Fonte: Greenpeace
Com’è andato in fumo il mito della sicurezza nucleare occidentale.
Venticinque anni dopo il disastro di Cernobyl, il mondo – e in particolare il popolo giapponese –
vive di nuovo sulla sua pelle un incidente nucleare che potrebbe essere ancora più serio. Come
Cernobyl, l’incidente della centrale Fukushima-Daiichi è stato classificato al n.7, il più alto della
scala INES della IAEA che definisce il livello di gravità degli incidenti nucleari.
Greenpeace ha dichiarato che si trattava di un incidente di livello INES n.7 già il 24 marzo, ma
ci sono volute altre tre settimane al governo del Giappone per giungere alla stessa
conclusione. È un ritardo inaccettabile ma che ben si comprende considerando con quale
difficoltà le autorità del Giappone hanno accettato la realtà di questo incidente. Per l’industria
nucleare, l’IAEA e i loro sostenitori nei governi, un incidente di livello 7 non dovrebbe mai
capitare nei loro reattori. Un’altra Cernobyl non era considerata ammissibile, non in un Paese
sviluppato come il Giappone. Il botto dei reattori General Electric/Toshiba/Hitachi a Fukushima-
Daiichi ha fatto saltare per aria questo mito.
Per il Giappone, la terza economia planetaria e una delle più avanzate dal punto di vista
tecnologico, ammettere di avere un incidente come quello di Cernobyl era, ed è, uno shock
notevole per tutta la società. E da subito, dopo aver dichiarato il livello 7, le autorità del
Giappone e in particolare la NISA (Nuclear Information Safety Agency), e, ovviamente,
l’industria nucleare (in Giappone come nel resto del mondo), hanno tutti dichiarato che
Fukushima non è Cernobyl.
Il messaggio che cercano di spacciare è che, pure se si tratta di un “livello 7”, Fukushima non è
la stessa cosa di Cernobyl e la questione pare assumere i toni di una macabra trasmissione
sportiva che cerca di capire quale partita di calcio è peggio dell’altra. Ma per le persone che
hanno sofferto e dopo venticinque anni continuano a soffrire per quel che è successo a
Cernobyl [1], e per quelli che adesso subiscono gli impatti del disastro di Fukushima, questo
non è un gioco. È la loro vita e i veri costi sanitari e ambientali, per tanti giapponesi, devono
ancora palesarsi.
Questo briefing intende correggere questa visione distorta della tragedia in corso e di quella di
venticinque anni fa. Greenpeace ritiene che gli incidenti di Cernobyl e Fukushima siano molto
differenti, ma anche che essi abbiano più cose in comune di quanto non si voglia far credere.
Non ultimo, la necessità urgente di evacuare un notevole numero di persone, la presenza di
ampie aree pesantemente contaminate e le conseguenze verosimilmente a lungo termine, in
primo luogo per la salute pubblica, causate dal rilascio di notevoli quantitativi di radioattività.
Fukushima e Cernobyl hanno molto in comune, a cominciare dal fatto che né l’uno né l’altro
sono (per fortuna) il “peggior caso possibile” di incidente nucleare. Si stima che durante
l’incidente di Cernobyl sia stata rilasciata una quantità pari al 5-30% della radioattività del
nucleo del reattore. Per la notevole altezza raggiunta dal pennacchio radioattivo (disperso
dall’incendio della grafite del reattore) la radioattività è stata dispersa su un’area molto ampia.
Fukushima rischia di essere peggio di Cernobyl a causa della maggiore densità della
popolazione nelle aree limitrofe e per la maggiore radioattività presente nel sito. Diversamente
da Cernobyl, Fukushima ha già rilasciato notevoli quantità di sostanze radioattive in mare,
aggiungendo un’altra via di contaminazione: quella delle reti alimentari marine.
Incidenti nucleari peggiori sono possibili. La loro probabilità può essere bassa, ma eventi
recenti dimostrano che non è uguale a zero. La lezione di Cernobyl era che l’energia nucleare è
troppo pericolosa per avere un futuro come fonte energetica. Quella lezione ha portato alla
cancellazione di numerosi progetti di centrali e a un referendum che aveva chiuso le centrali
nucleari in Italia. I costi di Cernobyl hanno probabilmente contribuito al collasso dell’Unione
Sovietica.
