Da Latinoamerica
14-10
L’America Latina non poteva funzionare. Era stata creata dai colonizzatori
per non funzionare, per essere eternamente subalterna al mondo “civilizzato”,
per consegnare le sue materie prime e la sua forza lavoro super sfruttata e
onorare i suoi signori europei. L’America Latina è stata colonizzata per essere
colonia e sentirsi colonizzata e sottomettersi alle metropoli e all’impero.
E
ancora, quando le alternative sembravano scomparire, all’America Latina sarebbe
rimasto solo, in forma meccanica, il modello unico consacrato dal centro del
capitalismo. E così è stata per lungo tempo. L’America Latina è stato il
continente con più governi neoliberali e quello con le modalità più
radicali.
Un’ondata devastante che ha liquidato, fra l’altro, lo Stato
sociale cileno e l’autosufficienza energetica dell’Argentina, oltre a lasciare
il continente come una regione senza importanza sul piano internazionale, di
basso profilo, subordinata alle potenze del centro del sistema, aumentando
sempre più la disuguaglianza e la miseria fra di noi.
Ma ad un tratto il
fallimento dei governi neoliberali ha prodotto l’elezione di una serie di
governi che sono stati eletti con l’impegno di andar oltre questo modello per
costruire società più giuste, meno disuguali, sovrane sul piano
internazionale.
E’ così che la regione è diventata l’unica al mondo con
governi anti neoliberali che per di più sono passati a costruire processi di
integrazione regionale autonomi rispetto agli Stati Uniti. Anche quando è sorta
la profonda e prolungata crisi economica –che ha da poco compiuto cinque anni di
durata- nei paesi del centro del capitalismo, quei paesi latinoamericani anti
neoliberali hanno continuato ad espandere le proprie economie e, soprattutto, a
combattere la miseria e la disuguaglianza.
Al principio –a destra e a
sinistra- questo fenomeno ha generato sconcerto fra i suoi avversari. Non era
possibile che con la recessione mondiale –che aveva sempre trascinato i nostri
paesi alla stagnazione e all’arretramento-, paesi come l’Argentina, la Bolivia,
il Brasile, l’Uruguay, l’Ecuador e il Venezuela resistevano alla crisi.
Dopo
aver denunciato questi governi come propagatori di illusioni, hanno dovuto
accettare il fatto che la nostra situazione è diversa da quella dei paesi del
centro del sistema e da quelli, nella regione, i cui governi mantenevano il
proprio orientamento neoliberale. Non potevano più dire che le situazioni
favorevoli dei nostri paesi si dovevano a un quadro internazionale favorevole,
perché quel quadro era cambiato radicalmente.
C’è stato chi ha chiuso gli
occhi davanti ai grandi progressi sociali di paesi del continente più disuguale
del mondo, cercando di squalificarne le politiche, riducendo gli orientamenti di
quei governi a quelli che considerano modelli esportatori basati sulla
devastazione delle risorse naturali. Come risultato, tutti quelli che propugnano
questa tesi sono stati rifiutati dai popoli di quei paesi che erano stati
ridotti a una forza senza appoggio popolare né espressione politica.
Gli
uccelli da preda stavano sempre aspettando indizi di problemi che avrebbero
potuto –anche dopo un decennio di successi delle politiche post neoliberali di
quei governi- convalidare le loro nere previsioni. Si è formata una coalizione
internazionale fra forze di destra e di ultrasinistra per attaccare i governi
progressisti dell’America Latina, perché il successo di leaders come Hugo
Chávez, Lula, Dilma, Néstor e Cristina Kirchner, Evo Morales, Rafael Correa,
Pepe Mujica fra gli altri, rendeva insostenibili le loro posizioni.
Era
sufficiente che sorgesse un problema in uno di questi paesi, qualunque ne fosse
la ragione –comprese le pressioni recessive continuate dal centro del sistema-
perché si moltiplicassero gli articoli di stampa o le previsioni di oppositori
senza appoggio popolare, dicendo che finalmente stava esaurendosi il modello
alternativo di crescita con distribuzione di rendita di quei governi.
Perché
per loro era insopportabile che Carlos Andrés Pérez, Acción Democrática e Coppei
avessero fallito mentre Hugo Chávez funzionava. Che Cardoso avesse fallito e
Lula funzionasse. Che i loro amati Carlos Ménem e De la Rúa avessero fallito
spettacolarmente e che Néstor e Cristina funzionassero. Che Sánchez de Losada
fosse stato sbattuto fuori dal governo espulso dal popolo per rifugiarsi negli
Stati Uniti, e Evo Morales funzionasse. Che i governi di destra in Uruguay
fossero falliti e quelli del Frente Amplio funzionassero. Che la stessa cosa
succedesse in Ecuador con il successo di Rafael Correa.
Non si tratta più di
governi effimeri, sono stati tutti già rieletti e/o sono stati eletti i loro
successori ed hanno ancora la possibilità di far durare i loro governi o di
eleggere i propri successori promuovendo un secondo decennio post neoliberale in
America Latina.
Eppure, secondo la ricetta neoliberale e dell’ultrasinistra,
quei governi non potevano funzionare. Dovevano fallire per dimostrare la verità
del “pensiero unico” e del Consenso di Washington. I governi popolari di ampia
alleanza politica non potevano consolidarsi e ottenere un grande e rinnovato
appoggio popolare. Perché si supponeva fossero diretti da leaders che avevano
“tradito” la fiducia popolare. Invece, nella realtà, i popoli li hanno scelti e
confermati come leaders.
Questa situazione si è talmente consolidata che le
opposizioni in ogni paese non trovano spazio né guida né piattaforme
alternative. O tacciono rispetto a quello che farebbero in caso di vittoria o
confessano che non tornerebbero alle formule neoliberali: meno Stato, dure
misure fiscali, privatizzazioni, politica estera di nuovo subordinata agli Stati
Uniti.
Il fatto è che i governi post neoliberali sono riusciti a diventare
egemonici in ciascuno dei nostri paesi. Gliene deriva la propria legittimità e
la capacità di affrontare i problemi che hanno di fronte, nonché le forme del
rinnovamento per continuare a dare continuità ai loro programmi di priorità
delle politiche sociali, dei processi di integrazione regionale e del ruolo
dello Stato come induttore della crescita economica e garanzia dei diritti
sociali di tutti. Smentendo tutti coloro che credevano che l’America Latina non
poteva esserne capace.
di Emir Sader
(Granma, 12.10.13)
Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...
(di classe) :-))
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...
(di classe) :-))
Francobolllo
Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.
Nessun commento:
Posta un commento