Fonte: controlacrisi
Milano, 23 ago. (Adnkronos) - «Se salta l'Italia, salta l'euro. Se salta il debito pubblico italiano, saltano anche le banche francesi e tedesche». Parafrasando la celebre frase di John Connaly, ministro del Tesoro Usa nel 1971, quando l'Amministrazione Nixon ritirò il dollaro dalla convertibilità in oro («È la nostra moneta, ma è il vostro problema»), «quello italiano è il nostro debito, ma il problema dell'Europa». E gli Eurobond, che «potrebbero essere una soluzione», andrebbero introdotti senza indugi, «prima che sia troppo tardi». Così Vladimiro Giacchè, responsabile Affari Generali della Sator di Matteo Arpe, chiarisce, precisando di parlare a titolo personale, le pesanti implicazioni per l'Ue di un eventuale default dell'Italia. Normalista, studi universitari condotti tra Pisa e Bochum e poi incarichi di alto livello nel Mediocredito Centrale e nel gruppo Capitalia, Giacchè, è autore di numerosi volumi. «Io credo che - spiega all'Adnkronos - se non si riesce in Italia a mettere mano seriamente al problema del debito, cosa che dobbiamo assolutamente fare, questo non è un problema solo del nostro Paese. Su questo bisogna essere molto chiari e avremmo dovuto esserlo già a marzo, quando si è accettata una modifica al patto di stabilità inutilmente punitiva per i Paesi ad alto debito (anche se con un deficit basso)». Una modifica che, prosegue Giacchè, «secondo me, è stata una delle cause dell'attenzione dei mercati alla nostra situazione e quindi dell'allargarsi della crisi del debito al nostro Paese. Da quando la Bce ha finalmente cominciato a intervenire sul mercato la situazione si è un pò stabilizzata, ma ancora ieri lo spread dei Btp rispetto ai Bund era prossimo ai 300 punti base. In ogni caso, il tema è molto semplice: se saltasse l'Italia, salterebbero l'euro e le banche francesi e tedesche». «È evidente ormai da mesi - continua Giacchè - che il contagio partito dai paesi periferici si sta allargando. E non è un caso che al secondo tentativo di salvataggio della Grecia, nel giugno scorso, si sia arrivati la settimana dopo che gli spread tra i titoli di Stato francesi e quelli tedeschi erano giunti ai massimi dal 1995. Gli operatori sui mercati i conti li sanno fare e sanno benissimo che una crisi del debito italiano ha enormi ripercussioni sul sistema finanziario europeo. E sanno anche che i paesi oggi in condizione di debolezza, dopo quelli già travolti dalla crisi, non sono solo la Spagna e l'Italia, ma anche la Francia e il Belgio. In definitiva, quasi tutta l'Europa tranne gli Stati che sono concentrati attorno allo hub tedesco». «Mentre con gli strumenti del fondo Efsf Grecia Portogallo e Irlanda si possono salvare - conclude Giacchè - questo non è assolutamente possibile per il debito italiano. Questo ormai è chiaro a tutti. Gli Eurobond potrebbero essere una soluzione (ovviamente non soltanto per l'Italia), e vanno introdotti prima che sia troppo tardi. Trovo sorprendente che ancora in questi giorni Angela Merkel dichiari che essi sono uno strumento inappropriato. Per fortuna in Germania c'è anche chi, come Frank-Walter Steinmeier, che guida il gruppo parlamentare della Spd al Bundestag, ritiene invece che essi siano necessari»
Milano, 23 ago. (Adnkronos) - «Se salta l'Italia, salta l'euro. Se salta il debito pubblico italiano, saltano anche le banche francesi e tedesche». Parafrasando la celebre frase di John Connaly, ministro del Tesoro Usa nel 1971, quando l'Amministrazione Nixon ritirò il dollaro dalla convertibilità in oro («È la nostra moneta, ma è il vostro problema»), «quello italiano è il nostro debito, ma il problema dell'Europa». E gli Eurobond, che «potrebbero essere una soluzione», andrebbero introdotti senza indugi, «prima che sia troppo tardi». Così Vladimiro Giacchè, responsabile Affari Generali della Sator di Matteo Arpe, chiarisce, precisando di parlare a titolo personale, le pesanti implicazioni per l'Ue di un eventuale default dell'Italia. Normalista, studi universitari condotti tra Pisa e Bochum e poi incarichi di alto livello nel Mediocredito Centrale e nel gruppo Capitalia, Giacchè, è autore di numerosi volumi. «Io credo che - spiega all'Adnkronos - se non si riesce in Italia a mettere mano seriamente al problema del debito, cosa che dobbiamo assolutamente fare, questo non è un problema solo del nostro Paese. Su questo bisogna essere molto chiari e avremmo dovuto esserlo già a marzo, quando si è accettata una modifica al patto di stabilità inutilmente punitiva per i Paesi ad alto debito (anche se con un deficit basso)». Una modifica che, prosegue Giacchè, «secondo me, è stata una delle cause dell'attenzione dei mercati alla nostra situazione e quindi dell'allargarsi della crisi del debito al nostro Paese. Da quando la Bce ha finalmente cominciato a intervenire sul mercato la situazione si è un pò stabilizzata, ma ancora ieri lo spread dei Btp rispetto ai Bund era prossimo ai 300 punti base. In ogni caso, il tema è molto semplice: se saltasse l'Italia, salterebbero l'euro e le banche francesi e tedesche». «È evidente ormai da mesi - continua Giacchè - che il contagio partito dai paesi periferici si sta allargando. E non è un caso che al secondo tentativo di salvataggio della Grecia, nel giugno scorso, si sia arrivati la settimana dopo che gli spread tra i titoli di Stato francesi e quelli tedeschi erano giunti ai massimi dal 1995. Gli operatori sui mercati i conti li sanno fare e sanno benissimo che una crisi del debito italiano ha enormi ripercussioni sul sistema finanziario europeo. E sanno anche che i paesi oggi in condizione di debolezza, dopo quelli già travolti dalla crisi, non sono solo la Spagna e l'Italia, ma anche la Francia e il Belgio. In definitiva, quasi tutta l'Europa tranne gli Stati che sono concentrati attorno allo hub tedesco». «Mentre con gli strumenti del fondo Efsf Grecia Portogallo e Irlanda si possono salvare - conclude Giacchè - questo non è assolutamente possibile per il debito italiano. Questo ormai è chiaro a tutti. Gli Eurobond potrebbero essere una soluzione (ovviamente non soltanto per l'Italia), e vanno introdotti prima che sia troppo tardi. Trovo sorprendente che ancora in questi giorni Angela Merkel dichiari che essi sono uno strumento inappropriato. Per fortuna in Germania c'è anche chi, come Frank-Walter Steinmeier, che guida il gruppo parlamentare della Spd al Bundestag, ritiene invece che essi siano necessari»
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