Pdl, Bossi e il governo tremano
Andrea Scarchilli, 23 aprile 2010, 15:26
Fonte AprileOnLine
Cominciano da subito nella maggioranza gli effetti collaterali dello scontro tra Fini e Berlusconi. Il leader della Lega nord dalle colonne della "Padania" parla di "crollo verticale del governo" e definisce il presidente della Camera "invidioso", "rancoroso", "vecchio gattopardo democristiano". Poi: "Dobbiamo iniziare un nuovo cammino, saremo soli". Le preoccupazioni del Carroccio sono tutte rivolte al destino del federalismo. E nel Pdl l'interrogativo è sulla forza numerica di Fini: ha le truppe parlamentari per insidiare realmente il governo e aprire, eventualmente, una crisi?
Gli strascichi ci sono, e che strascichi. Il leader della Lega nord Umberto Bossi si spinge a teorizzare la fine dell'alleanza tra Popolo della libertà e Carroccio, mentre il ruolo del presidente della Camera Gianfranco Fini, prevedibilmente, è messo in discussione dai luogotenenti berlusconiani. Lo scontro a muso duro tra il premier e Fini si inizia a propagare come un'onda sismica. Dalle conseguenze imprevedibili.
Bossi non ha perso tempo, e dalle colonne della "Padania" ha subito alzato la voce contro il presidente della Camera reo di aver messo in discussione il federalismo e aver fatto del rapporto privilegiato tra Lega e Berlusconi uno dei principali motivi di frizione con il presidente del Consiglio. Bossi è andato all'attacco: "Siamo davanti ad un crollo verticale del governo e probabilmente della fine di un'alleanza, quella tra il Pdl e Lega". Poi l'accusa al leader della ex Alleanza nazionale: "Fini, invidioso e rancoroso per le nostre ripetute vittorie, ha rinnegato il patto iniziale e non ha fatto altro che cercare di erodere in continuazione ciò che avevamo costruito, attaccandoci. Ha lavorato per la sinistra, comportandosi come un vecchio gattopardo democristiano: fingi di costruire, per demolire e non muovere nulla. In questo modo ha aiutato la sinistra, è pazzesco. Anzi, penso che sarà proprio la sinistra a vincere le prossime elezioni, grazie a lui".
Ma Bossi è andato oltre: "Fini è palesemente contro il popolo del Nord, a favore di quello meridionale", è "contro il nord e il federalismo. Per il centralismo dello Stato e il meridionalismo". Secondo il leader della Lega "Berlusconi avrebbe dovuto sbatterlo fuori subito, senza tentennamenti, invece di portarlo in Tv, dandogli voce e rilievo, quella era la strada da seguire".
Ma il passaggio politicamente più pesante è forse quello in cui Bossi sostiene che è "finita la stagione del federalismo, un concetto abbandonato, dobbiamo iniziare un nuovo cammino, una nuova stagione", e aggiunge: "Saremo soli, senza Berlusconi. La nostra gente non digerirà facilmente la mancata conquista del Federalismo. Noi, Lega, dovremmo comportarci di conseguenza. Berlusconi, quindi, diventerà il vero e unico baluardo anticomunista del Paese e prevedo che raccoglierà molti consensi". In giornata il leader della Lega ha un po' smussato la portata delle sue dichiarazioni, dichiarando all'Ansa: "Il meccanismo del federalismo resta in piedi. Ma deve essere fatto subito. Non posso andare di fronte alla mia gente a dire che non stiamo realizzando quel cammino che avevamo intrapreso. E quello che sta accadendo frena le riforme. La gente del nord è stufa e lo ha fatto capire chiaramente. Tutto qui". Uno dei luogotenenti di Bossi, il viceministro delle Infrastrutture Roberto Castelli, ha spiegato: "Noi della Lega siamo estremamente preoccupati. E' venuto fuori uno scontro che sembra insanabile. Questo pone gravissime preoccupazioni, noi siamo preoccupati per il cammino del federalismo".
I leghisti sono consapevoli del fatto che, con la nascita della corrente organizzata guidata da Fini, uno dei fronti che il presidente della Camera intende aprire in Parlamento è quello dei rapporti tra Popolo della libertà e Lega nord. E da qui a ostacolare l'attuazione del federalismo fiscale e l'approvazione dei decreti il passo è brevissimo. Inutile aggiungere che la conseguenza immediata sarebbe la crisi di governo, visto che - con l'affossamento del federalismo - verrebbe meno il patto di maggioranza tra Pdl e Carroccio. Bossi cerca di prepararsi allo scenario per lui più negativo "prevedendolo", anticipando alla base i colpevoli di un possibile fallimento.