Purtroppo, molti governi, in Giappone ma anche in Europa, negli USA come negli stessi Paesi
dell’ex Unione Sovietica, hanno deciso di ignorare le implicazioni di Cernobyl. Il Governo
italiano ha addirittura varato, nel 2009, una norma (Legge n.99/2009) per far ripartire il
nucleare in Italia: contro questa legge è stato indetto un referendum che il governo italiano
adesso teme di perdere. Che si faccia o meno il referendum, previsto il 12 e 13 giugno,
l’esplosione della centrale di Fukushima ha fatto saltare in aria, in Italia come altrove, il mito
della “sicurezza nucleare occidentale”.
Il futuro era chiaro già venticinque anni fa. Oggi, è ancora più ovvia e urgente la necessità di
una rivoluzione energetica che si basi sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica [2].
Sullo sfondo, l’unità 4 di Fukushima-Daiichi, in primo
piano l’unità 3, parzialmente alimentata con MOX
(miscela di ossidi di uranio e plutonio) della francese
AREVA. © TEPCO
L’unità n. 4 di Cernobyl © Sabine
Falkenberg/Greenpeace
Riferimenti:
1 Briefing di Greenpeace Italia “Cernobyl 25 anni dopo” disponibile sul web all’indirizzo:
www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2011/nucleare/Cernobyl_Summary_def.pdf
2 Vari documenti sulla “Rivoluzione Energetica” di Greenpeace sono disponibili sul web:
http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/Salviamo-il-clima/Una-Rivoluzione-energetica/
Fukushima e Cernobyl a confronto al 20 aprile 2011
CARATTERISTICHE FUKUSHIMA CERNOBYL
Data dell’incidente 11 marzo 2011 - oltre cinque settimane
di rilasci di radioattività
26 aprile 1986 – il maggior rilascio di
radioattività è stato nei primi dieci
giorni
Dettagli
dell’incidente
Un terremoto di scala Richter 9,0 e
onde di tsunami di 10/14 metri
danneggiano i reattori della centrale
causando uno stop al sistema di
raffreddamento. Serie di esplosioni
causate dal rilascio di idrogeno nelle
unità 1,2,3 e 4.
Un’improvvisa interruzione di energia
durante un test del sistema causa la
rottura del contenitore del reattore con
una serie di esplosioni. Un incendio è
durato 10 giorni; si ritiene che l’attività
iniziale di versare sabbia borata
sull’impianto abbia peggiorato il livello
dei rilasci.
Livello dell’incidente
(scala INES)
Livello INES 7 – il governo del Giappone
ha considerato l’incidente come di livello
4/5 per le prime 4 settimane.
L’incidente è stato classificato come
“incidente notevole” dopo una
settimana. Successivamente è stato
classificato come livello 7 nella nuova
scala INES.
Numero di reattori Sei – nuclei dei reattori delle unità 1,2 e
3, più le piscine del combustibile
irraggiato delle unità 1,2,3 e 4 (e,
inizialmente, anche 5 e 6), più la
piscina comune del combustibile
esausto.
Quattro reattori nel sito. L’incidente ha
colpito solo l’unità n.4.
Tipologia di reattori Reattori di tipo BWR (Boiling Water
Reactors) della Generl Electric
(Toshiba/Hitachi). Tutti usano uranio
come combustibile tranne l’unità n.3
che è parzialmente alimentata da MOX
(miscela di ossidi di uranio e plutonio).
Reattori sovietici di modello RBMK. Si
tratta di un reattore ad acqua bollente
(come i BWR) ma che usa grafite come
moderatore. Il combustibile è solo
uranio.
Radiazioni rilasciate Il 23 marzo 2011 la NSC (Nuclear
Safety Commission) ha citato una stima
massima di 1,1 milioni di Terabecquerel
(1). Il 12 aprile la NSC ha annunciato
che stimava un rilascio di 370.000
Terabecquerel in atmosfera. I rilasci
continuano a causa dell’esposizione
diretta all’ambiente delle barre di
combustibile nell’unità 4 e forse anche 2
e 3. Si nutrono dubbi sull’accuratezza
delle misure e delle stime di TEPCO: le
ultime stime sono che sia stato
rilasciato il 10% della radioattività di
Cernobyl (al 12 aprile). Tuttavia, le
stime della NSC non includono i rilasci
in mare.
