Dom 23 Mag 10 Voi siete qui
di Alessandro Robecchi, pubblicato in Il Manifesto
Dunque la sostanza è questa: non si potrà parlare di un imputato fino al rinvio a giudizio. Cosa significa questo? Che nessun giornale – pena multe salatissime e galera per i cronisti – potrà più parlare di Silvio Berlusconi. Avremo così un consiglio dei ministri presieduto da un tizio di cui non si può parlare, in ottemperanza alla nuova legge sulla stampa. Veronica divorzia da un tipo che non si può dire. Un tizio che non si può dire fa cucù alla Merkel. Un tipetto vivace che non si può dire fa una figura di merda con Obama. E’ un po’ come il caso Mills, un avvocato corrotto da un tizio che non si può dire. Non si può dire chi è il padrone del Milan, non si può dire chi si veste da pagliaccio con la bandana e non si può dire chi si trapianta i capelli, il che risparmierà un sacco di lavoro ai grafici di Panorama che non dovranno più far sembrare un capellone con il fotoshop a un tizio che non si può dire, e che in copertina non ci potrà andare. Un pensiero di sincera solidarietà va ai conduttori dei Tg Mediaset (e del Tg1) che dovranno arrampicarsi sugli specchi: “I successi del governo presieduto da un tipo che non si può dire”, oppure “Un tipo che non si può dire ha salvato la Grecia”. Un tipo che non si può dire farà ridere tutti confondendo Google e Gogol. La povera Mondadori, presieduta dalla figlia di un tizio che non si può dire, non potrà più editare capolavori letterari come L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia, collage di messaggi affettuosi spediti a un attempato nonnetto che non si può dire. Basterà applicare severamente la legge, insomma, per diventare una volta per tutte il Paese che non si può dire, e chissà che questo non aumenti il tasso di decenza del pianeta. Avremo il “made in non si può dire” che trionfa nel mondo, e il G8 sarà un G7 più uno, perché se non si può dire non si può nemmeno contare. E alla fine, insomma, avremo quello che ci spetta: un dittatorello un po’ ridicolo che non si può dire e una legge fascista che invece si può dire. In Corea del Nord, per esempio, ne dicono un gran bene.
di Alessandro Robecchi, pubblicato in Il Manifesto
Dunque la sostanza è questa: non si potrà parlare di un imputato fino al rinvio a giudizio. Cosa significa questo? Che nessun giornale – pena multe salatissime e galera per i cronisti – potrà più parlare di Silvio Berlusconi. Avremo così un consiglio dei ministri presieduto da un tizio di cui non si può parlare, in ottemperanza alla nuova legge sulla stampa. Veronica divorzia da un tipo che non si può dire. Un tizio che non si può dire fa cucù alla Merkel. Un tipetto vivace che non si può dire fa una figura di merda con Obama. E’ un po’ come il caso Mills, un avvocato corrotto da un tizio che non si può dire. Non si può dire chi è il padrone del Milan, non si può dire chi si veste da pagliaccio con la bandana e non si può dire chi si trapianta i capelli, il che risparmierà un sacco di lavoro ai grafici di Panorama che non dovranno più far sembrare un capellone con il fotoshop a un tizio che non si può dire, e che in copertina non ci potrà andare. Un pensiero di sincera solidarietà va ai conduttori dei Tg Mediaset (e del Tg1) che dovranno arrampicarsi sugli specchi: “I successi del governo presieduto da un tipo che non si può dire”, oppure “Un tipo che non si può dire ha salvato la Grecia”. Un tipo che non si può dire farà ridere tutti confondendo Google e Gogol. La povera Mondadori, presieduta dalla figlia di un tizio che non si può dire, non potrà più editare capolavori letterari come L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia, collage di messaggi affettuosi spediti a un attempato nonnetto che non si può dire. Basterà applicare severamente la legge, insomma, per diventare una volta per tutte il Paese che non si può dire, e chissà che questo non aumenti il tasso di decenza del pianeta. Avremo il “made in non si può dire” che trionfa nel mondo, e il G8 sarà un G7 più uno, perché se non si può dire non si può nemmeno contare. E alla fine, insomma, avremo quello che ci spetta: un dittatorello un po’ ridicolo che non si può dire e una legge fascista che invece si può dire. In Corea del Nord, per esempio, ne dicono un gran bene.
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