentarci alla presidenza della Camera dei deputati". Lo scontro senza precedenti tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini si chiude con un'altra richiesta di dimissioni. E non solo: "Se non si allinea è fuori dal partito". Tra il premier e la terza carica dello Stato è ormai conflitto a tutto campo: il Cavaliere è sicuro di avere i numeri per governare altrimenti - ha ripetuto - "si va a votare". L'ex leader di An, però, non ci pensa affatto a fare un passo indietro e ha invitato i suoi a restare calmi. "Io non sono un suo dipendente, non può fare il padrone con me", ha spiegato, "sono disposto a pagare il prezzo della mia libertà ma dovrà essere lui a cacciarmi. Il gioco del cerino? Sarà lui a bruciarsi", ha osservato ancora parlando con gli esponenti a lui vicini riuniti durante una pausa dei lavori della direzione.
E' guerra di posizionamento con il Capo del governo che ha messo a punto nel documento gli strumenti per mettere alla porta chi vota in modo difforme dalla maggioranza del partito o intenda costituire "correnti" o "componenti". La parte finale del testo è stata inserita dopo l'intervento del presidente della Camera che su tutta la linea ha espresso il proprio dissenso. "Non gli faccio questo favore, ora le scintille ci saranno in Parlamento", ha osservato Fini. Incrociando Sandro Bondi ha dato appuntamento a tutti in Aula. "E allora dovrai spiegare il tuo atteggiamento di fronte agli elettori", la risposta del ministro dei Beni culturali.
Al momento il presidente del Consiglio non si sente 'ostaggio' del cofondatore del Pdl, è convinto di avere la possibilità di andare avanti: "Glieli sfileremo ad uno ad uno...", ha minacciato con i suoi collaboratori. Lo scontro andato in scena all'Auditorium della Conciliazione ha toccato l'apice quando il presidente della Camera si è alzato in piedi: "Che fai, mi cacci?", ha chiesto senza mezzi termini. E Berlusconi: "Ci devo pensare". Lo ha fatto e ha redatto il documento che pone "i finiani fuori dal partito". La convinzione del presidente del Consiglio è che Fini alla fine desista e si faccia il proprio gruppo. Ma la terza carica dello Stato resta fermo sulle sue posizioni. Ad irritare fortemente Fini è stata proprio la richiesta di Berlusconi di farsi da parte: "Non è più credibile, ragiona con la pancia, quando si accorgerà di quello che ha fatto capira' di aver commesso un errore". Dopo averlo provocato ora il premier mira a farlo fuori dal Pdl: "Vuole logorarmi, se ne deve andare", l'imperativo categorico del Cavaliere.

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