da Pino Nicotri - Fonte Pinonicotri
La profonda ipocrisia e disonestà, nel senso anche di malafede, dell’Occidente, cioè dell’Europa e degli Usa, appaiono in tutta la loro grave enormità dal confronto tra queste due date e relative rimembranze: 11 settembre 2001 e 17 settembre 1982. La prima data è - come sanno anche i sassi - quella dell’abbattimento delle Twin Tower di New York. Ma la seconda? Chi di noi occidentali se la ricorda? No, non è la presa di Porta Pia, quella è del 19 settembre, se non erro. Non ricordate, vero? E’ il giorno della strage di Sabra e Chatila.
La profonda ipocrisia e disonestà, nel senso anche di malafede, dell’Occidente, cioè dell’Europa e degli Usa, appaiono in tutta la loro grave enormità dal confronto tra queste due date e relative rimembranze: 11 settembre 2001 e 17 settembre 1982. La prima data è - come sanno anche i sassi - quella dell’abbattimento delle Twin Tower di New York. Ma la seconda? Chi di noi occidentali se la ricorda? No, non è la presa di Porta Pia, quella è del 19 settembre, se non erro. Non ricordate, vero? E’ il giorno della strage di Sabra e Chatila.
Vale a dire, della terribile mattanza - tra i 3 e i 6 mila civili ammazzati a sangue freddo, le donne e le bambine dopo essere state stuprate, le donne incinta dopo essere state sventrate e massacrate con il feto messo loro in braccio - fatta eseguire a Beirut dai militari israeliani alle milizie collaborazioniste dei falangisti cristiani nei campi profughi palestinesi di Sabra e Chatila. Falangisti cristiani… Questo è dunque il cristianesimo in Libano?
Per i 2.750 morti delle Twin Tower (cifra recente di Repubblica), che l’approssimazione giornalistica anche della Rai fa diventare sempre “oltre 3.000 morti”, è stata immediatamente scatenata l’invasione dell’Afganistan e ogni anno si fanno celebrazioni e ricordi vari non solo nei giorni che cadono l’11 settembre. In più, suoniamo a rotta di collo la grancassa del dolore, esibito in modo fin troppo eccessivo, e delle accuse all’islam intero. Al punto da scatenare una campagna contro “la moschea a Ground Zero”, sorvolando disinvoltamente - as usual - che non si tratta niente affatto di Ground Zero. E’ come urlare contro una moschea in piazza S. Pietro a Roma mentre invece si intende farla in corso Vittorio Emanuele, o a Milano contro una moschea in piazza Duomo mentre invece si tratta di farla in piazza Cavour o in piazzale Augusto. Insomma, il solito nostro barare. Per il massacro a sangue freddo di Sabra e Chatila, uno dei vari fatti compiere dagli israeliani ai cristiani falangisti o compiuti in prima persona in Libano, non è invece successo nulla. Anzi, il suo responsabile, il generale israeliano Ariel Sharon e vari altri ufficiali dei servizi segreti e dello stato maggiore, è in seguito diventato capo del governo israeliano! Reputo grave che un popolo affidi il proprio governo a un soldataccio con le mani così lorde di sangue, ma questi sono affari del popolo israeliano. Che però a un certo punto su questa orripilante vicenda ha prodotto persone capaci di autocritica e dolore, come il regista Ariel Folman con il bel film Valzer con Bashir. Noi invece navigando in senso opposto abbiamo prodotto i Giuliano Ferrara, Paolo Guzzanti, ecc.
