Il punto rimane lo stesso: meno salari e meno diritti
La ripresa? Solo quando si interverrà sul mercato del lavoro. Su questo punto sono d’accordo sia la Bce che Bankitalia, che ieri si sono esercitate sulla “divinazione” dell’uscita dalla crisi. Nessuno ci sta capendo niente, in realtà. E allora l’argomento diventa ottimo per speculazioni politiche e retoriche varie. Sull’attacco al lavoro, però, guarda caso sono tutti d’accordo. Se non si prosegue sulla strada della diminuzione dei salari, il ridimensionamento dei diritti, la privatizzazione del welfare, e l’aumento della flessibilità la ripresa sarà men che meno di un argomento da talk show.
Se si vuole incoraggiare la crescita i paesi dell'area euro devono procedere, raccomanda la Bce, a una "piu' rapida attuazione delle necessarie riforme strutturali al fine di promuovere la competitivita', la crescita e la creazione di posti di lavoro". La Banca centrale chiede anche la "rimozione delle rigidita' nel mercato del lavoro, la riduzione degli oneri amministrativi e il rafforzamento della concorrenza nel mercato dei beni e servizi di particolare giovamento per le piccole e medie imprese". Queste misure "sono essenziali per abbassare il livello attualmente elevato di disoccupazione specie nelle fasce piu' giovani della popolazione". Ieri, perfino il premier Letta ha parlato di una crescita senza lavoro, alludendo al fatto che il prossimo tavolo sindacale sarà fondamentale per dare un segnale al Paese. .
Insomma, pare di capire che il refolo di ripresa che tutti annunciano per fine anno/inizio 2014 sarà debole e non sufficiente a muovere la granitica disoccupazione che ormai in Europa è dell’ordine di 23 milioni di persone.
Il nodo della crisi rimane tutto finanziario, cioè in capo alle banche, da dove è cominciato tutto. Da questo punto di vista non c’è nessuna differenza tra Usa ed Europa. Tutti e due i sistemi hanno affrontato la crisi a partire dal mantenimento degli istituti di credito. In Usa sono stati salvati dalla mano pubblica, in Europa dai cittadini, sotto varie forme. In Italia pagando una tassa invisibile chiamata differenziale del costo del denaro.
Infatti, i tassi bancari sui prestiti alle societa' non finanziarie dalla fine del 2011 "rimangono su un livello superiore" a quello registrato in Francia e Germania. Anche sui mutui alle famiglie per l'acquisto di abitazioni i tassi bancari attivi in Italia e Spagna sono superiori a quelli di Francia e Germania. Piu' nel dettaglio i mutui ipotecari in questi due paesi a inizio 2010 "hanno registrato un aumento piu' brusco" che nelle due principali economie europee. Da fine 2011, nota la Bce, i tassi sui mutui ipotecari si sono contratti, anche se "in Italia e Spagna restano superiori ai livelli osservati nel 2010, sebbene i tassi di politica monetaria abbiano raggiunto i minimi storici". Quello delle banche pare, specialmente in Italia, un punto molto dolente. Si serrano infatti ulteriormente i cordoni della borsa: a giugno i prestiti al settore privato - rileva Bankitalia - hanno registrato una contrazione su base annua del 3% (a maggio la contrazione era stata del 2,4%). I prestiti alle famiglie sono scesi dell'1% sui 12 mesi (invariato rispetto al mese precedente), quelli alle societa' non finanziarie sono diminuiti del 4,1% (-3,6% a maggio). Il tasso di crescita su base annua delle sofferenze e' stato del 22% (in diminuzione rispetto al 22,4% nel mese precedente). A giugno le sofferenze bancarie in Italia hanno mostrato un lieve rallentamento del ritmo di crescita annuo, ma i prestiti al settore privato e in particolare alle imprese hanno visto un nuovo accentuarsi della contrazione.
