Fiat: Respingere il ricatto sui diritti del lavoro, punire chi delocalizza.
23/07/2010
Fonte
Come ricorda oggi Luciano Gallino sulle pagine di Repubblica, la compressione del costo del lavoro, obiettivo evidente dell’annunciato spostamento in Serbia delle produzioni previste per Mirafiori, può comportare al massimo un risparmio del 3 o 4% del costo complessivo di fabbricazione e se si vogliono affrontare tutti i problemi e i conflitti che la scelta della delocalizzazione comporta, questo significa che le previsioni di espansioni produttive e vendite sono assai meno rosee di quanto dichiarato.
La verità è che dentro una crisi che riduce gli spazi di mercato, i prodotti della Fiat sono vecchi e poco competitivi, che non è stata fatta innovazione di prodotto e che oggi la Fiat è una multinazionale, il cui baricentro è altrove come altrove e cioè negli stati Uniti sono le prospettive vere di ricerca e innovazione.
In questo che è il vero quadro della situazione, coperto dalla grande operazione propagandistica di Fabbrica Italia, la Fiat ha giocato e sta giocando in Italia una doppia partita. Sul terreno economico continua a rastrellare tutti i contributi pubblici che può, lasciandosi le mani completamente libere sulle strategie produttive, grazie ad un governo prono ai suoi diktat. Contemporaneamente gioca una partita innanzitutto politica: riscrivere sul campo le relazioni industriali, annullando ogni diritto del lavoro.
La sola risposta possibile è quella di respingere il ricatto sui diritti del lavoro e contemporaneamente conquistare un cambiamento complessivo delle politiche economiche: punire chi delocalizza, pretendendo la restituzione dei contributi pubblici ricevuti, ricostruire politiche industriali pubbliche per non essere alla mercè delle grandi multinazionali.
Roberta Fantozzi, Segreteria nazionale Prc-Se
23/07/2010
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Come ricorda oggi Luciano Gallino sulle pagine di Repubblica, la compressione del costo del lavoro, obiettivo evidente dell’annunciato spostamento in Serbia delle produzioni previste per Mirafiori, può comportare al massimo un risparmio del 3 o 4% del costo complessivo di fabbricazione e se si vogliono affrontare tutti i problemi e i conflitti che la scelta della delocalizzazione comporta, questo significa che le previsioni di espansioni produttive e vendite sono assai meno rosee di quanto dichiarato.
La verità è che dentro una crisi che riduce gli spazi di mercato, i prodotti della Fiat sono vecchi e poco competitivi, che non è stata fatta innovazione di prodotto e che oggi la Fiat è una multinazionale, il cui baricentro è altrove come altrove e cioè negli stati Uniti sono le prospettive vere di ricerca e innovazione.
In questo che è il vero quadro della situazione, coperto dalla grande operazione propagandistica di Fabbrica Italia, la Fiat ha giocato e sta giocando in Italia una doppia partita. Sul terreno economico continua a rastrellare tutti i contributi pubblici che può, lasciandosi le mani completamente libere sulle strategie produttive, grazie ad un governo prono ai suoi diktat. Contemporaneamente gioca una partita innanzitutto politica: riscrivere sul campo le relazioni industriali, annullando ogni diritto del lavoro.
La sola risposta possibile è quella di respingere il ricatto sui diritti del lavoro e contemporaneamente conquistare un cambiamento complessivo delle politiche economiche: punire chi delocalizza, pretendendo la restituzione dei contributi pubblici ricevuti, ricostruire politiche industriali pubbliche per non essere alla mercè delle grandi multinazionali.
Roberta Fantozzi, Segreteria nazionale Prc-Se
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