di Moreno Pasquinelli. Fonte: Vecchia talpa
Chi ci segue sa quanto grande sia la distanza che ci separa dalle forze sistemiche che a vario titolo si considerano antiberlusconiane. Le ragioni di questa distanza sono evidenti.
Queste forze, osservate dal punto di vista della qualità delle loro proposte politico-sociali generali, non sono affatto migliori del nemico che dichiarano di voler defenestrare. Ove riuscissero a salire al potere un’altra volta, Dio ce ne scampi!, non farebbero nulla di diverso da quanto hanno già fatto.
Da questa premessa, dal disprezzo verso l’accozzaglia antiberlusconiana, alcuni amici ne deducono che … tanto vale tenersi il pataccaro. Giusta la premessa, sbagliata la conclusione.
La ripulsa verso gli antiberlusconiani non giustifica affatto una posizione indifferentista o, peggio, d’indulgenza verso il governo di centro-destra e il suo stregone. La misura è colma da tempo. Occorre eliminare Silvio Berlusconi, prima è, meglio è.
Ma come? Prendiamo in esame le diverse possibilità contemplate dal senso comune, seguendo un ordine di efficacia decrescente. A seguire i giudizi di merito.
Prima soluzione: metodo D’Alema
Il governo, temendo di andare in minoranza e quindi di cadere, pone la fiducia su uno dei suoi innumerevoli decreti ad personam. Viene battuto per due voti poiché alcune decine di parlamentari passano con l’opposizione. Napolitano da l’incarico a Casini, che forma un nuovo governo. Accadrebbe in questo caso a Berlusconi quanto già gli accadde nel dicembre del 1994, e quanto capitò il 9 ottobre 1998 a Romano Prodi.
A causa di un complotto ordito da ambienti vicini al Cavaliere, forse “servizi deviati”, forse la CIA, pone un veleno letale nella mozzarella di bufala di cui Berlusconi va ghiotto, il quale crepa dopo pochi istanti. Così morì nel 54 d.C, per mano di sua moglie Agrippina Minore, madre di Nerone, l’imperatore Claudio, a sua volta golosissimo di funghi.
Terza soluzione: metodo Gavrilo Princip
In occasione di una delle numerose pagliacciate pubbliche del Cavaliere, un "pazzo", si fa per dire, gli pianta una pallottola in testa, spedendo nell’al di là il Presidente del consiglio. Proprio come accadde a Sarajevo, il 28 giugno del 1914, all’arciduca austriaco Francesco Ferdinando. Quarta soluzione: metodo basco
Durante uno dei suoi spostamenti tra un luogo e l’altro, l’auto del Cavaliere salta per aria per oltre trenta metri scavalcando un palazzo di sei piani ed atterrando nel cortile interno del palazzo stesso, a causa di un ordigno di 100 kg di esplosivo collocato sotto la strada. E’ quanto accadde, il 20 dicembre 1973, a Carrero Blanco, successore designato del dittatore spagnolo Francisco Franco.
Quinta soluzione: metodo sanculotto o tunisino
Il combinato disposto dell’esasperazione per la miseria sociale crescente, della collera per la politica antipopolare seguita dal governo, dell’indignazione generale verso il Cavaliere-pataccaro e lo schifo per la casta dei politicanti, causa un’improvvisa sollevazione generale. Una manifestazione spontanea si trasforma in un presidio di massa permanente davanti al Parlamento.
Il presidio si ingrossa a dismisura, fino a prendere d’assalto i tre palazzi del potere: Montecitorio, Chigi e Madama. I manifestanti chiedono alle opposizioni di abbandonare le aule parlamentari. Il Corriere della Sera afferma che nel paese regna l’anarchia, e si lamenta che le forze preposte al mantenimento della legge sono latitanti.
Di fronte al diniego delle opposizioni gli insorti danno vita ad un anti-Parlamento. Berlusconi e alcuni suoi fedelissimi scappano all’estero scampando al linciaggio. I partiti antiberlusconiani danno vita ad un governo d’emergenza, ma sono divisi sul da farsi: proclamare la Legge marziale? Lasciare che passi la tempesta? Indire nuove elezioni?
Gli insorti non vogliono saperne del Governo d’emergenza, a cui non riconoscono alcuna legittimità, e chiedono anzi un’Assemblea costituente, per voltare veramente pagina e fondare una nuova repubblica. Si apre una partita dall’esito incerto, ma tre risultati la sollevazione li ha ottenuti: la cacciata di Berlusconi, lo sbriciolamento della casta politica e delle vecchie istituzioni, l’insorgenza di un potere sociale costituente.
Va da sé che chi scrive preferisce di gran lunga al Quinta Soluzione. La Prima in quanto si è dimostrata del tutto inefficace nel risolvere il problema ed anche ove lo risolvesse, lascerebbe le cose praticamente come prima.
Le tre successive, chi può negarlo, sono accattivanti (di meno la Seconda, detta di Agrippina), ma hanno l’inconveniente per cui, come si dice, “morto un papa se ne fa un altro” ovvero, si taglia la testa al Drago, ma non viene per niente schiantato il suo corpo sociale, a cui presto spunterebbe una testa nuova, di sicuro ancor più pericolosa.
Neanche prendiamo in considerazione l’eventuale Sesta soluzione (Di Pietro o manettara), ovvero l’ennesimo affondo giudiziario, tutti risoltisi nel nulla. Qualcuno potrà arguire che ci vorrebbe un mandato di cattura.
Ma quale Procura sarebbe pronta, invece di cincischiare su puttane, concussioni, peculati e malversazioni a spiccarlo per Alto tradimento e Attentato alla Costituzione? Nessuna, e anche ove qualcuna fosse disposta a pensare l’impensabile... rimedierebbe questo Parlamento di corrotti respingendo la richiesta.
Non resta dunque che la Quinta. “Ma questa è la rivoluzione”, ci si obbietterà. Appunto, la rivoluzione. E le anime belle farebbero bene a non mettercisi di traverso, che più la frenano più essa sarà devastante.
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