Si stima che nella fase più acuta
dell’incidente siano stati rilasciati 5,2
milioni di Terabecquerel. Nei 25 anni
successivi i rilasci sono probabili, ma
non esistono stime. Sebbene i notevoli
rilasci siano stati imputati alle
temperature sviluppate dalla grafite
incendiata, è verosimile che gli elevati
livelli di rilascio siano stati causati dalla
notevole energia presente nel nucleo
del reattore e dai prodotti di fissione
che si sono surriscaldati sotto la sabbia
vetrificatasi di borosilicati sversati sul
reattore dopo l’incidente. In tal modo,
le conseguenze delle azioni delle
autorità sovietiche, che portarono a
complicare il problema, sembrano
confrontabili con le misure prese da
TEPCO a Fukushima che, allagando i
reattori con acqua di mare, ha
“prodotto” 60.000 tonnellate di acqua
di mare fortemente radioattiva.
Combustibile
radioattivo nel sito
Il nucleo dei rettori nelle unità 1-3
contiene 160 tonnellate di combustibile;
le aree di stoccaggio per il combustibile
esausto nei reattori 1-4 ne contengono
498 tonnellate. Problemi di
raffreddamento si sono registrati anche
nella piscina comune di stoccaggio
(1000 tonnellate di combustibile
esausto) e nelle piscine delle unità 5 e
6. Il sito contiene un totale di 2.400
tonnellate di combustibile altamente
Il sito dell’unità 4 di Cernobyl aveva, si
stima, 190 tonnellate di combustibile
nucleare altamente radioattivo.
radioattivo più 60.000 tonnellate di
acqua pesantemente contaminata.
Aree colpite Le autorità del Giappone affermano che
fino a 60 km a nord ovest e 40 km a
sud/sud est si registrano livelli di
radiazioni che superano i limiti. Alla fine
di marzo i radionuclidi rilasciati in
atmosfera si sono diffusi nell’intero
emisfero settentrionale. Tutto ciò non
include i rilasci in mare, causati dagli
sversamenti di acqua contaminata dal
sito: questi rilasci sono una via
addizionale di contaminazione,
compresa la risospensione di
radionuclidi come il plutonio che
persisteranno nelle aree costiere per
generazioni.
La “nube” di Cernobyl si è diffusa su
molte migliaia di chilometri quadrati. Le
autorità ucraine citano il dato di 500
km dall’impianto, che è l’area entro cui
furono prese contromisure
(evacuazione, rifugi). Alcune restrizioni
nella produzione agricola restano in
vigore, nell’Europa dell’est, ma anche
nell’Europa occidentale, dopo 25 anni.
Zona di evacuazione Evacuazione a 20 km, con una zona di
evacuazione volontaria tra 20 e 30 km.
Dopo 4 settimane è stato annunciato
che altre 4 comunità (localizzate oltre
l’attuale area di evacuazione) saranno
evacuate, ma solo nelle prossime 4
settimane. Dopo 5 settimane, la zona di
esclusione è stata estesa a 30 km.
È stata definita una zona di 30 km di
esclusione permanente, ma furono
evacuati abitanti che stavano fino a
150-200 km di distanza, a causa di alti
livelli di radioattività lungo la frontiera
tra Russia e Bielorossia. Sono
considerati contaminati oltre i livelli di
sicurezza 200.000 kmq.
Persone evacuate Ufficialmente sono state evacuate
140.000 persone, con esclusione di
coloro che si sono volontariamente
allontanati.
Nel 1986, furono evacuate 115.000
persone. Successivamente, altre
220.000 persone da Bielorussia, Russia
e Ucraina.
Mortalità da
radiazioni
Nessuna vittima delle radiazioni, fino ad
ora.
Nel 2005, la IAEA e il WHO stimarono
una mortalità complessiva compresa
tra 4.000 a 9.000 vittime, con 64 morti
immediatamente dopo l’incidente.
Questa stima è considerata limitata ad
una ristretta area geografica e altre
stime sostengono valori compresi tra
30.000 e 900.000 vittime complessive.
Impatti sanitari nel
lungo periodo
La densità della popolazione è un
fattore critico. La media in Giappone è
di 800 abitanti/kmq: la Prefettura di
Kanto a sud di Fukushima arriva a
1.200 ab/kmq. C’è quindi un’elevata
densità di popolazione esposta ad un
accresciuto livello di radiazioni. Gli
impatti a lungo termine restano da
verificarsi, ma gli effetti sulla salute nel
medio/lungo periodo sono certi. Il
governo del Giappone ha atteso 5
settimane per estendere la zona di
evacuazione e ha aumentato i limiti
massimi ammessi di esposizone alle
radiazioni per i civili compresi i bambini,
la fascia più vulnerabile della
popolazione.
