Fonte: micromega
Bisogna ringraziare prima di tutto i sindaci di Firenze e di Milano che, seguendo la moda dello spirito bipartisan con cui in Italia si approvano le peggiori nefandezze, hanno deciso che il Primo Maggio i lavoratori del commercio dovranno lavorare. Bisogna ringraziare questi sindaci di centrodestra e centrosinistra, perché così hanno contribuito a chiarire che il Primo Maggio è ancora, come si scriveva sull’Avanti nel 1914, “una giornata di festa e di lotta”.Fu l’Internazionale dei lavoratori a decidere che il Primo Maggio, in ricordo dei militanti socialisti e anarchici impiccati a Chicago, sarebbe stato un appuntamento di lotta e festa, in particolare nella battaglia per le 8 ore. Oggi che l’orario di lavoro è di nuovo totalmente in discussione. Oggi che l’Unione Europea, tra le sue tante porcherie, propone orari fino a 65 ore settimanali, e che i contratti separati firmati in Italia, dalla Fiat al commercio, impongono il taglio delle pause e la brutale flessibilità degli orari, oggi il Primo Maggio ridiventa fino in fondo una giornata di lotta per la libertà delle lavoratrici e dei lavoratori.
Nella furia revisionista che oggi colpisce il nostro paese anche il Primo Maggio è in discussione. Lo fanno i sindaci che si dichiarano aideologici, e quindi rispettosi solo dell’ideologia e degli interessi del mercato; lo fanno tutti coloro che non hanno mai davvero accettato che le date che segnano la lotta per la democrazia e i diritti in Italia, diventassero feste. Il 25 Aprile viene così da un lato vilipeso e dall’altro affogato in una retorica neorisorgimentale che permette anche ai fascisti di celebrare la Resistenza. Contro il Primo Maggio l’attacco è più frontale. Già il ministro Calderoli aveva dichiarato che si poteva fare a meno di festeggiarlo e immagino che prima o poi ci sarà qualche parlamentare che proporrà, come per l’articolo 1 della Costituzione, l’abolizione di questa eredità comunista. Però, per fortuna, tutto questo suscita anche la risposta.
Il 25 Aprile è stata così una giornata di lotta, scandita da quei fischi in piazza che tanto hanno indignato Il Corriere della Sera, ma che in realtà sono la più limpida risposta all’ipocrisia con cui si mascherano i veri significati di quella data. Per il Primo Maggio ora si apre lo stesso scenario. Da un lato le celebrazioni ufficiali, compresa quella di Cgil Cisl e Uil a Marsala, celebrazioni assurde, perché con tutto quello che tocca oggi il mondo del lavoro, pensare di andare a festeggiare lo sbarco dei garibaldini significa proprio non voler parlare del significato attuale del Primo Maggio. D’altra parte, se si dicesse la verità, si dovrebbe cominciare col sostenere che oggi il terribile attacco che subiscono i lavoratori viene da politiche economiche e sociali attuate dal governo e dalla Confindustria e condivise e sottoscritte da parte di Cisl e Uil. Tacere su questo significa tacere sulla condizione reale nella quale oggi si svolge la festa dei lavoratori.
Per questo il Primo Maggio di oggi non può che essere una giornata di annuncio e preparazione dello sciopero generale del 6 maggio. Uno sciopero che, nonostante le timidezze e le autocensure della Cgil, è una risposta all’attacco globale che oggi colpisce i diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori. Il Primo Maggio si scenda dunque in piazza e si scioperi, dove si vuole impedire ai lavoratori di fare festa. Troviamoci a Bologna dove la Cgil locale ha avuto il coraggio di dire a Cisl e Uil basta con l’ipocrisia, non possiamo festeggiare assieme. Andiamo a Milano, dove si svolgerà la may-day, una delle più importanti manifestazioni del lavoro precario nel nostro paese. Andiamo ovunque si possa affermare e, se necessario urlare, la rabbia di un mondo del lavoro che da solo sta pagando tutti i costi della crisi.
Facciamo del Primo Maggio una giornata che ricordi davvero i sacrifici di coloro che l’hanno per primi promossa. Nel 1889 il congresso della Seconda Internazionale adottava la decisione storica che ha portato alla festa del Primo Maggio, indicendo: “una grande manifestazione internazionale… una volta per sempre perché simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, in questo giorno stabilito, i lavoratori presentino alle autorità le loro rivendicazioni…”.
Giorgio Cremaschi
(29 aprile 2011)
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Scritto venerdì, 29 aprile, 2011 alle 11:03 nella categoria Giorgio Cremaschi. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso il feed RSS 2.0. Puoi lasciare un commento, o fare un trackback dal tuo sito.
