ANDREA TARQUINI - larepubblica -
BERLINO - Sono a migliaia, vengono dalla Spagna o da altri paesi dell'Europa mediterranea colpiti dalla crisi, oppure da Romania, Ungheria, altri Stati dell'Unione europea dove la povertà di massa spinge a emigrare, e il basso costo del lavoro scatena gli appetiti di produzione low cost delle multinazionali. E i big global players li sfruttano come bestie, come forzati, roba da ricordare gli schiavi nelle prigioni di cotone, il lavoro infantile in Pakistan o le fabbriche-lager in Cina. Amazon, il più grosso commerciante online del mondo, è sotto accusa: ha costruito un vero e proprio Arcipelago GuLag del lavoro forzato con miseri contratti a termine per gli schiavi e i forzati del turbocapitalismo globale, neoliberista e senza scrupoli. O una riedizione dell'Organizzazione Todt, quella con cui SS e Gestapo reclutavano forzati in tutta l'Europa occupata, o dell'omologa e ancor più spietata autorità del lavoro giapponese nella Cina in mano al Tenno. Il GuLag di Amazon non è però in Siberia, ma in Germania, sede ottimale per gli ottimi trasporti infrastrutture e servizi di spedizione. Gli schiavi e i forzati del 21mo secolo, spinti da miseria e fame, vengono in Germania (e forse anche altrove, ma la posizione geografica centrale della Bundesrepublik è ovviamente ideale per le spedizioni di Amazon ovunque). Sono pagati malissimo, nove euro al lordo dei contributi, e lavorano soprattutto nel turno di notte. Alloggiano in sette per camerata in vecchi alberghi sciistici decaduti o chiusi fuori stagione,
sono sorvegliati da spietati vigilantes spesso appartenenti o vicini all'ultradestra neonazista.
Non sono gruppi dell'ultrasinistra, né Anonymous o i no global, ad aver denunciato lo scandalo: la scoperta dei disperati di Amazon la dobbiamo a una squadra di investigative reporters della Ard, la prima rete tv pubblica tedesca che, sorta nel dopoguerra con l'aiuto di 'istruttori' britannici e americani, ha l'abitudine di puntare tutto sulle inchieste scomode, da cane da guardia di democrazia e diritti umani. Almeno cinquemila persone, ha detto la Ard nel suo reportage appena andato in onda in mezza serata, prime time, sono impiegate da Amazon nei suoi centri di smistamento e spedizione, specie in Assia, lo Stato centrale dove sorge la metropoli finanziaria Francoforte. A casa erano insegnanti, o neolaureati, ma la disoccupazione di massa nell'Europa del sud e nei Balcani rende inutile ogni qualifica. Sono ingaggiati da Amazon con email vaghe che promettono una buona paga e un contratto sicuro con il gigante stesso.
I disperati di Amazon arrivano a spese proprie in Germania e sono accolti dai vigilantes e da persone di agenzie di collocamento private senza scrupoli. La tratta dei disperati avviene soprattutto prima di Natale, quando volano ovviamente le ordinazioni ad Amazon in tutto il mondo. Da Amazon i disperati apprendono che la paga è minore, l'orario di lavoro più lungo del previsto. E quasi sempre nello stressante turno di notte. Vengono alloggiati, racconta ancora la tv pubblica tedesca, in camerate dove appunto dormono in gruppo, chi su brande chi su vecchi divani sfondati. Alloggi e toilettes sporchi e pericolanti, cibo di pessima qualità, e devono anche pagarselo da soli con parte del misero guadagno. E spesso i vigilantes sadici si divertono a minacciarli e impaurirli per dissuaderli da ogni protesta.
In ogni momento i vigilantes hanno diritto di entrare per perquisirli e accusarli di furto al minimo sospetto. Vengono portati al centro smistamento, distante spesso decine e decine di chilometri dai dormitori-lager, con autobus stracolmi su cui spesso devono viaggiare anche in piedi. Se a causa del traffico o del maltempo l'autobus arriva tardi, il ritardo viene loro decurtato dalla misera paga. Alcuni di loro, riconosciuti perché si sono fatti intervistare, hanno ricevuto subito la lettera di licenziamento.
Lo scandalo ha fatto grande impressione in Germania, al punto che alcune case editrici tedesche stanno pensando di mettere in discussione i loro contratti con l'azienda di Jeff Bezos: la patria del capitalismo sociale, del welfare e della cogestione padroni/sindacati si scopre anche territorio del più bieco sfruttamento da capitalismo selvaggio, roba da terzo mondo. E' un colpo all'immagine di Amazon, ma anche all'attendibilità dei controlli delle autorità tedesche. L'ufficio di collocamento federale ha aperto in corsa. Il sindacato del terziario, la forte centrale Ver.Di, è entrata in azione, e sta obbligando Amazon a far eleggere rappresentanze sindacali nei suoi depositi. Partecipazione prevista al voto attorno al 60 per cento, nonostante azienda e vigilantes minaccino di rappresaglie i lavoratori che andranno alle elezioni sindacali. Almeno si è cominciato a votare nel centro logistico Amazon di Graben vicino ad Augsburg (Augusta), poi in quelli di Bad Hersfeld e Lipsia. E il sindacato prepara elezioni nel centro di Rheinberg. A Werne, Pforzheim e Coblenza ancora non si è mosso niente. L'arcipelago GuLag del turbocapitalismo sfrenato globale comincia a vacillare, grazie al coraggio dei media. "I vigilantes hanno minacciato anche noi, ma abbiamo continuato, con riprese e interviste di nascosto", narrano i colleghi del team della Ard. Quando i media pubblici sono veramente al servizio dell'informazione e non dei potenti, contro orrori, crimini e soprusi si può almeno combattere. Ma certo tra i milioni di persone che hanno ordinato da Amazon regali per Natale, chi sa quanti o quanto pochi avranno crisi di coscienza.
(16 febbraio 2013)
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