- rifondazione -
Il 16 e il 17 Giugno la popolazione Greca ha eletto Nea Dimokratia, partito che proseguirà e porterà a termine le misure di austerità imposte da Ue, Bce e Fmi. Intervistiamo Katerina, avvocato e membro della rete per i diritti politici e sociali di Atene, per capire l’entità e l’impatto che le riforme, attuate fino ad oggi e che hanno dato vita a forti proteste di piazza nell’ultimo anno e mezzo, hanno avuto sulla società greca. Innanzitutto, come valuti i recenti risultati elettorali in Grecia?
Con la vittoria di Nea Dimokratia alle recenti elezioni, quello che ci aspetta sono misure di austerità ancora più gravi per noi. In questo momento la grande scommessa per la Grecia non è, al contrario di quello che si pensa in Europa, se restare nell’euro o ritornare alla dracma, ma una scommessa che ha a che fare con la democrazia, cioè riuscire a mantenere e a garantire i minimi diritti politici e civili.
Se non costruiamo la possibilità di recuperare terreno sul piano dei diritti, passeremo presto ad uno stato di assoluta oppressione e repressione. La percezione è che la vittoria di Nea Dimokratia favorirà l’accelerazione di questo processo. Ci aspettiamo di tutto ma si pensa che anche questo governo non durerà a lungo.
In Grecia lo stato sociale è praticamente crollato e a mio avviso non si può fare più un discorso puramente politico in Grecia. La crisi è molto profonda e percepiamo che, giorno dopo giorno, ci stiamo dirigendo verso una vera e propria crisi umanitaria. Le riforme attuate dai governi precedenti hanno avuto un effetto devastante sulla popolazione.
Puoi dirci quali sono i provvedimenti legislativi e le riforme che hanno inciso più fortemente sulla vita della popolazione greca in questi ultimi mesi?
Le riforme attuate fino ad oggi per quanto riguarda il lavoro sono state molto sentite, in particolare da luglio scorso, con le misure imposte dal governo del Pasok. Per recuperare denaro attraverso le tasse è stato imposto un taglio del 40% sugli stipendi dei dipendenti pubblici e il denaro veniva prelevato direttamente dalla busta paga dei lavoratori. Questa misura è stata davvero la più grave anche a fronte del fatto che la gente ha continuato a vivere come prima, a pagare cioè gli stessi affitti, gli stessi prezzi per le spese. La gente non ha cominciato a vivere azzerando i contatori dopo l’imposizione delle nuove misure, i mutui continuavano ad esistere, alti come prima.
Il 12 febbraio 2012 il parlamento greco ha approvato il nuovo memorandum, ovvero una maxi-legge attuativa delle misure di austerità previste, legge che tra l’altro, ha avuto anche un effetto retroattivo. E’ stato approvato un nuovo taglio del 22% sui minimi salariali e del 32% sui salari dei giovani fino a 25anni. Ciò significa che un giovane non guadagna più di 440 € netti al mese e che lo stipendio minimo per un qualsiasi lavoro non specializzato equivale a 360 € mensili. In pratica, i tagli equivalgono ad oltre 3 salari/anno. Inoltre tutte le forme di sussidio sono state ormai annullate per tantissime categorie di lavoratori e i pochi che usufruiscono di qualche tutela sono quelli che fanno lavori pesanti e pericolosi. In meno di due anni sono stati praticamente aboliti di tutti i contratti collettivi di lavoro e ormai i contratti di lavoro sono solo individuali o aziendali.
Sono state registrate le prime pressioni fatte sui lavoratori, specie da grandi catene di negozi, che impongono la firma su contratti con retribuzioni inferiori al nuovo minimo e orari di lavoro massacranti. Dai dati recentemente pubblicati, risulta che la maggior parte delle denunce effettuate finora da parte dei lavoratori colpiti (dall’attuazione dei memorandum in poi) riguardano il mancato versamento degli stipendi e del rimborso in caso di licenziamento, lavoro fuori orario, in giorni festivi o anche di riposo. Sui lavoratori viene fatta pressione anche per firmare ricevute che attestano il pagamento di salari mai erogati.
In più con il memorandum è stato abrogato il ricorso unilaterale all’arbitrato. Ciò vuol dire che si può ricorrere solo se ambo le parti sono d’accordo. È riconosciuta al datore di lavoro la possibilità di licenziare il lavoratore senza preavviso e senza risarcimento. Se uno poi viene licenziato entro il primo anno di lavoro, non esiste più nessuna tutela perché entro quel periodo il lavoratore è considerato in prova e per ciò privo di qualsiasi diritto.