4 commenti a “GIORGIO CREMASCHI – Primo maggio di lotta e di festa”
Pier Paolo Castellari scrive:
29 aprile 2011 alle 15:27
Tutto condivisibile. Peccato che si ricominci quando le condizioni di lavoro e la privazione dei diritti è tornata all’anno zero. Cremaschi e la FIOM, a dire il vero, con quanto precede, non c’entrano, ma la loro posizione è ancor oggi minoritaria nel mondo del lavoro, fra le diverse categorie. Una intera generazione si è già bruciata nel precariato e l’involuzione del costume sui posti di lavoro è mortificante. Lungo il cammino ci saranno numerosi altri caduti.
TURNISTA FIAT scrive:
29 aprile 2011 alle 21:25
Primo maggio di lotta? Ma se il 55% sono pensionati! Bisognerà alzare l’età o finirà a schifìo. Se credete che gli extracomunitari pagheranno le pensioni state freschi…
Romina scrive:
29 aprile 2011 alle 21:45
Mi conforta sentire che qualcuno ha un’adeguata cognizione di quanto sta accadendo da anni nel mondo del lavoro, ossia il progressivo smantellamento delle tutele duramente conquistate nei decenni precedenti. I legislatori negli ultimi dieci anni hanno fatto man bassa dei diritti dei lavoratori, tant’è che ormai il ricorso al lavoro nero è molto frequente e se non è nero è grigio dal momento che molte tipologie contrattuali lo consentono, le retribuzioni sono ai minimi storici, il ricatto è frequentissimo. Siamo in una condizione difficile e gli stranieri che vengono a lavorare in Italia sono in condizioni anche peggiori. Cosa siamo diventati? Dobbiamo reagire anche perché gli strumenti per farlo sono stati erosi. Non possiamo permettere questo scempio, ci condurrebbe alla guerra civile.
pietro ancona scrive:
30 aprile 2011 alle 14:08
penso che ci siano responsabilità gravi del sindacato e della sua ossessione unitaria che finalmente comincia ad abbandonare.Dalla rinunzia alla scala mobile donata da Trentin e colleghi al governo Amato e poi dagli accordi di concertazione del 93 per i quali Trentin fece la mossa di dare le dimissioni subito rientrate ad oggi è stata una via crocis con il Cristo lavoratore sempre più malconcio. La deregolation che ha fatto dei lavoratori italiani i più ricattati dell’OCSE è andata avanti con elaborazione giuslavorista bipartisan o meglio unitaria o meglio ancora pensiero unico da Treu a Ichino a Sacconi a Letta etcc…Cremaschi Landini Rinaldini sono persone oneste che fanno la loro battaglia nella CGIL ma è una battaglia contro i Mulini a Vento, una mera testimonianza, alla lunga una fonte di equivoco e di difesa a sinistra della destra riformista che detta ordini. Non si può contestare tutta la vita e sperare senza mai fare il punto, trarre delle conclusioni. Di Vittorio fu capace di farlo andandosene dalla CGIL e fondando l’USI. Anche per lo sciopero del 6 Cremaschi dice cose che stanno nei suoi desideri ma non nella realtà. Lo sciopero del sei è una cannonata a salva. Dopo il sei la condizione dei lavoratori peggiorerà perchè chi gioca sul tempo sa di avere almeno due anni di tempo prima di registrare una nuova reazione-
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“Contro la destra, per una politica nuova”. Appello della società civile per Luigi de Magistris sindaco di Napoli
Il 1° maggio e l’occultamento del lavoro
Wojtyla santo, pro e contro. Confronto tra Paolo Flores d’Arcais e Marco Politi
“Wojtyla segreto”: le ragioni contro la beatificazione
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Nella furia revisionista che oggi colpisce il nostro paese anche il Primo Maggio è in discussione. Lo fanno i sindaci che si dichiarano aideologici, e quindi rispettosi solo dell’ideologia e degli interessi del mercato; lo fanno tutti coloro che non hanno mai davvero accettato che le date che segnano la lotta per la democrazia e i diritti in Italia, diventassero feste. Il 25 Aprile viene così da un lato vilipeso e dall’altro affogato in una retorica neorisorgimentale che permette anche ai fascisti di celebrare la Resistenza. Contro il Primo Maggio l’attacco è più frontale. Già il ministro Calderoli aveva dichiarato che si poteva fare a meno di festeggiarlo e immagino che prima o poi ci sarà qualche parlamentare che proporrà, come per l’articolo 1 della Costituzione, l’abolizione di questa eredità comunista. Però, per fortuna, tutto questo suscita anche la risposta.
Il 25 Aprile è stata così una giornata di lotta, scandita da quei fischi in piazza che tanto hanno indignato Il Corriere della Sera, ma che in realtà sono la più limpida risposta all’ipocrisia con cui si mascherano i veri significati di quella data. Per il Primo Maggio ora si apre lo stesso scenario. Da un lato le celebrazioni ufficiali, compresa quella di Cgil Cisl e Uil a Marsala, celebrazioni assurde, perché con tutto quello che tocca oggi il mondo del lavoro, pensare di andare a festeggiare lo sbarco dei garibaldini significa proprio non voler parlare del significato attuale del Primo Maggio. D’altra parte, se si dicesse la verità, si dovrebbe cominciare col sostenere che oggi il terribile attacco che subiscono i lavoratori viene da politiche economiche e sociali attuate dal governo e dalla Confindustria e condivise e sottoscritte da parte di Cisl e Uil. Tacere su questo significa tacere sulla condizione reale nella quale oggi si svolge la festa dei lavoratori.