Oltre alle decine di migliaia di vittime
che si stimano come diretta
conseguenza dell’incidente, si
registrano migliaia di casi di cancro alla
tiroide. La densità di popolazione,
rispetto al Giappone, è inferiore: 40
persone/kmq in Bielorussia e 80
persone/kmq in Ucraina.
Situazione attuale Al di là delle stime ufficiali del governo
del Giappone, TEPCO ha dichiarato che
alla fine le emissioni di radioattività
potrebbero superare quelle di Cernobyl.
Si stima oggi che ci vorranno da 3 a 9
mesi per stabilizzare la situazione,
raffreddare e spegnere i reattori e
fermare le emissioni radioattive. La
situazione è più complessa di quella di
Il sarcofago che copre l’unità 4 rischia il
collasso e una copertura addizionale
non sarà pronta prima del 2014 o dopo.
Il combustibile irraggiato del reattore
non è ancora in sicurezza dopo anni di
ritardo e decine di milioni di euro già
spesi. C’è una continua produzione di
ulteriore materiale contaminato, in
particolare particelle di polveri sottili.
Cernobyl con 3 reattori e 4 aree di
stoccaggio del combustibile esausto
coinvolte nell’incidente. TEPCO ha il
problema di confinare la radioattività
nell’intero sito.
Dopo venticinque anni, il sito resta
estremamente pericoloso, col rischio di
notevoli rilasci di emissioni radioattive
nell’ambiente.
(1): NOTA SUI RILASCI – La Nuclear Safety Commission (NSC) ha presentato stime dei rilasci
di radiazioni, grazie al Sistema per la Predizione delle Emergenze Ambientali (SPEEDI) solo dal
23 marzo 2011. Questi risultati servono come base delle stime di impatto. I dati mostrano che
sono stati rilasciati, nei 12 giorni immediatamente successivi il disastro, da 30.000 a 1,1
milioni di Terabecquerel (Daily Yomiuri, 14 aprile 2011).
Com’è andato in fumo il mito della sicurezza nucleare occidentale.
Venticinque anni dopo il disastro di Cernobyl, il mondo – e in particolare il popolo giapponese –
vive di nuovo sulla sua pelle un incidente nucleare che potrebbe essere ancora più serio. Come
Cernobyl, l’incidente della centrale Fukushima-Daiichi è stato classificato al n.7, il più alto della
scala INES della IAEA che definisce il livello di gravità degli incidenti nucleari.
Greenpeace ha dichiarato che si trattava di un incidente di livello INES n.7 già il 24 marzo, ma
ci sono volute altre tre settimane al governo del Giappone per giungere alla stessa
conclusione. È un ritardo inaccettabile ma che ben si comprende considerando con quale
difficoltà le autorità del Giappone hanno accettato la realtà di questo incidente. Per l’industria
nucleare, l’IAEA e i loro sostenitori nei governi, un incidente di livello 7 non dovrebbe mai
capitare nei loro reattori. Un’altra Cernobyl non era considerata ammissibile, non in un Paese
sviluppato come il Giappone. Il botto dei reattori General Electric/Toshiba/Hitachi a Fukushima-
Daiichi ha fatto saltare per aria questo mito.
Per il Giappone, la terza economia planetaria e una delle più avanzate dal punto di vista
tecnologico, ammettere di avere un incidente come quello di Cernobyl era, ed è, uno shock
notevole per tutta la società. E da subito, dopo aver dichiarato il livello 7, le autorità del
Giappone e in particolare la NISA (Nuclear Information Safety Agency), e, ovviamente,
l’industria nucleare (in Giappone come nel resto del mondo), hanno tutti dichiarato che
Fukushima non è Cernobyl.
Il messaggio che cercano di spacciare è che, pure se si tratta di un “livello 7”, Fukushima non è
la stessa cosa di Cernobyl e la questione pare assumere i toni di una macabra trasmissione
sportiva che cerca di capire quale partita di calcio è peggio dell’altra. Ma per le persone che
hanno sofferto e dopo venticinque anni continuano a soffrire per quel che è successo a
Cernobyl [1], e per quelli che adesso subiscono gli impatti del disastro di Fukushima, questo
non è un gioco. È la loro vita e i veri costi sanitari e ambientali, per tanti giapponesi, devono
ancora palesarsi.
