Appunti da un convegno sul comunismo (marzo 2009)
Note della relazione di Gianni Vattimo al convegno "On the Idea of Communism", Birbeck College, London (con Alain Badiou, Terry Eagleton, Peter Hallward, Michael Hardt, Jean-Luc Nancy, Jacques Rancière, Slavoj Zizek) - Fonte: giannivattimo
Note della relazione di Gianni Vattimo al convegno "On the Idea of Communism", Birbeck College, London (con Alain Badiou, Terry Eagleton, Peter Hallward, Michael Hardt, Jean-Luc Nancy, Jacques Rancière, Slavoj Zizek) - Fonte: giannivattimo
1. Il titolo sembra una banalità. Il comunismo è oggi più debole che mai come forza politica. L’espressione qui vuole avere un altro significato, che però non è del tutto estraneo alla debolezza politica attuale del comunismo. Suggerisce che il comunismo dovrebbe essere debole per ritrovare una presenza rilevante tra le forze politiche con cui ritrova a fare i conti nella società in generale prima ancora che sul terreno elettorale nei vari paesi.
2. La debolezza a cui intendo alludere è una debolezza teorica che dovrebbe correggere le pretese “metafisiche” che hanno caratterizzato il comunismo originario nella sua formulazione marxiana. Non è solo perché ha, finora, perso la sua battaglia storica contro il capitalismo che il comunismo deve diventare teoricamente “debole”. Non si intende dire, cioè, che se Lenin e Stalin fossero stati meno filosoficamente metafisici (leggi della storia, proletariato investito di una missione quasi divina, sviluppo economico garantito da una economia pianificata...) il comunismo reale risultato dalla Rivoluzione di Ottobre sarebbe ancora vivo e avrebbe potuto trionfare dei suoi nemici. Che le cose siano andate così è effetto di un gioco di forze (e di debolezze) che non si può ridurre a una spiegazione così semplice, e soprattutto che dipende solo in minima parte dalla teoria. Eppure pensare a un comunismo “debole” ha il senso di riprendere il messaggio di Marx, e anzitutto la definizione leniniana del comunismo come “elettrificazione più soviet” (se era così) in termini che vogliono cercare di corrispondere meglio alla situazione attuale (con tutta la vaghezza che questa espressione non può evitare).
3. Il comunismo sovietico è stato un comunismo “metafisico” perché è stato un comunismo di guerra (contro la controrivoluzione, contro Hitler, contro il capitalismo imperialistico) e ha dovuto adottare molti dei modelli del capitalismo stesso; primo fra tutti l’ideale dello sviluppo a tutti i costi che ha imposto anche molte delle restrizioni di libertà che si rimproverano a Stalin. Preciserò che qui quando parlo di metafisica intendo il temine soprattutto nel senso heideggeriano, di imposizione violenta di una pretesa evidenza oggettiva: verità, ideale umano, leggi “naturali” della società, dell’economia, ecc.
4. La crisi attuale del capitalismo è forse solo un secondo momento che completa la caduta del muro di Berlino del 1989. Si scredita il capitalismo reale come allora si è dissolto il comunismo reale. Si tratta di due aspetti della stessa dissoluzione della metafisica – cioè del mondo centrato sulla industrializzazione capitalistica e su quella, parallela e speculare, comunista. Vedere questi eventi come aspetti della dissoluzione della metafisica – una prospettiva che sembra forse troppo astratta – ha il senso di cercare di coglierli nella loro radicalità. Reagire alla caduta del Muro solo con la rivendicazione di libertà politica per l’Est europeo, nel 1989, o oggi alla crisi del capitale solo con misure di salvataggio di aziende e banche significa cercare inutilmente di “riparare” il sistema “metafisico” nei suoi due aspetti: l’umanismo tradizionale e il capitalismo tecnologico-industriale.
5 Il comunismo debole è ciò che merita di prendere il posto di questi due modelli violenti e autoritari. Elettrificazione più soviet – e la via per arrivarci deve includere una buona dose di anarchismo; di qui l’idea di debolezza… In termini di strategia e di tattica: inutile pensare alla rivoluzione come presa del potere istantanea e violenta – il sistema è infinitamente più forte. D’altra parte, l’ideale rivoluzionario va salvato dalla corruzione a cui è soggetto nei regimi “democratici”. La storia delle sinistre europee, l’italiana specialmente, negli ultimi anni mostra che quando la sinistra diventa forza di governo perde fatalmente la propria energia trasformativa. Deve scendere a compromessi, oltre che assicurarsi appoggio e denaro per le campagne elettorali, per offrire qualche risultato al proprio elettorato. Senza alcun dogmatismo rivoluzionario,occorre riflettere molto su queste esperienze. La democrazia formale, come il sindacato, espone sempre l’opposizione al rischio di divenire complice. Così oggi, le sinistre sono chiamata a salvare le banche, cioè il sistema capitalistico, per il bene dei lavoratori, ecc. Il problema del comunismo è oggi trovare un modo di azione politica che senza rinunciare ai pochi vantaggi della società liberale e democratica, sappia agire anche in modo sovversivo. Due braccia, per esempio: il parlamento e la piazza? Il mito della democrazia ci ha a lungo bloccati su questa via.
6 Occorre una pratica di indisciplina sociale che condivide con l’anarchismo il rifiuto di formulare a propria volta un sistema, una costituzione, un modello positivo “realistico” da costruire con metodi tradizionale della politica: per esempio vincendo le elezioni (chi ci crede più?) Il comunismo deve avere il coraggio di essere un “fantasma” – se vuole ricuperare una autentica realtà.
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