Un altro dato preoccupante è che in molti casi, si preferisce assumere persone con meno di 25 anni e appena si compie il 25-esimo anno si viene licenziati.
Bisogna sottolineare anche che ormai il 34% della popolazione non ha un’assicurazione sanitaria, i disoccupati arrivano ad 1.500.000 (senza contare i liberi professionisti che non hanno diritto ad un sussidio, per cui non possono ricorrere all’ufficio di disoccupazione e non risultano nelle statistiche ufficiali) su un totale di 4.000.000 di popolazione attiva. Le donne tra l’altro sono le più colpite, il 26% sono disoccupate, un terzo delle quali hanno meno di 25 anni.
Queste misure hanno dato vita alle grandi proteste a cui abbiamo assistito nei mesi passati e che hanno visto studenti, sindacati, lavoratori e cittadini scendere in piazza per opporsi alle politiche di Austerity. Quello che volevamo chiederti è come si sta organizzando la società greca al di fuori delle giornate di piazza? Sappiamo dell’esperienza dell’occupazione dell’ospedale di Kilkis da parte dei lavoratori: come si evolve questa esperienza?
Questa occupazione è una novità anche qui, perché avvenuta in una piccola città della Grecia, nel nord vicino a Salonicco, e non ad Atene, la città più attiva politicamente.
Già prima dell’occupazione dell’ospedale erano nate delle farmacie, degli ambulatori, che noi chiamiamo sociali o solidali in tutta la Grecia. Ad oggi quasi in ogni città, in ogni quartiere, sono presenti farmacie sociali dove ognuno può mettere in comune i farmaci in modo che possano servire ad altri. Il problema più grave è che mancano i medicinali e gli strumenti per curare le persone, a cominciare dagli ospedali.
L’esperienza dell’occupazione dell’ospedale di Kilkisha avuto un grande valore ma una vita breve soprattutto per questa ragione. Per portare avanti un progetto ambizioso come quello di Kilkis ci sarebbe stato bisogno di un cospicuo aiuto internazionale, proprio perché tutti i medicinali e gli strumenti che servono ad un ospedale per curare ed operare, non possono essere raccolti dalla popolazione perché insufficienti. Per arginare la situazione servirebbe una totale inversione di tendenza nelle politiche per la sanità pubblica o un aiuto internazionale a questo punto.
La presidentessa dell’Associazione dei lavoratori dell’ospedale di Kilkis parlava della particolare gravità della situazione in campo sanitario dicendo che le proteste, le manifestazioni ed i cortei servono in periodo di pace, ma che negli ospedali e fuori si respira un clima di guerra, per cui servirebbero risposte più complesse ed occupazioni in vari ospedali di tutto il paese.
Per quanto riguarda Kilkis, bisogna tra l’altro sottolineare che su 600 lavoratori impiegati, circa la metà aveva partecipato attivamente all’occupazione. In quei giorni è stata fatta molta pressione su di loro anche da parte del Ministero della Sanità. Alcuni lavoratori occupanti infatti sono stati trasferiti per un periodo di 3 mesi in altri ospedali o uffici fuori dalla città di Kilkìs, in periferia, questo per rompere i rapporti e scoraggiare gli stessi impiegati dalla protesta.
Una delle cose positive in questo momento storico è che si registra una grande solidarietà reale. A questo ha contribuito molto anche l’accampamento di piazza Syntagma l’estate scorsa. La gente ha cominciato a conoscersi, si sono create delle assemblee locali in ogni quartiere dell’Attica. La gente ha cercato di organizzarsi a livello locale e ci è riuscita. Le assemblee di quartiere e le esperienza di mutuo soccorso sono diventate un punto di riferimento per tutti e specialmente per chi ha più bisogno.
L’esistenza di farmacie e di ambulatori solidali soddisfa bisogni di cura primaria per quelle persone che non hanno un’assicurazione sanitaria o sono disoccupate. Vengono sostenute dagli stessi medici di varie specializzazioni che esaminano gratuitamente le persone. Le farmacie solidali vengono rifornite dalla gente che porta là i medicinali che non servono più. Per fare un esempio concreto vorrei menzionare il caso dei medicinali per i malati di cancro, medicinali molto costosi e che scarseggiano negli ospedali. Chi li possiede, perché ha perso da poco un amico o un familiare malato, li porta negli ambulatori solidali in modo che possano servire ad altri.
