FABIO AMATO*
Il vertice del 28 e 29 Giugno dell’Ue è destinato ad essere ricordato come l’ennesimo in cui la montagna partorì il topolino. Le aspettative dell’adozione di misure efficaci per contrastare la crisi verranno con molta probabilità deluse. Così come verranno delusi coloro che si illudono di una Francia e di un Hollande alfieri della messa in discussione della politica di austerità e rigore dominante in Europa.
E’ una visione questa eccessivamente ottimista e che non fa i conti con il retroterra storico e politico del socialismo e delle socialdemocrazie europee. La posizione di Hollande è sicuramente migliore di quella di Sarkozy, ed il suo programma interno ha elementi progressivi, ma sull’Europa la sua posizione è moderatamente emendativa, punta ad ottenere una modifica parziale che consenta alla Francia di poter meglio affrontare le regole capestro del fiscal compact, lasciando inalterata la natura e gli effetti recessivi e distruttivi del nuovo patto europeo. Come spesso accade, si confondono i desideri con la realtà. Non si vede o si fa finta di non vedere e sapere che i socialisti europei, e fra questi quelli francesi facenti capo proprio al’area di Francois Hollande, non sono stati spettatori della controrivoluzione liberista e monetarista, e neanche critici moderati della globalizzazione. Sono stati protagonisti e fautori della costruzione del primato dei mercati sulla società e sulla politica. Non è un caso che illustri esponenti proprio del PS sono stati alla guida delle istituzioni sovranazionali a-democratiche che hanno dettato l’agenda della controrivoluzione liberista degli ultimi venti anni. Ne ricordo due su tutti: Dominique Strauss Khan, a capo del Fondo Monetario Internazionale e mancato candidato presidenziale , Pascal Lamy, presidente del WTO, l’organizzazione mondiale del commercio, e prima ancora commissario europeo. Il problema politico che c’è in Europa, ed anche in Italia, è la totale e pressoché incondizionata subordinazione delle socialdemocrazie alla costruzione neoliberista dell’Europa. Non solo oggi, nel mezzo della crisi, ma dal 1992 in poi, da Maastricht in poi. Esiste una grande coalizione formata da liberali, conservatori popolari e socialdemocratici europei che è la base politica della costruzione neoliberista e a democratica dell’UE, con a sostegno, in modo più o meno costante, altri gruppi minori.
Non è un caso se con l’approfondirsi della crisi sono grandi coalizioni quelle che hanno governato o stanno governando i paesi europei. O se il Psoe spagnolo di Zapatero ha avuto sulla crisi lo stesso comportamento del Pasok greco. E in Italia , la maggioranza Berlusconi , Bersani, Casini che sostiene Monti, non è forse una grande coalizione fra partiti del PPE e dei socialisti e democratici ? Così come non è un caso che i verdi e la Spd in Germania votino senza colpo ferire il Fiscal compact insieme alla Merkel. Non sono eccezioni, ne coincidenze o semplici scelte nazionali. E’ il manifestarsi del patto politico che governa l’Europa in nome del neoliberismo. E’ l’evidenziarsi della falsità dei bipolarismi coatti che dominano in Europa, della loro insignificanza strutturale. Quando Casini propone il patto moderati progressisti, richiamando all’unità fra i referenti italiani del PPE e PSE, fa una proposta che è nell’ordine naturale degli assetti di potere in Europa, ed è benedetto da Bersani.
La conseguenze politiche da trarre da questo quadro sono che abbiamo urgente bisogno di costruire una sinistra di alternativa, antiliberista e autonoma dal PD, che si ponga l’obiettivo di rompere la grande coalizione delle banche e del neoliberismo, di cui i socialdemocratici europei sono parte costituente, non partner occasionali, e cambiare i rapporti di forza a sinistra.
Nello scorso congresso del Partito della Sinistra Europea, ignorato naturalmente dai media italiani, questa proposta era il cuore del documento politico approvato.
I fatti, e un’analisi corretta della crisi, stanno dando ragione a questi partiti che in Europa sono a sinistra delle socialdemocrazie. Syriza fra tutti in Grecia, ma anche Izquierda Unida in Spagna, Front de Gauche in Francia. Per non dimenticare gli altri paesi europei dove la sinistra di alternativa viaggia a due cifre ed anche oltre. E’ il caso della Danimarca e dell’alleanza rosso verde, del Sinn Feinn in Irlanda, dato al 25% ed unico oppositore alla ratifica del fiscal compact, del Partito socialista in Olanda, dato primo partito nei sondaggi in vista delle prossime elezioni politiche, della sinistra in Portogallo.
