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La fattucchiera di Castel Guelfo di Bologna, l’infaticabile venditrice di panzane televisive deve in questi giorni essersi specchiata nel Caimano e deve a buona ragione essersi chiesta se il destino crudele che tanto ha in comune con lui, non possa trovare, presso la Corte europea, risarcimento e riscatto.
La circostanza, ovviamente, muove al riso. Ma se ci pensate bene il profilo dei personaggi si sovrappone davvero. Con una differenza: che la grottesca dispensatrice di magie non era nessuno, mentre il Caudillo di Arcore, con non dissimili sortilegi, è riuscito a governare il Paese per dieci anni e lo ha tenuto in scacco per venti, senza che la partita possa ancora ritenersi chiusa. C’è poi fra i due un’altra differenza: Vanna Marchi è stata travolta da lazzi e sberleffi ed ha pagato il suo debito con la giustizia, Berlusconi trova invece ancora adepti adoranti, nonché compiacenti avversari, preoccupati di come evitargli di scontare la pena e assicurargli una nuova chance in politica. Noi speriamo che l’iniziativa di Micaela Biancofiore (una delle amazzoni di re Silvio) e quella della signora Stefania nobile (figlia di Vanna Marchi) di portare il caso davanti all’alto tribunale europeo vada a buon fine. Attenderemmo con una punta di cinico divertimento il giudizio dell’autorevole Corte. Del resto è giusto che le tragedie, una volta consumate, si abbattano in versione farsesca su coloro che se ne sono resi responsabili. Entrambi, la Vanna e il Silvio nazionali accomunati dalla medesima sorte, meriterebbero una piece teatrale dedicata allo sfruttamento della credulità popolare.
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