Si spingerà a tanto Fini e, soprattutto, ha i numeri per osarlo? L'interrogativo che ossessiona la maggioranza del Popolo della libertà è proprio quest'ultimo. Il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri dice che "adesso bisognerà verificare nel Parlamento e nella quotidianità la posizione di coloro che ieri si sono schierati con il presidente Fini". E finiani come Italo Bocchino e Benedetto Della Vedova invitano a diffidare dei numeri spiattellati ieri al termine della direzione del partito. E' vero, ha detto Bocchino, che solo in 11 (poi corretti a 13) su 171 hanno votato contro il documento di sostegno a Berlusconi, ma Bocchino fa notare che il "furbo manovriere di assemblee" Verdini ha conteggiato solo i "no", omettendo di rendere pubblico il conto dei voti a favore, che sarebbero stati una sessantina. Facile stimare, quindi, che quel sei per cento a cui si ridurrebbe la forza di Fini all'interno del partito sia una proiezione artata, anomala. E' molto più vicina al vero, probabilmente, la cifra parlamentare che sta dietro al documento di sostegno a Fini prima della direzione di ieri: più di cinquanta tra deputati e senatori. Seguiranno tutti il presidente della Camera, anche se si spingerà fino all'estrema conseguenza della crisi parlamentare? Questo, come dice anche Gasparri, dovrà appunto essere verificato.
E' questa, allo stato attuale, lo stato del maggior partito del paese, il Popolo della libertà. Con il coordinatore Denis Verdini che mette in discussione il ruolo di presidente della Camera di Fini - è l'annunciata ritorsione dei berlusconiani, facile aspettarsi una delegittimazione continua da qui in avanti - e Bocchino che dubita che "Berlusconi riuscirà a gestire e rispettare una minoranza all'interno del partito". Insidioso, per Berlusconi, il cuneo che tenta di inserire il vicecapogruppo alla Camera dell'Udc Michele Vietti: "C'è una convergenza oggettiva tra molti temi che solleva Fini e le questioni che poniamo noi". Vietti ha detto di non escludere future "convergenze".
Andrea Scarchilli, 23 aprile 2010, 15:26
Fonte AprileOnLine
Cominciano da subito nella maggioranza gli effetti collaterali dello scontro tra Fini e Berlusconi. Il leader della Lega nord dalle colonne della "Padania" parla di "crollo verticale del governo" e definisce il presidente della Camera "invidioso", "rancoroso", "vecchio gattopardo democristiano". Poi: "Dobbiamo iniziare un nuovo cammino, saremo soli". Le preoccupazioni del Carroccio sono tutte rivolte al destino del federalismo. E nel Pdl l'interrogativo è sulla forza numerica di Fini: ha le truppe parlamentari per insidiare realmente il governo e aprire, eventualmente, una crisi?
Gli strascichi ci sono, e che strascichi. Il leader della Lega nord Umberto Bossi si spinge a teorizzare la fine dell'alleanza tra Popolo della libertà e Carroccio, mentre il ruolo del presidente della Camera Gianfranco Fini, prevedibilmente, è messo in discussione dai luogotenenti berlusconiani. Lo scontro a muso duro tra il premier e Fini si inizia a propagare come un'onda sismica. Dalle conseguenze imprevedibili.
Bossi non ha perso tempo, e dalle colonne della "Padania" ha subito alzato la voce contro il presidente della Camera reo di aver messo in discussione il federalismo e aver fatto del rapporto privilegiato tra Lega e Berlusconi uno dei principali motivi di frizione con il presidente del Consiglio. Bossi è andato all'attacco: "Siamo davanti ad un crollo verticale del governo e probabilmente della fine di un'alleanza, quella tra il Pdl e Lega". Poi l'accusa al leader della ex Alleanza nazionale: "Fini, invidioso e rancoroso per le nostre ripetute vittorie, ha rinnegato il patto iniziale e non ha fatto altro che cercare di erodere in continuazione ciò che avevamo costruito, attaccandoci. Ha lavorato per la sinistra, comportandosi come un vecchio gattopardo democristiano: fingi di costruire, per demolire e non muovere nulla. In questo modo ha aiutato la sinistra, è pazzesco. Anzi, penso che sarà proprio la sinistra a vincere le prossime elezioni, grazie a lui".