La crisi apre uno spartiacque. Non si può pensare di stare nel mezzo. O si è contro il fiscal compact o si è a favore. O si mettono in discussione i Trattati europei, da Maastricht a Lisbona, o non si produrrà alcuna rifondazione democratica e sociale dell’Europa. O si sta con il bipolarismo dei banchieri e della speculazione, del capitalismo casino, o con i popoli e dalla parte di chi sta subendo il furto di futuro e diritti in nome dei mercati. Per rovesciare il paradigma del primato del mercato e dei profitti sulla società e sui popoli, scritto a chiare lettere nei trattati europei, occorre rompere e sconfiggere la sua base politica, la grande coalizione, e costruire una proposta alternativa.
Dobbiamo provarci anche in Italia. Unire la sinistra che si oppone a Monti su un chiaro programma di cambiamento, che cancelli le controriforme sul mercato del lavoro e sulle pensioni, che rilanci l’intervento pubblico in economia pere creare occupazione e un rilancio dell’economia puntando sulla riconversione ecologica della produzione, che elimini le norme della precarietà permanente del lavoro , che si batta per la giustizia sociale e una redistribuzione del reddito e della ricchezza, che rilanci la scuola pubblica, la ricerca e l’università, difenda i beni comuni e tagli le spese militari, che ritiri i nostri contingenti dai teatri di guerra, a partire dall’Afghanistan. Rifondazione Comunista si mette a disposizione di questo progetto. Costruiamo anche in Italia una forza come Syriza, Il front de gauche, Izquierda unida.
I rapporti di forza politici non sono eterni. Ragionare sul quadro politico come se non fossimo nel mezzo della più grande crisi economica dal 29 in poi, o con gli schemi del ventennio berlusconiano e del bipolarismo, è sbagliato e ci porterà a ripetere gli errori del passato. In America latina la sinistra ha vinto rompendo i sistemi politici bipolari dominanti, crollati insieme al fallimento delle ricette neoliberiste. La crisi che viviamo è strutturale e destinata a peggiorare. Non dobbiamo avere paura. Dobbiamo avere il coraggio di provarci, di costruire una proposta per il paese alternativa alle destre e all’asse PD- Casini. Perché dobbiamo battere il neoliberismo e il bipolarismo delle banche, per ridare la sovranità e la dignità ai popoli e toglierla agli speculatori e ai mercati.
* Responsabile Esteri Rifondazione Comunista e componente del Segretariato del Partito della Sinistra Europea.
E’ una visione questa eccessivamente ottimista e che non fa i conti con il retroterra storico e politico del socialismo e delle socialdemocrazie europee. La posizione di Hollande è sicuramente migliore di quella di Sarkozy, ed il suo programma interno ha elementi progressivi, ma sull’Europa la sua posizione è moderatamente emendativa, punta ad ottenere una modifica parziale che consenta alla Francia di poter meglio affrontare le regole capestro del fiscal compact, lasciando inalterata la natura e gli effetti recessivi e distruttivi del nuovo patto europeo. Come spesso accade, si confondono i desideri con la realtà. Non si vede o si fa finta di non vedere e sapere che i socialisti europei, e fra questi quelli francesi facenti capo proprio al’area di Francois Hollande, non sono stati spettatori della controrivoluzione liberista e monetarista, e neanche critici moderati della globalizzazione. Sono stati protagonisti e fautori della costruzione del primato dei mercati sulla società e sulla politica. Non è un caso che illustri esponenti proprio del PS sono stati alla guida delle istituzioni sovranazionali a-democratiche che hanno dettato l’agenda della controrivoluzione liberista degli ultimi venti anni. Ne ricordo due su tutti: Dominique Strauss Khan, a capo del Fondo Monetario Internazionale e mancato candidato presidenziale , Pascal Lamy, presidente del WTO, l’organizzazione mondiale del commercio, e prima ancora commissario europeo. Il problema politico che c’è in Europa, ed anche in Italia, è la totale e pressoché incondizionata subordinazione delle socialdemocrazie alla costruzione neoliberista dell’Europa. Non solo oggi, nel mezzo della crisi, ma dal 1992 in poi, da Maastricht in poi. Esiste una grande coalizione formata da liberali, conservatori popolari e socialdemocratici europei che è la base politica della costruzione neoliberista e a democratica dell’UE, con a sostegno, in modo più o meno costante, altri gruppi minori.