Insomma, il solito due pesi e due misure elevato all’ennesima potenza, che individua, descrive e misura alla perfezione il nostro abisso morale e la vera natura della nostra politica in Medio Oriente. Si noti che il massacro di Sabra e Chatila - durato qualche giorno e non un paio d’ore - è stato reso possibile dal fatto che la Casa Bianca decise di evacuare da Beirut con 15 giorni di anticipo i suoi militari fatti arrivare per proteggere la disgraziata e affamata popolazione civile dei campi profughi dai massacratori falangisti cristiani e dagli stessi militari israeliani, che con un esercito di 30 mila soldati e centinaia di carri armati, appoggiati da un nugolo di aerei ed elicotteri fa guerra, avevano da qualche tempo invaso il Libano. Il loro traguardo era schiacciare la Resistenza palestinese e far fuori anche Arafat. Dopo una serie di trattative questi evacuò dalla città i suoi uomini e le armi imbarcandosi nel porto di Beirut per trasferirsi a Tunisi, e i campi profughi rimasero privi di protezione militare motivo per cui per proteggerne la popolazione arrivarono le truppe di alcuni Paesi, Stati Uniti soprattutto. Insomma, partendo all’improvviso, con due settimane di anticipo su quanto concordato, gli Usa hanno la grave responsabilità di avere spianato di fatto la strada alle belve. Fermo restando che il tracollo morale dell’Occidente verso il mondo arabo e islamico è iniziato con la spedizione di Napoleone in Egitto ed è proseguito senza sosta fino ad oggi, è esploso con il colonialismo inglese e francese per diventare il cancro che ancora oggi ci consuma con la politica angloamericana in Medio Oriente. Nel passato recente c’è da dire che come Londra ha la responsabilità delle tragedie etniche e territoriali dell’Iraq e dell’India/Pakistan, così Parigi ha la responsabilità del sistema politico confessionale che dilania il Libano da decenni anche con guerre civili: i cosiddetti cristiani, infatti, non vogliono assolutamente perdere il predominio assegnato loro dal colonialismo dei cattolici francesi.
La sporcizia intellettuale, la disonestà politica e l’opportunismo voltagabbanesco di noi occidentali, e italiani in particolare, è descritta alla perfezione dalla parabola dell’arcitaliano, come lui stesso si pregia definirsi, Giuliano Ferrara. E mi scuso se in un tale contesto nomino un personaggio così imbarazzante. Ferrara è partito prendendo a suo tempo a pugni in diretta tv un direttore di orchestra che rifiutava di dedicare ai martiri di Sabra e Chatila il concerto in esecuzione in piazza a Torino ed è arrivato a organizzare a Roma l’Israele Day, e fin qui passi, ma poi anche l’ossequio ruffiano e conformista, se non anche leccacingoli, a qualunque eccesso e crimine dei dirigenti politici e militari israeliani. Insomma, un paladino tra la Oriana Fallaci e la Giovanna d’Arco dell’ultrasionismo arabofobo duro e puro, che ci spinge alla guerra globale con l’islam. Non è cambiato solo Ferrara, del quale non frega niente a nessuno, ma anche gran parte di noi, sinistra compresa. Marco Travaglio, l’eroe dell’antiberlusconismo duro e puro, ha applaudito anche lui il massacro di Gaza definendo l’invasione israeliana una giusta risposta ad una aggressione. Lo ha cioè definito negli stessi termini in cui di recente l’ha definita Berlusconi e prima di lui il voltagabbana Paolo Guzzanti e la colona ultrasionista arabofoba Fiamma Nirenstein, portata da Berlusconi nel nostro parlamento nonostante risieda in una colonia vicino Betrlemme.