Questo briefing intende correggere questa visione distorta della tragedia in corso e di quella di
venticinque anni fa. Greenpeace ritiene che gli incidenti di Cernobyl e Fukushima siano molto
differenti, ma anche che essi abbiano più cose in comune di quanto non si voglia far credere.
Non ultimo, la necessità urgente di evacuare un notevole numero di persone, la presenza di
ampie aree pesantemente contaminate e le conseguenze verosimilmente a lungo termine, in
primo luogo per la salute pubblica, causate dal rilascio di notevoli quantitativi di radioattività.
Fukushima e Cernobyl hanno molto in comune, a cominciare dal fatto che né l’uno né l’altro
sono (per fortuna) il “peggior caso possibile” di incidente nucleare. Si stima che durante
l’incidente di Cernobyl sia stata rilasciata una quantità pari al 5-30% della radioattività del
nucleo del reattore. Per la notevole altezza raggiunta dal pennacchio radioattivo (disperso
dall’incendio della grafite del reattore) la radioattività è stata dispersa su un’area molto ampia.
Fukushima rischia di essere peggio di Cernobyl a causa della maggiore densità della
popolazione nelle aree limitrofe e per la maggiore radioattività presente nel sito. Diversamente
da Cernobyl, Fukushima ha già rilasciato notevoli quantità di sostanze radioattive in mare,
aggiungendo un’altra via di contaminazione: quella delle reti alimentari marine.
Incidenti nucleari peggiori sono possibili. La loro probabilità può essere bassa, ma eventi
recenti dimostrano che non è uguale a zero. La lezione di Cernobyl era che l’energia nucleare è
troppo pericolosa per avere un futuro come fonte energetica. Quella lezione ha portato alla
cancellazione di numerosi progetti di centrali e a un referendum che aveva chiuso le centrali
nucleari in Italia. I costi di Cernobyl hanno probabilmente contribuito al collasso dell’Unione
Sovietica.
Purtroppo, molti governi, in Giappone ma anche in Europa, negli USA come negli stessi Paesi
dell’ex Unione Sovietica, hanno deciso di ignorare le implicazioni di Cernobyl. Il Governo
italiano ha addirittura varato, nel 2009, una norma (Legge n.99/2009) per far ripartire il
nucleare in Italia: contro questa legge è stato indetto un referendum che il governo italiano
adesso teme di perdere. Che si faccia o meno il referendum, previsto il 12 e 13 giugno,
l’esplosione della centrale di Fukushima ha fatto saltare in aria, in Italia come altrove, il mito
della “sicurezza nucleare occidentale”.
Il futuro era chiaro già venticinque anni fa. Oggi, è ancora più ovvia e urgente la necessità di
una rivoluzione energetica che si basi sulle energie rinnovabili e sull’efficienza energetica [2].
Sullo sfondo, l’unità 4 di Fukushima-Daiichi, in primo
piano l’unità 3, parzialmente alimentata con MOX
(miscela di ossidi di uranio e plutonio) della francese
AREVA. © TEPCO
L’unità n. 4 di Cernobyl © Sabine
Falkenberg/Greenpeace
Riferimenti:
1 Briefing di Greenpeace Italia “Cernobyl 25 anni dopo” disponibile sul web all’indirizzo:
www.greenpeace.org/italy/Global/italy/report/2011/nucleare/Cernobyl_Summary_def.pdf
2 Vari documenti sulla “Rivoluzione Energetica” di Greenpeace sono disponibili sul web:
http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/Salviamo-il-clima/Una-Rivoluzione-energetica/
Fukushima e Cernobyl a confronto al 20 aprile 2011
CARATTERISTICHE FUKUSHIMA CERNOBYL
Data dell’incidente 11 marzo 2011 - oltre cinque settimane
di rilasci di radioattività
26 aprile 1986 – il maggior rilascio di
radioattività è stato nei primi dieci
giorni
Dettagli
dell’incidente
Un terremoto di scala Richter 9,0 e
onde di tsunami di 10/14 metri
danneggiano i reattori della centrale
causando uno stop al sistema di
raffreddamento. Serie di esplosioni
causate dal rilascio di idrogeno nelle
unità 1,2,3 e 4.