Per questo il Primo Maggio di oggi non può che essere una giornata di annuncio e preparazione dello sciopero generale del 6 maggio. Uno sciopero che, nonostante le timidezze e le autocensure della Cgil, è una risposta all’attacco globale che oggi colpisce i diritti fondamentali delle lavoratrici e dei lavoratori. Il Primo Maggio si scenda dunque in piazza e si scioperi, dove si vuole impedire ai lavoratori di fare festa. Troviamoci a Bologna dove la Cgil locale ha avuto il coraggio di dire a Cisl e Uil basta con l’ipocrisia, non possiamo festeggiare assieme. Andiamo a Milano, dove si svolgerà la may-day, una delle più importanti manifestazioni del lavoro precario nel nostro paese. Andiamo ovunque si possa affermare e, se necessario urlare, la rabbia di un mondo del lavoro che da solo sta pagando tutti i costi della crisi.
Facciamo del Primo Maggio una giornata che ricordi davvero i sacrifici di coloro che l’hanno per primi promossa. Nel 1889 il congresso della Seconda Internazionale adottava la decisione storica che ha portato alla festa del Primo Maggio, indicendo: “una grande manifestazione internazionale… una volta per sempre perché simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, in questo giorno stabilito, i lavoratori presentino alle autorità le loro rivendicazioni…”.
Giorgio Cremaschi
(29 aprile 2011)
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4 commenti a “GIORGIO CREMASCHI – Primo maggio di lotta e di festa”
Pier Paolo Castellari scrive:
29 aprile 2011 alle 15:27
Tutto condivisibile. Peccato che si ricominci quando le condizioni di lavoro e la privazione dei diritti è tornata all’anno zero. Cremaschi e la FIOM, a dire il vero, con quanto precede, non c’entrano, ma la loro posizione è ancor oggi minoritaria nel mondo del lavoro, fra le diverse categorie. Una intera generazione si è già bruciata nel precariato e l’involuzione del costume sui posti di lavoro è mortificante. Lungo il cammino ci saranno numerosi altri caduti.
TURNISTA FIAT scrive:
29 aprile 2011 alle 21:25
Primo maggio di lotta? Ma se il 55% sono pensionati! Bisognerà alzare l’età o finirà a schifìo. Se credete che gli extracomunitari pagheranno le pensioni state freschi…
Romina scrive:
29 aprile 2011 alle 21:45
Mi conforta sentire che qualcuno ha un’adeguata cognizione di quanto sta accadendo da anni nel mondo del lavoro, ossia il progressivo smantellamento delle tutele duramente conquistate nei decenni precedenti. I legislatori negli ultimi dieci anni hanno fatto man bassa dei diritti dei lavoratori, tant’è che ormai il ricorso al lavoro nero è molto frequente e se non è nero è grigio dal momento che molte tipologie contrattuali lo consentono, le retribuzioni sono ai minimi storici, il ricatto è frequentissimo. Siamo in una condizione difficile e gli stranieri che vengono a lavorare in Italia sono in condizioni anche peggiori. Cosa siamo diventati? Dobbiamo reagire anche perché gli strumenti per farlo sono stati erosi. Non possiamo permettere questo scempio, ci condurrebbe alla guerra civile.
pietro ancona scrive:
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penso che ci siano responsabilità gravi del sindacato e della sua ossessione unitaria che finalmente comincia ad abbandonare.Dalla rinunzia alla scala mobile donata da Trentin e colleghi al governo Amato e poi dagli accordi di concertazione del 93 per i quali Trentin fece la mossa di dare le dimissioni subito rientrate ad oggi è stata una via crocis con il Cristo lavoratore sempre più malconcio. La deregolation che ha fatto dei lavoratori italiani i più ricattati dell’OCSE è andata avanti con elaborazione giuslavorista bipartisan o meglio unitaria o meglio ancora pensiero unico da Treu a Ichino a Sacconi a Letta etcc…Cremaschi Landini Rinaldini sono persone oneste che fanno la loro battaglia nella CGIL ma è una battaglia contro i Mulini a Vento, una mera testimonianza, alla lunga una fonte di equivoco e di difesa a sinistra della destra riformista che detta ordini. Non si può contestare tutta la vita e sperare senza mai fare il punto, trarre delle conclusioni. Di Vittorio fu capace di farlo andandosene dalla CGIL e fondando l’USI. Anche per lo sciopero del 6 Cremaschi dice cose che stanno nei suoi desideri ma non nella realtà. Lo sciopero del sei è una cannonata a salva. Dopo il sei la condizione dei lavoratori peggiorerà perchè chi gioca sul tempo sa di avere almeno due anni di tempo prima di registrare una nuova reazione-
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Ma il 1 maggio non è la Festa del Lavoro?
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