Ma Bossi è andato oltre: "Fini è palesemente contro il popolo del Nord, a favore di quello meridionale", è "contro il nord e il federalismo. Per il centralismo dello Stato e il meridionalismo". Secondo il leader della Lega "Berlusconi avrebbe dovuto sbatterlo fuori subito, senza tentennamenti, invece di portarlo in Tv, dandogli voce e rilievo, quella era la strada da seguire".
Ma il passaggio politicamente più pesante è forse quello in cui Bossi sostiene che è "finita la stagione del federalismo, un concetto abbandonato, dobbiamo iniziare un nuovo cammino, una nuova stagione", e aggiunge: "Saremo soli, senza Berlusconi. La nostra gente non digerirà facilmente la mancata conquista del Federalismo. Noi, Lega, dovremmo comportarci di conseguenza. Berlusconi, quindi, diventerà il vero e unico baluardo anticomunista del Paese e prevedo che raccoglierà molti consensi". In giornata il leader della Lega ha un po' smussato la portata delle sue dichiarazioni, dichiarando all'Ansa: "Il meccanismo del federalismo resta in piedi. Ma deve essere fatto subito. Non posso andare di fronte alla mia gente a dire che non stiamo realizzando quel cammino che avevamo intrapreso. E quello che sta accadendo frena le riforme. La gente del nord è stufa e lo ha fatto capire chiaramente. Tutto qui". Uno dei luogotenenti di Bossi, il viceministro delle Infrastrutture Roberto Castelli, ha spiegato: "Noi della Lega siamo estremamente preoccupati. E' venuto fuori uno scontro che sembra insanabile. Questo pone gravissime preoccupazioni, noi siamo preoccupati per il cammino del federalismo".
I leghisti sono consapevoli del fatto che, con la nascita della corrente organizzata guidata da Fini, uno dei fronti che il presidente della Camera intende aprire in Parlamento è quello dei rapporti tra Popolo della libertà e Lega nord. E da qui a ostacolare l'attuazione del federalismo fiscale e l'approvazione dei decreti il passo è brevissimo. Inutile aggiungere che la conseguenza immediata sarebbe la crisi di governo, visto che - con l'affossamento del federalismo - verrebbe meno il patto di maggioranza tra Pdl e Carroccio. Bossi cerca di prepararsi allo scenario per lui più negativo "prevedendolo", anticipando alla base i colpevoli di un possibile fallimento.
Si spingerà a tanto Fini e, soprattutto, ha i numeri per osarlo? L'interrogativo che ossessiona la maggioranza del Popolo della libertà è proprio quest'ultimo. Il capogruppo al Senato Maurizio Gasparri dice che "adesso bisognerà verificare nel Parlamento e nella quotidianità la posizione di coloro che ieri si sono schierati con il presidente Fini". E finiani come Italo Bocchino e Benedetto Della Vedova invitano a diffidare dei numeri spiattellati ieri al termine della direzione del partito. E' vero, ha detto Bocchino, che solo in 11 (poi corretti a 13) su 171 hanno votato contro il documento di sostegno a Berlusconi, ma Bocchino fa notare che il "furbo manovriere di assemblee" Verdini ha conteggiato solo i "no", omettendo di rendere pubblico il conto dei voti a favore, che sarebbero stati una sessantina. Facile stimare, quindi, che quel sei per cento a cui si ridurrebbe la forza di Fini all'interno del partito sia una proiezione artata, anomala. E' molto più vicina al vero, probabilmente, la cifra parlamentare che sta dietro al documento di sostegno a Fini prima della direzione di ieri: più di cinquanta tra deputati e senatori. Seguiranno tutti il presidente della Camera, anche se si spingerà fino all'estrema conseguenza della crisi parlamentare? Questo, come dice anche Gasparri, dovrà appunto essere verificato.
E' questa, allo stato attuale, lo stato del maggior partito del paese, il Popolo della libertà. Con il coordinatore Denis Verdini che mette in discussione il ruolo di presidente della Camera di Fini - è l'annunciata ritorsione dei berlusconiani, facile aspettarsi una delegittimazione continua da qui in avanti - e Bocchino che dubita che "Berlusconi riuscirà a gestire e rispettare una minoranza all'interno del partito". Insidioso, per Berlusconi, il cuneo che tenta di inserire il vicecapogruppo alla Camera dell'Udc Michele Vietti: "C'è una convergenza oggettiva tra molti temi che solleva Fini e le questioni che poniamo noi". Vietti ha detto di non escludere future "convergenze".
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