Un’improvvisa interruzione di energia
durante un test del sistema causa la
rottura del contenitore del reattore con
una serie di esplosioni. Un incendio è
durato 10 giorni; si ritiene che l’attività
iniziale di versare sabbia borata
sull’impianto abbia peggiorato il livello
dei rilasci.
Livello dell’incidente
(scala INES)
Livello INES 7 – il governo del Giappone
ha considerato l’incidente come di livello
4/5 per le prime 4 settimane.
L’incidente è stato classificato come
“incidente notevole” dopo una
settimana. Successivamente è stato
classificato come livello 7 nella nuova
scala INES.
Numero di reattori Sei – nuclei dei reattori delle unità 1,2 e
3, più le piscine del combustibile
irraggiato delle unità 1,2,3 e 4 (e,
inizialmente, anche 5 e 6), più la
piscina comune del combustibile
esausto.
Quattro reattori nel sito. L’incidente ha
colpito solo l’unità n.4.
Tipologia di reattori Reattori di tipo BWR (Boiling Water
Reactors) della Generl Electric
(Toshiba/Hitachi). Tutti usano uranio
come combustibile tranne l’unità n.3
che è parzialmente alimentata da MOX
(miscela di ossidi di uranio e plutonio).
Reattori sovietici di modello RBMK. Si
tratta di un reattore ad acqua bollente
(come i BWR) ma che usa grafite come
moderatore. Il combustibile è solo
uranio.
Radiazioni rilasciate Il 23 marzo 2011 la NSC (Nuclear
Safety Commission) ha citato una stima
massima di 1,1 milioni di Terabecquerel
(1). Il 12 aprile la NSC ha annunciato
che stimava un rilascio di 370.000
Terabecquerel in atmosfera. I rilasci
continuano a causa dell’esposizione
diretta all’ambiente delle barre di
combustibile nell’unità 4 e forse anche 2
e 3. Si nutrono dubbi sull’accuratezza
delle misure e delle stime di TEPCO: le
ultime stime sono che sia stato
rilasciato il 10% della radioattività di
Cernobyl (al 12 aprile). Tuttavia, le
stime della NSC non includono i rilasci
in mare.
Si stima che nella fase più acuta
dell’incidente siano stati rilasciati 5,2
milioni di Terabecquerel. Nei 25 anni
successivi i rilasci sono probabili, ma
non esistono stime. Sebbene i notevoli
rilasci siano stati imputati alle
temperature sviluppate dalla grafite
incendiata, è verosimile che gli elevati
livelli di rilascio siano stati causati dalla
notevole energia presente nel nucleo
del reattore e dai prodotti di fissione
che si sono surriscaldati sotto la sabbia
vetrificatasi di borosilicati sversati sul
reattore dopo l’incidente. In tal modo,
le conseguenze delle azioni delle
autorità sovietiche, che portarono a
complicare il problema, sembrano
confrontabili con le misure prese da
TEPCO a Fukushima che, allagando i
reattori con acqua di mare, ha
“prodotto” 60.000 tonnellate di acqua
di mare fortemente radioattiva.
Combustibile
radioattivo nel sito
Il nucleo dei rettori nelle unità 1-3
contiene 160 tonnellate di combustibile;
le aree di stoccaggio per il combustibile
esausto nei reattori 1-4 ne contengono
498 tonnellate. Problemi di
raffreddamento si sono registrati anche
nella piscina comune di stoccaggio
(1000 tonnellate di combustibile
esausto) e nelle piscine delle unità 5 e
6. Il sito contiene un totale di 2.400
tonnellate di combustibile altamente
Il sito dell’unità 4 di Cernobyl aveva, si
stima, 190 tonnellate di combustibile
nucleare altamente radioattivo.
radioattivo più 60.000 tonnellate di
acqua pesantemente contaminata.
Aree colpite Le autorità del Giappone affermano che
fino a 60 km a nord ovest e 40 km a
sud/sud est si registrano livelli di
radiazioni che superano i limiti. Alla fine
di marzo i radionuclidi rilasciati in
atmosfera si sono diffusi nell’intero
emisfero settentrionale. Tutto ciò non
include i rilasci in mare, causati dagli
sversamenti di acqua contaminata dal
sito: questi rilasci sono una via
addizionale di contaminazione,
compresa la risospensione di
radionuclidi come il plutonio che
persisteranno nelle aree costiere per
generazioni.