A Beirut e in Libano ho fatto il giro di vari campi profughi e degli annessi luoghi delle varie stragi e massacri di palestinesi compiuti dagli invasori israeliani e annessi fiancheggiatori cristiani. Ne sono uscito abbastanza scosso. Mi venivano in mente spesso le parole di un film: “Ho visto cose che voi umani….”. Umani? Il livello di vita degli ormai oltre 400 mila profughi palestinesi, ammassati nei campi in condizioni semplicemente disastrose, è nella stragrande maggior parte dei casi miserabile. L’aumento demografico ha nel frattempo raddoppiato i palestinesi, che però sono costretti a vivere negli stessi spazi angusti dei campi perché è vietato ampliarli. Anzi, gli spazi sono diminuiti perché ci sono campi non più ricostruiti in tutto o in parte dopo le tragedie dell’82. Solo da poco tempo i palestinesi hanno acquisito il diritto al lavoro, ma solo dietro domanda al ministero del Lavoro e annessa autorizzazione, se concessa. In ogni caso i palestinesi devono lavorare sotto padrone e NON possono svolgere professioni autonome come fare il medico, l’avvocato, l’ingegnere, ecc. Non credevo alle mie orecchie quando mi hanno detto che per comprare un televisore o un frigorifero i palestinesi devono avere l’autorizzazione dei servizi segreti libanesi! Il problema è che per evitare “l’inquinamento” di oltre 400 mila musulmani i cristiani non vogliono assolutamente che i palestinesi abbiano i diritti civili: da ormai 60 anni. Grazie ai cristiani, in Libano i palestinesi sono trattati decisamente peggio che in Giordania e Siria, dove esistono gli altri loro campi profughi. I palestinesi, ammassati in ghetti e sottoposti a mille divieti e al continuo furto della loro terra perfino a casa loro in Palestina, sono diventati di fatto gli ebrei moderni, una diaspora di massa della nostra era: per loro però niente “diritto al ritorno”…. Il lato comico, si fa per dire, è che i palestinesi NON vogliono diventare libanesi, non ci pensano neppure da lontano, vogliono infatti restare palestinesi in attesa del chimerico tornare a casa, cioè in Palestina. Nel frattempo però, ovviamente, vogliono i diritti civili, ma sono trattati dai cristiani libanesi come neppure Umberto Bossi si sognerebbe di fare con gli extracomunitari o i rom in Italia.Il viaggio è stato organizzato dal comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, che dal 2000 organizza ogni anno una visita pellegrinaggio sui luoghi dei massacri grazie all’impegno del grande giornalista Stefano Chiarini, purtroppo scomparso poco tempo fa, e dal Forum Palestina. Chiarini, amato in LIbano non solo da tutti i palestinesi, con la sua inossidabile volontà è riuscito - tra l’altro - a far diventare un sacrario la discarica di Chatila dove erano stati gettati a mo’ di immondizie ciò che restava dei corpi delle migliaia di palestinesi vittime della “soluzione finale” voluta da Sharon ed eseguita dai miliziaoni cristiani. Dagli incontri cui ho assistito e partecipato tra personalità libanesi ed esponenti del comitato sono venute fuori alcune buone notizie. La prima è che il leader del movimento Almustaqbal, una delle maggiori basi dell’attuale governo di Saad Hariri, figlio del precedente capo del governo Rafic Hariri ucciso in un attentato assieme a sette uomini della sua scorta, si è impegnato a farci trovare per la visita dell’anno prossimo il pieno diritto dei palestinesi al lavoro, segno che l’opera di Chiarini e la credibilità del comitato sono notevoli. Da notare che il leader di Almustaqbal è un Hariri, cugino dell’attuale primo ministro. La seconda buona notizia è che Walid Jumblat, il leader della minoranza drusa, progressista, s’è impegnato anche lui per la piena conquista dei diritti civili per i profughi palestinesi, per i quali è da sempre all’opera, pur avvertendo che il processo sarà lento. Infine, Talal Salman, direttore ed editore del quotidiano Assafir, il più autorevole del Libano (non ha mai interrotto le pubblicazioni neppure durante la guerra civile), ha spiegato che secondo lui l’attacco all’Iran non ci sarà. Opinione ripetuta giorni dopo da Jumblat.
Sono stato tra l’altro a Kana, il paesino nel quale gli israeliani nel corso dell’ultima invasione del Libano hanno bombardato due palazzi con la scusa che “da lì sparavano contro i nostri soldati”, con il risultato di fare un massacro di decine di civili, soprattutto bambini. Che quella israeliana fosse una scusa lo faceva intuire l’orribile frase di uno dei massimi comandanti militari - “Per ogni nostro caduto uccideremo cento di loro” - inferocito per l’imprevista resistenza opposta dalle milizie di Hetzbollah. In realtà, come è facile appurare andando a Kana, gli israeliani volevano uccidere i due comandanti militari di Hetzbollah che abitavano con le loro famiglie in quegli affollati palazzi, e per uccidere loro hanno massacrato decine di civili innocenti. Ne pubblico parte delle foto. Così come pubblico parte delle foto che mostrano le orrende condizioni di vita nei campi profughi palestinesi e come è ridotto ancora oggi il campo di Chatila. Non c’è bisogno di didascalie. Purtroppo.