Non è un caso se con l’approfondirsi della crisi sono grandi coalizioni quelle che hanno governato o stanno governando i paesi europei. O se il Psoe spagnolo di Zapatero ha avuto sulla crisi lo stesso comportamento del Pasok greco. E in Italia , la maggioranza Berlusconi , Bersani, Casini che sostiene Monti, non è forse una grande coalizione fra partiti del PPE e dei socialisti e democratici ? Così come non è un caso che i verdi e la Spd in Germania votino senza colpo ferire il Fiscal compact insieme alla Merkel. Non sono eccezioni, ne coincidenze o semplici scelte nazionali. E’ il manifestarsi del patto politico che governa l’Europa in nome del neoliberismo. E’ l’evidenziarsi della falsità dei bipolarismi coatti che dominano in Europa, della loro insignificanza strutturale. Quando Casini propone il patto moderati progressisti, richiamando all’unità fra i referenti italiani del PPE e PSE, fa una proposta che è nell’ordine naturale degli assetti di potere in Europa, ed è benedetto da Bersani.
La conseguenze politiche da trarre da questo quadro sono che abbiamo urgente bisogno di costruire una sinistra di alternativa, antiliberista e autonoma dal PD, che si ponga l’obiettivo di rompere la grande coalizione delle banche e del neoliberismo, di cui i socialdemocratici europei sono parte costituente, non partner occasionali, e cambiare i rapporti di forza a sinistra.
Nello scorso congresso del Partito della Sinistra Europea, ignorato naturalmente dai media italiani, questa proposta era il cuore del documento politico approvato.
I fatti, e un’analisi corretta della crisi, stanno dando ragione a questi partiti che in Europa sono a sinistra delle socialdemocrazie. Syriza fra tutti in Grecia, ma anche Izquierda Unida in Spagna, Front de Gauche in Francia. Per non dimenticare gli altri paesi europei dove la sinistra di alternativa viaggia a due cifre ed anche oltre. E’ il caso della Danimarca e dell’alleanza rosso verde, del Sinn Feinn in Irlanda, dato al 25% ed unico oppositore alla ratifica del fiscal compact, del Partito socialista in Olanda, dato primo partito nei sondaggi in vista delle prossime elezioni politiche, della sinistra in Portogallo.
La crisi apre uno spartiacque. Non si può pensare di stare nel mezzo. O si è contro il fiscal compact o si è a favore. O si mettono in discussione i Trattati europei, da Maastricht a Lisbona, o non si produrrà alcuna rifondazione democratica e sociale dell’Europa. O si sta con il bipolarismo dei banchieri e della speculazione, del capitalismo casino, o con i popoli e dalla parte di chi sta subendo il furto di futuro e diritti in nome dei mercati. Per rovesciare il paradigma del primato del mercato e dei profitti sulla società e sui popoli, scritto a chiare lettere nei trattati europei, occorre rompere e sconfiggere la sua base politica, la grande coalizione, e costruire una proposta alternativa.
Dobbiamo provarci anche in Italia. Unire la sinistra che si oppone a Monti su un chiaro programma di cambiamento, che cancelli le controriforme sul mercato del lavoro e sulle pensioni, che rilanci l’intervento pubblico in economia pere creare occupazione e un rilancio dell’economia puntando sulla riconversione ecologica della produzione, che elimini le norme della precarietà permanente del lavoro , che si batta per la giustizia sociale e una redistribuzione del reddito e della ricchezza, che rilanci la scuola pubblica, la ricerca e l’università, difenda i beni comuni e tagli le spese militari, che ritiri i nostri contingenti dai teatri di guerra, a partire dall’Afghanistan. Rifondazione Comunista si mette a disposizione di questo progetto. Costruiamo anche in Italia una forza come Syriza, Il front de gauche, Izquierda unida.
I rapporti di forza politici non sono eterni. Ragionare sul quadro politico come se non fossimo nel mezzo della più grande crisi economica dal 29 in poi, o con gli schemi del ventennio berlusconiano e del bipolarismo, è sbagliato e ci porterà a ripetere gli errori del passato. In America latina la sinistra ha vinto rompendo i sistemi politici bipolari dominanti, crollati insieme al fallimento delle ricette neoliberiste. La crisi che viviamo è strutturale e destinata a peggiorare. Non dobbiamo avere paura. Dobbiamo avere il coraggio di provarci, di costruire una proposta per il paese alternativa alle destre e all’asse PD- Casini. Perché dobbiamo battere il neoliberismo e il bipolarismo delle banche, per ridare la sovranità e la dignità ai popoli e toglierla agli speculatori e ai mercati.
* Responsabile Esteri Rifondazione Comunista e componente del Segretariato del Partito della Sinistra Europea.
Nessun commento:
Posta un commento