La “nube” di Cernobyl si è diffusa su
molte migliaia di chilometri quadrati. Le
autorità ucraine citano il dato di 500
km dall’impianto, che è l’area entro cui
furono prese contromisure
(evacuazione, rifugi). Alcune restrizioni
nella produzione agricola restano in
vigore, nell’Europa dell’est, ma anche
nell’Europa occidentale, dopo 25 anni.
Zona di evacuazione Evacuazione a 20 km, con una zona di
evacuazione volontaria tra 20 e 30 km.
Dopo 4 settimane è stato annunciato
che altre 4 comunità (localizzate oltre
l’attuale area di evacuazione) saranno
evacuate, ma solo nelle prossime 4
settimane. Dopo 5 settimane, la zona di
esclusione è stata estesa a 30 km.
È stata definita una zona di 30 km di
esclusione permanente, ma furono
evacuati abitanti che stavano fino a
150-200 km di distanza, a causa di alti
livelli di radioattività lungo la frontiera
tra Russia e Bielorossia. Sono
considerati contaminati oltre i livelli di
sicurezza 200.000 kmq.
Persone evacuate Ufficialmente sono state evacuate
140.000 persone, con esclusione di
coloro che si sono volontariamente
allontanati.
Nel 1986, furono evacuate 115.000
persone. Successivamente, altre
220.000 persone da Bielorussia, Russia
e Ucraina.
Mortalità da
radiazioni
Nessuna vittima delle radiazioni, fino ad
ora.
Nel 2005, la IAEA e il WHO stimarono
una mortalità complessiva compresa
tra 4.000 a 9.000 vittime, con 64 morti
immediatamente dopo l’incidente.
Questa stima è considerata limitata ad
una ristretta area geografica e altre
stime sostengono valori compresi tra
30.000 e 900.000 vittime complessive.
Impatti sanitari nel
lungo periodo
La densità della popolazione è un
fattore critico. La media in Giappone è
di 800 abitanti/kmq: la Prefettura di
Kanto a sud di Fukushima arriva a
1.200 ab/kmq. C’è quindi un’elevata
densità di popolazione esposta ad un
accresciuto livello di radiazioni. Gli
impatti a lungo termine restano da
verificarsi, ma gli effetti sulla salute nel
medio/lungo periodo sono certi. Il
governo del Giappone ha atteso 5
settimane per estendere la zona di
evacuazione e ha aumentato i limiti
massimi ammessi di esposizone alle
radiazioni per i civili compresi i bambini,
la fascia più vulnerabile della
popolazione.
Oltre alle decine di migliaia di vittime
che si stimano come diretta
conseguenza dell’incidente, si
registrano migliaia di casi di cancro alla
tiroide. La densità di popolazione,
rispetto al Giappone, è inferiore: 40
persone/kmq in Bielorussia e 80
persone/kmq in Ucraina.
Situazione attuale Al di là delle stime ufficiali del governo
del Giappone, TEPCO ha dichiarato che
alla fine le emissioni di radioattività
potrebbero superare quelle di Cernobyl.
Si stima oggi che ci vorranno da 3 a 9
mesi per stabilizzare la situazione,
raffreddare e spegnere i reattori e
fermare le emissioni radioattive. La
situazione è più complessa di quella di
Il sarcofago che copre l’unità 4 rischia il
collasso e una copertura addizionale
non sarà pronta prima del 2014 o dopo.
Il combustibile irraggiato del reattore
non è ancora in sicurezza dopo anni di
ritardo e decine di milioni di euro già
spesi. C’è una continua produzione di
ulteriore materiale contaminato, in
particolare particelle di polveri sottili.
Cernobyl con 3 reattori e 4 aree di
stoccaggio del combustibile esausto
coinvolte nell’incidente. TEPCO ha il
problema di confinare la radioattività
nell’intero sito.
Dopo venticinque anni, il sito resta
estremamente pericoloso, col rischio di
notevoli rilasci di emissioni radioattive
nell’ambiente.
(1): NOTA SUI RILASCI – La Nuclear Safety Commission (NSC) ha presentato stime dei rilasci
di radiazioni, grazie al Sistema per la Predizione delle Emergenze Ambientali (SPEEDI) solo dal
23 marzo 2011. Questi risultati servono come base delle stime di impatto. I dati mostrano che
sono stati rilasciati, nei 12 giorni immediatamente successivi il disastro, da 30.000 a 1,1
milioni di Terabecquerel (Daily Yomiuri, 14 aprile 2011).
Nessun commento:
Posta un commento