Non serve più denaro bensì più tempo, sono due giorni che il primo ministro greco Antonis Samaras va ripetendolo da Berlino a Parigi, ma la risposta è sempre la stessa: nessuna proroga alle condizione imposte dall’Unione europea e dal Fondo monetario internazionale per ottenere in cambio i finanziamenti necessari – 130 miliardi di euro – per evitare la bancarotta e l’uscita dall’euro. Il buco nei conti greci sarebbe vicino ai 14 miliardi di euro, rispettare gli impegni presi con l’Europa è una missione impossibile, Samaras lo sa e implora «fateci respirare», ma riceve indietro un no dietro l’altro.
All’Eliseo, ci risiamo, l’incontro di ieri con il presidente francese va come quello del giorno precedente con la cancelliera tedesca Angela Merkel. «La Grecia è nella zona euro e deve rimanerci», rassicura anche François Hollande, il problema di una possibile uscita della Grecia dalla zona euro «non si pone», ma Atene «deve ancora dimostrare la credibilità del programma e l’impegno dei suoi dirigenti». Dunque niente «boccata d’ossigeno» e avanti spediti con il piano di tagli e riforme: oltre a una serie di provvedimenti per ridurre le dimensioni del settore pubblico e il numero dei suoi dipendenti, Atene deve anche procedere a massicce privatizzazioni che entro il 2015 che dovranno portare 19 miliardi di euro nelle casse dello Stato. A ottobre scade il tempo per la verifica della troika (Ue, Fmi, Bce) e solo se il rapporto che stilerà sui «progressi» della Grecia nell’applicazione delle misure previste sarà positivo, il Paese potrà accedere al piano di salvataggio. Altrimenti? Non c’è un piano b.
Samaras a questo punto ripete come un mantra: «Rispetteremo i nostri obbiettivi, ridurremo il deficit, porteremo a termine le riforme strutturali previste, in particolar modo per quel che riguarda le privatizzazioni e la giustizia fiscale», «ce la faremo, rimarremo nell’eurozona». Voleva «ridare speranza, perché senza speranza perdiamo la coesione sociale», ma è costretto a tornare a casa a testa bassa dovendo ammettere che ora «mantenere la coesione sociale non sarà facile».
All’Eliseo, ci risiamo, l’incontro di ieri con il presidente francese va come quello del giorno precedente con la cancelliera tedesca Angela Merkel. «La Grecia è nella zona euro e deve rimanerci», rassicura anche François Hollande, il problema di una possibile uscita della Grecia dalla zona euro «non si pone», ma Atene «deve ancora dimostrare la credibilità del programma e l’impegno dei suoi dirigenti». Dunque niente «boccata d’ossigeno» e avanti spediti con il piano di tagli e riforme: oltre a una serie di provvedimenti per ridurre le dimensioni del settore pubblico e il numero dei suoi dipendenti, Atene deve anche procedere a massicce privatizzazioni che entro il 2015 che dovranno portare 19 miliardi di euro nelle casse dello Stato. A ottobre scade il tempo per la verifica della troika (Ue, Fmi, Bce) e solo se il rapporto che stilerà sui «progressi» della Grecia nell’applicazione delle misure previste sarà positivo, il Paese potrà accedere al piano di salvataggio. Altrimenti? Non c’è un piano b.
Samaras a questo punto ripete come un mantra: «Rispetteremo i nostri obbiettivi, ridurremo il deficit, porteremo a termine le riforme strutturali previste, in particolar modo per quel che riguarda le privatizzazioni e la giustizia fiscale», «ce la faremo, rimarremo nell’eurozona». Voleva «ridare speranza, perché senza speranza perdiamo la coesione sociale», ma è costretto a tornare a casa a testa bassa dovendo ammettere che ora «mantenere la coesione sociale non sarà facile».
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