Il campo profughi di Sabra non è stato più ricostruito, tanto era stato ridotto a macerie e a montagne di cadaveri. Gli israeliani avevano chiuso in una morsa di acciaio i due campi respingendo indietro, mandandoli così a morte certa, i disgraziati terrorizzati che cercavano scampo fuggendo. Il regista di Valzer con Bashir racconta le telefonate di militari di truppa come lui per avvertire Sharon che “sta accadendo qualcosa di allarmante” e la gelida risposta di Sharon: “La ringrazio della telefonata”. Della quale peraltro non aveva bisogno: è assodato che con il suo stato maggiore si godeva lo spettacolo del massacro osservandolo con il binocolo dai piani alti di un palazzone immediatamente fuori dal campo. Che a un certo punto gli israeliani di notte hanno illuminato dall’alto con i fari fotoelettrici per permettere allo sciame di pluriassassini di condurre meglio il lavoro loro affidato. C’è chi crede, anche tra gli israeliani, che forse tutto ciò è il motivo per cui Dio ha ridotto da anni Sharon in coma irreversibile e per farlo soffrire il più possibile non si decide a farlo spirare: il “grande condottiero” è da anni solo un misero tronco umano, che di umano ormai non ha neppure il poco che aveva prima, tenuto accanitamente in vita artificiale a mo’ di totem e reperto archeologico nazionale. Riguardo tale convinzione circa l’operato di Dio, no comment.
Per i morti delle Twin Tower è stato invaso l’Afganistan, poi anche l’Iraq. Per quelli della guerra civile in Kosovo è stato messo in moto e fatto funzionare il Tribunale Internazionale. Per Sharon e i massacratori di Sabra e Chatila non è successo nulla. Stefano Chiarini e altri erano riusciti a fare intervenire la giustizia del Belgio, che per i delitti contro l’umanità può intevenire ovunque, ma tutto è stato messo a tacere: Israele e gli Usa sono troppo potenti: loro non si lasciano processare, quale che sia l’atrocità commessa. Qualcuno dovrebbe ricordare loro che quando la nostra Democrazia Cristiana era sotto scandali vari il suo leader Aldo Moro in parlamento scandì con orgoglio che “la Democrazia Cristiana non si fa processare!”, e che sia Moro che la DC hanno fatto la fine che hanno fatto: meglio sarebbe stato se avessero accettato di essere processati. Anche Silvio Berlusconi, come è ormai evidente da anni, non si lascia processare, ma tralasciamo.
Alcuni dei massacratori sono diventati ministri del Libano mentre altri campano comunque tranquilli. Almeno uno fa il taxista e ancora oggi si vanta di averne “sgozzati un sacco” e che il problema era “se stuprare le donne prima o lavorare subito di coltello o ascia”. Coltello o ascia? “Eh sì, perché gli israeliani ci avevano fornito di quelle armi per evitare che usando le armi da fuoco suscitassimo allarme e capissero anche fuori dal campo che era in corso un massacro. Però alla fine per sbrigarci abbiamo usato anche le armi da fuoco e gli esplosivi per cercare di cancellare la tracce”.Che però non sono cancellabili. Non negli animi degli esseri umani non accecati dall’odio e dal fanatismo.
Due pesi e due misure: una tenaglia che stritola la nostra morale. E la nostra credibilità.
Non è il caso di volere giustizia? Non vendetta: ma giustizia.