Che cosa puoi dirci del ruolo delle donne in questo contesto? Quali sono i problemi principali che si trovano ad affrontare in questo periodo e quale apporto danno alle esperienze di mutualismo e auto-organizzazione?
Per quanto riguarda le donne, la mia ad esempio è una generazione a cui è negato il diritto alla maternità e in queste condizioni nessuna di noi pensa di avere un figlio. Capita che per motivi di lavoro io mi metta in contatto con gli ospedali per aiutare, come avvocato, donne che devono partorire ma non possono pagare il parto. Questo infatti costa 900 euro e negli ospedali non potrebbero accettare donne prive di assicurazione sanitaria.
Da poco inoltre è entrata in vigore una legge che punisce i medici che curano chi è senza documenti o senza assicurazione. Accadono cose assurde! Gli ospedali a volte ospitano i neonati affinché le madri possano uscire dall’ospedale per cercare i soldi per pagare il parto. Immaginiamoci cosa può significare per una donna che ha appena partorito questo violento distacco dal suo bambino e anche lo stress che ne consegue.
Inoltre in questo periodo stanno aumentando le molestie sul lavoro e soprattutto la violenza domestica. Alcune colleghe, che lavorano in un centro anti-violenza, mi hanno detto che le richieste di protezione da parte delle donne stanno aumentando, ma che non ci sono risposte perché anche qui non ci sono fondi per finanziare i progetti di tutela. Da sempre il tema della violenza domestica è poco affrontato in Grecia e ora si registra un disinteresse ancora più forte a fronte dell’aumento degli episodi.
Bisogna anche tener in mente del fatto che le donne hanno molteplici ruoli, sono lavoratrici, madri, mogli e molto altro e figuriamoci quanto può essere difficile mantenere un equilibrio. Bisogna anche ricordare le madri single, che anche prima della crisi non erano state particolarmente protette o agevolate socialmente.
Già dall’autunno 2011, sono aumentati i casi di abbandono di bambini in case, asili, orfanotrofi, perché le famiglie, soprattutto se formate da donne sole, non riescono nemmeno a comprare il latte. Per far fronte a questo problema le associazioni dei genitori nelle scuole, hanno iniziato a distribuire la colazione per quei ragazzi che non avevano proprio da mangiare o a portare la spesa a casa delle famiglie colpite.
Nonostante questo le donne continuano ad essere protagoniste sia nelle lotte che nelle esperienze di auto-organizzazione. Qui ad Atene le donne hanno sempre partecipato ai movimenti e con un ruolo centrale. La differenza è che forse ora sono ancora più indignate e impegnate nel cercare soluzioni. Ad esempio, sono le donne che hanno avviato l’esperienza delle mense autogestite nei quartieri o promosso e partecipato all’occupazione di stabili abbandonati per dare casa ai senza-tetto. Purtroppo queste ultime sono state praticamente tutte sgomberate, mentre le cucine continuano a funzionare ed è un bene.
Quali sono secondo te le prospettive che si aprono in questo periodo di forti cambiamenti, di attacchi inauditi ai diritti ma anche di forte spinta da parte della popolazione in termini di auto – organizzazione e risposta attiva alle politiche di austerity?
E’ importante sottolineare che è un bene che ci sia tanta solidarietà tra la gente, ma che la società non dovrebbe sostituire lo Stato bensì lottare per riappropriarsi di tutto quanto è suo di diritto: lavoro, salute, vita.
Dobbiamo superare la paura, non dobbiamo avere paura. Nella fase precedente alle elezioni si è registrato un attacco assurdo in termini di ricatto e propaganda. All’interno del paese i proprietari di certe banche dichiaravano che nel caso di una vittoria di Syriza avrebbero perso il loro lavoro, imprenditori noti minacciavano che avrebbero portato l’impresa fuori dal paese. E poi gli interventi di Obama, Merkel, Hollande, Monti.
Quel che accade qui in Grecia ha superato i limiti di una crisi finanziaria. C’è una profonda crisi sociale, una polarizzazione, si verificano estremismi ed è importante anche il sostegno di chi vive fuori dalla Grecia. Costruire ponti di comunicazione e di solidarietà, rispondere ai bisogni delle persone è un passo importante per riuscire anche ad aprire un dialogo politico e proporre delle alternative possibili e sostenibili.
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