Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

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sabato 19 febbraio 2011

Il Pci nella storia d’Italia.

Di Gaetano De Monte. Fonte: controlacrisi

«Agitatevi perché avremo bisogno di tutto il vostro entusiasmo. Organizzatevi perché avremo bisogno di tutta la vostra forza. Studiate perché avremo bisogno di tutta la vostra intelligenza», si legge varcando la soglia della Casa dell’architettura di Roma, al quartiere Esquilino, il più multietnico della capitale, che dal 19 gennaio fino al 6 febbraio ha ospitato la mostra “Avanti Popolo” che racconta settant’anni di storia del Pci.
Queste parole sono di Antonio Gramsci, il cui contributo intellettuale è stato determinante per la storia di questo partito. Parole tratte dai Quaderni dal carcere”, l’opera più celebre del filosofo morto in carcere durante il fascismo, un opera che è oggi letta in tutto il mondo, e che è considerata ormai come un classico del pensiero politico del Novecento.
Sempre nei “ Quaderni” si può leggere che “la storia di un partito è storia di un paese dal punto di vista monografico”. Nell’ambito delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia questa mostra significa raccontare appunto settant’anni di storia d’Italia documentando la parte ed il ruolo che vi ebbe il Pci dalla sua fondazione a Livorno il 21 gennaio 1921, sotto la guida di Bordiga e Terracini fino alla fine certificata con la nascita del Partito democratico della sinistra, a Rimini, il 4 febbraio 1991.
Grazie alla documentazione archivistica e fotografica della Fondazione Istituto Gramsci, della Fondazione Cespe e del quotidiano L’Unità e servendosi dei più tecnologici mezzi di comunicazione, come schermi interattivi per delle proiezioni video, anche se non sono mancate le classiche, ma sempre fascinose, esposizioni di reperti archivistici di grande pregio; attraverso quindi i filmati, le foto, gli scritti, i simboli, si racconta di una vicenda complessa: i settanta anni della storia di un partito che è stato parte integrante della società italiana, in un complesso intreccio tra la sua dimensione nazionale ed internazionale.
Il Pci è stato un partito di massa di dimensioni eccezionali, attrezzato sia per le battaglie parlamentari che per le mobilitazioni collettive. Un partito che ebbe l’ambizione di cambiare alcuni caratteri di problematicità della nazione italiana: il dualismo Nord-Sud, l’arretratezza industriale, i rapporti fra intellettuali e popolo, tra governanti e governati.
Un partito che divenne parte essenziale non solo della storia politica, ma anche della storia sociale e culturale degli italiani. Un partito che fece della Costituzione il suo programma, e, delle lotte per la terra, i diritti sociali, l’emancipazione femminile e la difesa e dello sviluppo della democrazia i suoi vessilli.
Allo stesso tempo il Pci fu parte integrante del sistema sovietico, il suo rapporto con L’Urss fu un rapporto di ferro, soprattutto grazie al legame personale che Togliatti stabilì con Stalin fin dagli anni ’30; un legame organico mantenuto anche dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria nel 1956 e che si incrinò dal 1968 quando i carrarmati sovietici entrarono, 16 anni dopo Budapest, anche a Praga, negli anni in cui il Partito Comunista Italiano diveniva il partito comunista più grande d’Occidente.
Il Pci fu anche questo, dunque, fino alla fine interprete di quella “doppiezza” di togliattiana memoria. Era la logica della contrapposizione tra blocchi, l’ordine internazionale ai tempi della guerra fredda che lo richiedeva. Fu una storia di tante luci, ma anche di alcune ombre. Ed è un gioco di luci ed ombre che si percepisce una volta entrati nella sala, grazie agli effetti ottici che nella sala principale, sono davvero di grande impatto e ai colori che in verità sono un po’ tetri in un’alternanza di rosso e nero, ma di certo di notevole effetto e che sembrerebbero appunto voler rispecchiare, forse senza volerlo, oppure sì, la storia reale del partito, una storia appunto di luci ed ombre.
Il Pci aveva nel suo Dna, infatti, la Costituzione Repubblicana che aveva contribuito a scrivere, e viveva allo stesso tempo una profonda, irrisolvibile, contraddizione tra l’amore per la democrazia da un lato, e il legame sostanziale, simbolico, emotivo, con il comunismo sovietico che in qualche maniera, in parte, contraddiceva quella stessa democrazia.
Ciò che si racconta, si immagina, si vive, attraverso la mostra è quasi un secolo di vita attraversato di gran carriera tra scelte felici, occasioni mancate e gravi errori come è normale che sia per chi ha vissuto veramente. La sala è affollata di gente comune, per lo più di gente di mezza età, nostalgici, comunisti di ieri e di oggi, ex militanti, ex notabili del partito ed ex leader, ma anche semplici curiosi, ed anche tanti giovani, ansiosi di rivivere attraverso una mostra i fasti di un partito che ha segnato la storia del nostro paese. Qualcuno addirittura accenna alle lacrime rivedendo scene gloriose, date memorabili e i simbolici manifesti delle lotte del partito.
Non si può, se si ama la storia, non commuoversi nel guardare i filmati di piazza San Giovanni il giorno del funerale di Enrico Berlinguer, nel sentire Nilde Iotti o nel vedere Franco Citti, Antonello Venditti e Ninetto Davoli cantare insieme “Roma Capoccia” in un filmato di propaganda della candidatura a sindaco di uno dei sindaci più amati della Capitale, Luigi Petroselli, il cui nome è indissolubilmente legato ad una irripetibile, intensa e feconda stagione della storia politica e amministrativa di Roma.
Quei pochi anni da sindaco che significarono per la capitale risanamento delle borgate, istituzione di parchi archeologici, costruzione della metropolitana, servizi sociali per gli anziani, per i bambini, per i disabili. Forse dietro quella commozione è celata anche una forte tristezza tra un partito che ha un passato da celebrare, ma che non ha saputo guardare al futuro, e il rammarico, forse, di aver creduto in un’ideologia politica che vanta una storia, ma ha smarrito il suo popolo.

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