Insomma, il solito due pesi e due misure elevato all’ennesima potenza, che individua, descrive e misura alla perfezione il nostro abisso morale e la vera natura della nostra politica in Medio Oriente. Si noti che il massacro di Sabra e Chatila - durato qualche giorno e non un paio d’ore - è stato reso possibile dal fatto che la Casa Bianca decise di evacuare da Beirut con 15 giorni di anticipo i suoi militari fatti arrivare per proteggere la disgraziata e affamata popolazione civile dei campi profughi dai massacratori falangisti cristiani e dagli stessi militari israeliani, che con un esercito di 30 mila soldati e centinaia di carri armati, appoggiati da un nugolo di aerei ed elicotteri fa guerra, avevano da qualche tempo invaso il Libano. Il loro traguardo era schiacciare la Resistenza palestinese e far fuori anche Arafat. Dopo una serie di trattative questi evacuò dalla città i suoi uomini e le armi imbarcandosi nel porto di Beirut per trasferirsi a Tunisi, e i campi profughi rimasero privi di protezione militare motivo per cui per proteggerne la popolazione arrivarono le truppe di alcuni Paesi, Stati Uniti soprattutto. Insomma, partendo all’improvviso, con due settimane di anticipo su quanto concordato, gli Usa hanno la grave responsabilità di avere spianato di fatto la strada alle belve. Fermo restando che il tracollo morale dell’Occidente verso il mondo arabo e islamico è iniziato con la spedizione di Napoleone in Egitto ed è proseguito senza sosta fino ad oggi, è esploso con il colonialismo inglese e francese per diventare il cancro che ancora oggi ci consuma con la politica angloamericana in Medio Oriente. Nel passato recente c’è da dire che come Londra ha la responsabilità delle tragedie etniche e territoriali dell’Iraq e dell’India/Pakistan, così Parigi ha la responsabilità del sistema politico confessionale che dilania il Libano da decenni anche con guerre civili: i cosiddetti cristiani, infatti, non vogliono assolutamente perdere il predominio assegnato loro dal colonialismo dei cattolici francesi.
La sporcizia intellettuale, la disonestà politica e l’opportunismo voltagabbanesco di noi occidentali, e italiani in particolare, è descritta alla perfezione dalla parabola dell’arcitaliano, come lui stesso si pregia definirsi, Giuliano Ferrara. E mi scuso se in un tale contesto nomino un personaggio così imbarazzante. Ferrara è partito prendendo a suo tempo a pugni in diretta tv un direttore di orchestra che rifiutava di dedicare ai martiri di Sabra e Chatila il concerto in esecuzione in piazza a Torino ed è arrivato a organizzare a Roma l’Israele Day, e fin qui passi, ma poi anche l’ossequio ruffiano e conformista, se non anche leccacingoli, a qualunque eccesso e crimine dei dirigenti politici e militari israeliani. Insomma, un paladino tra la Oriana Fallaci e la Giovanna d’Arco dell’ultrasionismo arabofobo duro e puro, che ci spinge alla guerra globale con l’islam. Non è cambiato solo Ferrara, del quale non frega niente a nessuno, ma anche gran parte di noi, sinistra compresa. Marco Travaglio, l’eroe dell’antiberlusconismo duro e puro, ha applaudito anche lui il massacro di Gaza definendo l’invasione israeliana una giusta risposta ad una aggressione. Lo ha cioè definito negli stessi termini in cui di recente l’ha definita Berlusconi e prima di lui il voltagabbana Paolo Guzzanti e la colona ultrasionista arabofoba Fiamma Nirenstein, portata da Berlusconi nel nostro parlamento nonostante risieda in una colonia vicino Betrlemme.