L'Italia è tanto più dipendente dal sistema creditizio perché non sembra in grado di sviluppare, a causa della debolezza e della frammentazione della classe dirigente imprenditoriale, un suo ruolo definito all'interno della divisione internazionale della produzione. L'alto potere di ricatto di banche e flussi finanziari di tutti i generi non solo impediscono la ripresa se non a certe condizioni, ma definiscono precisamente quale deve essere il profilo dei vari settori economici avendo perso il Bel Paese via via tutti i "gioielli di famiglia" dentro la grande svendita delle privatizzazioni.
Se si vuole incoraggiare la crescita i paesi dell'area euro devono procedere, raccomanda la Bce, a una "piu' rapida attuazione delle necessarie riforme strutturali al fine di promuovere la competitivita', la crescita e la creazione di posti di lavoro". La Banca centrale chiede anche la "rimozione delle rigidita' nel mercato del lavoro, la riduzione degli oneri amministrativi e il rafforzamento della concorrenza nel mercato dei beni e servizi di particolare giovamento per le piccole e medie imprese". Queste misure "sono essenziali per abbassare il livello attualmente elevato di disoccupazione specie nelle fasce piu' giovani della popolazione". Ieri, perfino il premier Letta ha parlato di una crescita senza lavoro, alludendo al fatto che il prossimo tavolo sindacale sarà fondamentale per dare un segnale al Paese. .
Insomma, pare di capire che il refolo di ripresa che tutti annunciano per fine anno/inizio 2014 sarà debole e non sufficiente a muovere la granitica disoccupazione che ormai in Europa è dell’ordine di 23 milioni di persone.
Il nodo della crisi rimane tutto finanziario, cioè in capo alle banche, da dove è cominciato tutto. Da questo punto di vista non c’è nessuna differenza tra Usa ed Europa. Tutti e due i sistemi hanno affrontato la crisi a partire dal mantenimento degli istituti di credito. In Usa sono stati salvati dalla mano pubblica, in Europa dai cittadini, sotto varie forme. In Italia pagando una tassa invisibile chiamata differenziale del costo del denaro.
Infatti, i tassi bancari sui prestiti alle societa' non finanziarie dalla fine del 2011 "rimangono su un livello superiore" a quello registrato in Francia e Germania. Anche sui mutui alle famiglie per l'acquisto di abitazioni i tassi bancari attivi in Italia e Spagna sono superiori a quelli di Francia e Germania. Piu' nel dettaglio i mutui ipotecari in questi due paesi a inizio 2010 "hanno registrato un aumento piu' brusco" che nelle due principali economie europee. Da fine 2011, nota la Bce, i tassi sui mutui ipotecari si sono contratti, anche se "in Italia e Spagna restano superiori ai livelli osservati nel 2010, sebbene i tassi di politica monetaria abbiano raggiunto i minimi storici". Quello delle banche pare, specialmente in Italia, un punto molto dolente. Si serrano infatti ulteriormente i cordoni della borsa: a giugno i prestiti al settore privato - rileva Bankitalia - hanno registrato una contrazione su base annua del 3% (a maggio la contrazione era stata del 2,4%). I prestiti alle famiglie sono scesi dell'1% sui 12 mesi (invariato rispetto al mese precedente), quelli alle societa' non finanziarie sono diminuiti del 4,1% (-3,6% a maggio). Il tasso di crescita su base annua delle sofferenze e' stato del 22% (in diminuzione rispetto al 22,4% nel mese precedente). A giugno le sofferenze bancarie in Italia hanno mostrato un lieve rallentamento del ritmo di crescita annuo, ma i prestiti al settore privato e in particolare alle imprese hanno visto un nuovo accentuarsi della contrazione.
L'Italia è tanto più dipendente dal sistema creditizio perché non sembra in grado di sviluppare, a causa della debolezza e della frammentazione della classe dirigente imprenditoriale, un suo ruolo definito all'interno della divisione internazionale della produzione. L'alto potere di ricatto di banche e flussi finanziari di tutti i generi non solo impediscono la ripresa se non a certe condizioni, ma definiscono precisamente quale deve essere il profilo dei vari settori economici avendo perso il Bel Paese via via tutti i "gioielli di famiglia" dentro la grande svendita delle privatizzazioni.
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