Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

giovedì 3 gennaio 2013

Con la Rivoluzione civile di Antonio Ingroia

- lavorincorsoasinistra -
Abbiamo perplessità di merito e di metodo sulla costruzione del “Quarto
Polo”. Ma se non vogliamo che il futuro politico del paese sia
tutto nelle mani di Bersani e Monti, probabili alleati di domani,
adesso è indispensabile sostenere la Rivoluzione civile di Ingroia,
sottolineando ciò che ci unisce e tralasciando ciò che ci può
dividere.

 di Angelo d’Orsi Sto
seguendo, come tanti, le vicende relative alla costruzione di un
possibile “Quarto Polo”, desideroso, per una volta, di uscire dal
ruolo dell’osservatore, sia pure partecipe e simpatetico, e
impegnarmi direttamente: “metterci la faccia”, come si dice da
qualche tempo. In particolare sono stato stimolato dall’iniziativa
di Luigi De Magistris. Ho provato a seguire anche, in certa misura,
“Cambiare si può”, partecipando a qualche assemblea. L’ultima delle
quali, domenica 29 dicembre, a Torino, mi ha gettato nello
sconforto. I “garanti” reduci da incontri con Antonio Ingroia,
hanno annunciato l’intenzione di chiudere la trattativa, a causa
della insistenza di tre segretari di partiti (Diliberto, Bonelli,
Di Pietro) disposti ad appoggiare la Lista Ingroia senza simboli,
di entrarvi. Il segretario del quarto partito (Ferrero, di
Rifondazione comunista), si è dichiarato pronto a entrambe le
opzioni ossia non ha posto una pregiudiziale. Capisco che la
“pretesa” non sia piaciuta, ma è anche vero che questi partiti
(PDCI, IDV, Verdi e PRC), sono i soli in grado di fornire una trama
organizzativa, di raccogliere le firme in tempo utile e (per IDV)
di dare un sostegno finanziario. La linea di “Cambiare si può”
voleva essere quella di un totale rinnovamento : insomma via i
vecchi modi e le vecchie facce. E su questo scoglio si è incagliata
la nave unitaria. Addirittura nell’assemblea torinese, dopo un
ultimo colloquio telefonico tra uno dei promotori (Livio Pepino,
che poi ha spiegato il suo punto di vista sul Manifesto del 30
dicembre), si è mostrato un frammento – poco felice – della diretta
streaming della Conferenza stampa di Ingroia, commentata dal palco
e dalla platea, opportunamente sollecitata, con lazzi e frizzi.
Alcuni degli interventi degli oratori (tutti o quasi esponenti
della “società civile”, ossia di gruppi movimenti associazioni, e
qualcuno del PRC) a partire da quel momento sono andati molto sopra
le righe. Ho sentito parlare della necessità della “purezza” (a cui
strada, forse lo si dimentica, conduce diretta al gulag), e
addirittura in riferimento ad Ingroia (fino a due ore prima “il
nostro candidato premier”), “con gente così non dobbiamo avere
alcun rapporto”. Non so come saranno gli esiti delle votazioni
telematiche in relazione alla decisione dei tre garanti (una delle
quali, Chiara Sasso, si è esibita in una performance “letteraria”,
assai discutibile nella forma e nella sostanza, tutta contro
Ingroia e De Magistris e Di Pietro), ma l’esito politico appare
scontato: nessuna intesa con il Movimento Arancione. E voto libero.
Il che, stando agli umori registrati nell’assemblea significherà,
per la maggioranza dei casi, astensione, rinuncia al voto, scheda
bianca, nelle prossime elezioni. Un bel risultato, per chi voleva
rifondare, lodevolmente, la politica. E per chi voleva
rivitalizzare la sinistra. So che sul piano della teoria, il gruppo
promotore di “Cambiare si può” ha ragione. Ma la politica deve
saper combinare il principio di piacere con il principio di realtà.
Occorre, se si vuole entrare nel gioco, saper accettare alcuni
orientamenti di fatto il primo dei quali è che hai bisogno di un
leader, da contrapporre ad altri competitors. E il leader che
sosterrai deve avere un valore simbolico, al di là della
concordanza più o meno piena con le sue idee. Ora, Antonio Ingroia
rappresenta la lotta alla mafia. Al di là di sbavature
contenutistiche e di qualche scivolata espressiva (no, non è un
comunicatore, il dottor Ingroia), egli sta cercando di usare la
bandiera dell’antimafia in un senso ampio: lottare contro la mafia
oggi significa, insomma, non soltanto, né semplicemente, fare
un’azione per il ritorno della sovranità della legge, e per una
battaglia senza quartiere contro esponenti e fiancheggiatori,
compresi politici e imprenditori, di Cosa Nostra, della
‘ndrangheta, della camorra e così via. Oggi la lotta alla mafia
significa lotta per la tutela dell’ambiente (si pensi che la fonte