A Beirut e in Libano ho fatto il giro di vari campi profughi e degli annessi luoghi delle varie stragi e massacri di palestinesi compiuti dagli invasori israeliani e annessi fiancheggiatori cristiani. Ne sono uscito abbastanza scosso. Mi venivano in mente spesso le parole di un film: “Ho visto cose che voi umani….”. Umani? Il livello di vita degli ormai oltre 400 mila profughi palestinesi, ammassati nei campi in condizioni semplicemente disastrose, è nella stragrande maggior parte dei casi miserabile. L’aumento demografico ha nel frattempo raddoppiato i palestinesi, che però sono costretti a vivere negli stessi spazi angusti dei campi perché è vietato ampliarli. Anzi, gli spazi sono diminuiti perché ci sono campi non più ricostruiti in tutto o in parte dopo le tragedie dell’82. Solo da poco tempo i palestinesi hanno acquisito il diritto al lavoro, ma solo dietro domanda al ministero del Lavoro e annessa autorizzazione, se concessa. In ogni caso i palestinesi devono lavorare sotto padrone e NON possono svolgere professioni autonome come fare il medico, l’avvocato, l’ingegnere, ecc. Non credevo alle mie orecchie quando mi hanno detto che per comprare un televisore o un frigorifero i palestinesi devono avere l’autorizzazione dei servizi segreti libanesi! Il problema è che per evitare “l’inquinamento” di oltre 400 mila musulmani i cristiani non vogliono assolutamente che i palestinesi abbiano i diritti civili: da ormai 60 anni. Grazie ai cristiani, in Libano i palestinesi sono trattati decisamente peggio che in Giordania e Siria, dove esistono gli altri loro campi profughi. I palestinesi, ammassati in ghetti e sottoposti a mille divieti e al continuo furto della loro terra perfino a casa loro in Palestina, sono diventati di fatto gli ebrei moderni, una diaspora di massa della nostra era: per loro però niente “diritto al ritorno”…. Il lato comico, si fa per dire, è che i palestinesi NON vogliono diventare libanesi, non ci pensano neppure da lontano, vogliono infatti restare palestinesi in attesa del chimerico tornare a casa, cioè in Palestina. Nel frattempo però, ovviamente, vogliono i diritti civili, ma sono trattati dai cristiani libanesi come neppure Umberto Bossi si sognerebbe di fare con gli extracomunitari o i rom in Italia.Il viaggio è stato organizzato dal comitato “Per non dimenticare Sabra e Chatila”, che dal 2000 organizza ogni anno una visita pellegrinaggio sui luoghi dei massacri grazie all’impegno del grande giornalista Stefano Chiarini, purtroppo scomparso poco tempo fa, e dal Forum Palestina. Chiarini, amato in LIbano non solo da tutti i palestinesi, con la sua inossidabile volontà è riuscito - tra l’altro - a far diventare un sacrario la discarica di Chatila dove erano stati gettati a mo’ di immondizie ciò che restava dei corpi delle migliaia di palestinesi vittime della “soluzione finale” voluta da Sharon ed eseguita dai miliziaoni cristiani. Dagli incontri cui ho assistito e partecipato tra personalità libanesi ed esponenti del comitato sono venute fuori alcune buone notizie. La prima è che il leader del movimento Almustaqbal, una delle maggiori basi dell’attuale governo di Saad Hariri, figlio del precedente capo del governo Rafic Hariri ucciso in un attentato assieme a sette uomini della sua scorta, si è impegnato a farci trovare per la visita dell’anno prossimo il pieno diritto dei palestinesi al lavoro, segno che l’opera di Chiarini e la credibilità del comitato sono notevoli. Da notare che il leader di Almustaqbal è un Hariri, cugino dell’attuale primo ministro. La seconda buona notizia è che Walid Jumblat, il leader della minoranza drusa, progressista, s’è impegnato anche lui per la piena conquista dei diritti civili per i profughi palestinesi, per i quali è da sempre all’opera, pur avvertendo che il processo sarà lento. Infine, Talal Salman, direttore ed editore del quotidiano Assafir, il più autorevole del Libano (non ha mai interrotto le pubblicazioni neppure durante la guerra civile), ha spiegato che secondo lui l’attacco all’Iran non ci sarà. Opinione ripetuta giorni dopo da Jumblat.
Sono stato tra l’altro a Kana, il paesino nel quale gli israeliani nel corso dell’ultima invasione del Libano hanno bombardato due palazzi con la scusa che “da lì sparavano contro i nostri soldati”, con il risultato di fare un massacro di decine di civili, soprattutto bambini. Che quella israeliana fosse una scusa lo faceva intuire l’orribile frase di uno dei massimi comandanti militari - “Per ogni nostro caduto uccideremo cento di loro” - inferocito per l’imprevista resistenza opposta dalle milizie di Hetzbollah. In realtà, come è facile appurare andando a Kana, gli israeliani volevano uccidere i due comandanti militari di Hetzbollah che abitavano con le loro famiglie in quegli affollati palazzi, e per uccidere loro hanno massacrato decine di civili innocenti. Ne pubblico parte delle foto. Così come pubblico parte delle foto che mostrano le orrende condizioni di vita nei campi profughi palestinesi e come è ridotto ancora oggi il campo di Chatila. Non c’è bisogno di didascalie. Purtroppo.
Il campo profughi di Sabra non è stato più ricostruito, tanto era stato ridotto a macerie e a montagne di cadaveri. Gli israeliani avevano chiuso in una morsa di acciaio i due campi respingendo indietro, mandandoli così a morte certa, i disgraziati terrorizzati che cercavano scampo fuggendo. Il regista di Valzer con Bashir racconta le telefonate di militari di truppa come lui per avvertire Sharon che “sta accadendo qualcosa di allarmante” e la gelida risposta di Sharon: “La ringrazio della telefonata”. Della quale peraltro non aveva bisogno: è assodato che con il suo stato maggiore si godeva lo spettacolo del massacro osservandolo con il binocolo dai piani alti di un palazzone immediatamente fuori dal campo. Che a un certo punto gli israeliani di notte hanno illuminato dall’alto con i fari fotoelettrici per permettere allo sciame di pluriassassini di condurre meglio il lavoro loro affidato. C’è chi crede, anche tra gli israeliani, che forse tutto ciò è il motivo per cui Dio ha ridotto da anni Sharon in coma irreversibile e per farlo soffrire il più possibile non si decide a farlo spirare: il “grande condottiero” è da anni solo un misero tronco umano, che di umano ormai non ha neppure il poco che aveva prima, tenuto accanitamente in vita artificiale a mo’ di totem e reperto archeologico nazionale. Riguardo tale convinzione circa l’operato di Dio, no comment.
Per i morti delle Twin Tower è stato invaso l’Afganistan, poi anche l’Iraq. Per quelli della guerra civile in Kosovo è stato messo in moto e fatto funzionare il Tribunale Internazionale. Per Sharon e i massacratori di Sabra e Chatila non è successo nulla. Stefano Chiarini e altri erano riusciti a fare intervenire la giustizia del Belgio, che per i delitti contro l’umanità può intevenire ovunque, ma tutto è stato messo a tacere: Israele e gli Usa sono troppo potenti: loro non si lasciano processare, quale che sia l’atrocità commessa. Qualcuno dovrebbe ricordare loro che quando la nostra Democrazia Cristiana era sotto scandali vari il suo leader Aldo Moro in parlamento scandì con orgoglio che “la Democrazia Cristiana non si fa processare!”, e che sia Moro che la DC hanno fatto la fine che hanno fatto: meglio sarebbe stato se avessero accettato di essere processati. Anche Silvio Berlusconi, come è ormai evidente da anni, non si lascia processare, ma tralasciamo.
Alcuni dei massacratori sono diventati ministri del Libano mentre altri campano comunque tranquilli. Almeno uno fa il taxista e ancora oggi si vanta di averne “sgozzati un sacco” e che il problema era “se stuprare le donne prima o lavorare subito di coltello o ascia”. Coltello o ascia? “Eh sì, perché gli israeliani ci avevano fornito di quelle armi per evitare che usando le armi da fuoco suscitassimo allarme e capissero anche fuori dal campo che era in corso un massacro. Però alla fine per sbrigarci abbiamo usato anche le armi da fuoco e gli esplosivi per cercare di cancellare la tracce”.Che però non sono cancellabili. Non negli animi degli esseri umani non accecati dall’odio e dal fanatismo.
Due pesi e due misure: una tenaglia che stritola la nostra morale. E la nostra credibilità.
Non è il caso di volere giustizia? Non vendetta: ma giustizia.
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