principale di proventi per le organizzazioni criminali deriva dal
ciclo dei rifiuti), del territorio (le mani della mafia sono sulle
“grandi opere”), del lavoro (il caporalato è legato a queste
organizzazioni), della libera imprenditoria (sottoposta alla
implacabile legge del pizzo) e così via. Ingroia invoca un’azione
congiunta, unitaria contro la “Santa Alleanza” (criminali
professionisti, imprenditori disonesti, politici collusi). E si
mette a disposizione per guidare la riscossa. Si condivide o no
questa linea? Certo, le differenze ci sono; e io stesso ho
perplessità di merito e di metodo. Ma chi meglio di Ingroia (anche
in fondo nella sua scarsa dimestichezza con la comunicazione) può
rappresentare l’anti-Berlusconi? E allora sarebbe indispensabile
mettere da parte le differenze, superare le divisioni, e lavorare
per opporre alla Santa Alleanza una Intesa dei democratici, che
siano o meno esponenti della “società civile” o di partiti. Io che
non ho mai avuto una tessera di partito in tasca, non trovo nulla
di disdicevole in chi milita in una forza politica organizzata, se
lo fa per passione e con spirito di servizio; anzi ha tutta la mia
ammirazione. Il rinnovamento dal basso, la costruzione di una
democrazia partecipata, ha i suoi tempi, e ora i tempi sono
strettissimi. Se si vuole portare in Parlamento una pattuglia di
deputati (e magari anche di senatori benché il compito sia ancor
più arduo) che diano voce a chi da troppo tempo voce non ha nei
quartieri alti della politica, persone che siano rappresentanti
delle istanze referendarie, dei bisogni dei ceti subalterni, degli
operai e delle operaie di Termini, Pomigliano, Mirafiori sottoposti
ai ricatti di Marchionne, dei precari e degli esodati, degli
insegnanti umiliati e offesi, dei pensionati ridotti alla fame, dei
nuovi schiavi migranti, ebbene l’unità è un compito da perseguire,
qui e subito. Parlamentari che siano barriera protettiva intorno
alla Costituzione repubblicana contro ogni tentativo di
manomissione, ma che difendano anche lo Stato diritto e la laicità
delle istituzioni contro l’invadenza pontificia e clericale;
parlamentari che siano in prima linea contro l’ultracapitalismo e
le sue regole devastanti; parlamentari che si facciano paladini
della libertà di coscienza, davanti alla vita e alla morte, di
orientamento sessuale, e di una etica pubblica che oggi tutta la
classe politica – tutta – ha smarrito. Se si fa riferimento a
questo catalogo di cose da fare, non possiamo accettare l’invito
già circolante, al “voto utile”. Il voto utile è il voto che provi
a fare emergere una istanza politica oggi esclusa. Le primarie del
PD, dietro il falso rinnovamento, sono state uno spettacolo
desolante: le nuove leve del rampantismo dei T/Q contro le vecchie
cariatidi della nomenclatura. Opposti opportunismi, in un generale
oblio (salvo lodevolissime eccezioni) dei valori, dei princìpi,
delle istanze di cui un partito postcomunista dovrebbe essere
portatore. E ciò nel momento in cui, sul fronte della destra –
mentre penosamente si trascina il cavaliere dimezzato, ancorché
ornato di Borsalino, che lo rende anche fisicamente una
controfigura di Al Capone – si riorganizza un grande schieramento
di destra cattolica, benedetta dalla Santa Sede. E il Movimento 5
Stelle sembra avvitarsi intorno ai dettati del padre padrone,
rappresentando a sua volta un’altra forte delusione per molti.
Dunque la situazione offre un’occasione, occasione da cogliere in
ogni modo, e rapidamente, senza indugi e senza fare pretendere di
giudicare il passato politico di ciascuno (ovviamente non considero
quello giudiziario su cui non ci può essere discussione). Non
possiamo rinfacciare scelte sbagliate, errori di valutazione,
decisioni politiche improvvide, di cinque, dieci, quindici o
vent’anni fa: occorre guardare al futuro, che è già qui, e dobbiamo
decidere se vogliamo provare a incidere su di esso, o lasciarlo
tutto nelle mani di Bersani e Monti, probabili alleati di domani.
Per una volta compiamo tutti insieme lo sforzo di sottolineare ciò
che ci unisce, tralasciando ciò che ci può dividere. E anche se
eccepiamo sulla forma, se condividiamo il contenuto, almeno nella
sua parte sostanziale, sosteniamo la Rivoluzione civile di Antonio
Ingroia. (31 dicembre 2012)

Nessun commento:

Posta un commento

Blog curato da ...

Blog curato da ...
Mob. 0039 3248181172 - adakilismanis@gmail.com - akilis@otenet.gr
free counters