di GIORGIO CREMASCHI. Fonte: micromega
Perché i lavoratori, i cittadini, il popolo greco dovrebbero impiccarsi alla corda degli strozzini di tutta Europa? Perché la Grecia dovrebbe rinunciare a stato sociale, diritti, regole, sicurezza; vendere all’incanto i propri beni comuni, a partire proprio dall’acqua, per far quadrare i conti delle grandi banche europee e americane? Questa è la domanda di fondo che si pone oggi in quel paese e, a breve, in tutta Europa.
Si dice che i debiti devono essere sempre pagati, e così quello pubblico della Grecia. Tuttavia quando due anni e mezzo fa le principali banche occidentali rischiavano il fallimento, i governi stanziarono da 3.000 a 5.000 miliardi di euro, secondo le diverse stime, per salvare le banche private ed i loro profitti. Oggi si nega alla Grecia da un trentesimo a un cinquantesimo di quella cifra, se non vende tutto, comprese le sue belle isole come sostengono alcuni quotidiani economici tedeschi.
I banchieri e i grandi manager occidentali hanno visto, grazie al colossale intervento pubblico, aumentare del 36% in un anno i propri già lauti guadagni, mentre il reddito medio dei lavoratori greci è calato del 25%. Questa è la realtà su cui sproloquiano gli innamorati dell’Europa delle banche e del rigore. Quei falsi profeti che con l’euro sono riusciti nella magica operazione di svalutare tutte le retribuzioni dei lavoratori europei e di rivalutare tutti i profitti dei loro padroni.
Sì, certo, nelle buone intenzioni l’euro doveva servire ad unificare l’Europa. Nella pratica concreta dei patti di stabilità, di Maastricht, delle politiche liberiste dei governi – di tutti i governi di destra e di sinistra – ha però in realtà distrutto l’unità sociale e persino quella democratica del Continente.
Oggi i governi eletti dai cittadini non decidono nulla sull’economia. Sono i tiranni di Francoforte e di Bruxelles che decretano quello che si deve o non si deve fare. Questo è a tal punto vero che il Belgio sta sperimentando l’assenza di un governo democratico da quasi due anni. Ormai quel paese è direttamente amministrato dai commessi, dai funzionari, dai manager dei poteri europei.
Abbiamo già scritto che questa Europa fa schifo. Essa è in grado di fare la guerra in Libia, e su questo ha solo torto il Presidente della Repubblica a voler andare avanti, ma non di varare una politica sociale comune, né per i migranti né per i suoi più antichi cittadini. La più importante conquista civile e democratica dopo la sconfitta del fascismo, il patrimonio che l’Europa oggi potrebbe consegnare all’umanità – lo stato sociale, i diritti di cittadinanza, la partecipazione democratica – viene sacrificato sull’altare delle banche e della finanza.
Questa Europa va rovesciata. Non in nome delle piccole patrie razziste e xenofobe, delle ridicole padanie capaci solo di rivendicare targhette per i ministeri e spietatezza con i poveri, soprattutto se vengono da fuori. L’Italia ha cominciato a liberarsi di Berlusconi e di Bossi, ed è forse più avanti nel capire che non è il populismo razzista l’alternativa al potere liberista europeo, anzi, è semplicemente la faccia più sporca di quella stessa medaglia. L’Italia ha cominciato a liberarsi, ma questa liberazione sarà vera quando verrà rovesciato il potere degli usurai che in tutta Europa stanno imponendo il massacro sociale, con il ricatto del mercato selvaggio e della globalizzazione.
Occorre una rivoluzione democratica e sociale dei popoli europei che rovesci l’Europa delle banche, della finanza, dei ricchi. Bisogna non pagare questo debito e far invece cadere, finalmente, i costi della crisi su chi l’ha provocata. Il piccolo popolo islandese ha già votato in un referendum il mandato ai propri governi di non pagare il debito per salvare la speculazione mondiale. Questo chiedono gli indignados spagnoli, così come i cittadini greci davanti al loro parlamento totalmente esautorato di ogni reale potere. Dalla Grecia, che ha inventato la parola democrazia, deve partire la riscossa democratica di tutti i popoli d’Europa.
Giorgio Cremaschi – da Liberazione
(22 giugno 2011)
Perché i lavoratori, i cittadini, il popolo greco dovrebbero impiccarsi alla corda degli strozzini di tutta Europa? Perché la Grecia dovrebbe rinunciare a stato sociale, diritti, regole, sicurezza; vendere all’incanto i propri beni comuni, a partire proprio dall’acqua, per far quadrare i conti delle grandi banche europee e americane? Questa è la domanda di fondo che si pone oggi in quel paese e, a breve, in tutta Europa.
Si dice che i debiti devono essere sempre pagati, e così quello pubblico della Grecia. Tuttavia quando due anni e mezzo fa le principali banche occidentali rischiavano il fallimento, i governi stanziarono da 3.000 a 5.000 miliardi di euro, secondo le diverse stime, per salvare le banche private ed i loro profitti. Oggi si nega alla Grecia da un trentesimo a un cinquantesimo di quella cifra, se non vende tutto, comprese le sue belle isole come sostengono alcuni quotidiani economici tedeschi.
I banchieri e i grandi manager occidentali hanno visto, grazie al colossale intervento pubblico, aumentare del 36% in un anno i propri già lauti guadagni, mentre il reddito medio dei lavoratori greci è calato del 25%. Questa è la realtà su cui sproloquiano gli innamorati dell’Europa delle banche e del rigore. Quei falsi profeti che con l’euro sono riusciti nella magica operazione di svalutare tutte le retribuzioni dei lavoratori europei e di rivalutare tutti i profitti dei loro padroni.
Sì, certo, nelle buone intenzioni l’euro doveva servire ad unificare l’Europa. Nella pratica concreta dei patti di stabilità, di Maastricht, delle politiche liberiste dei governi – di tutti i governi di destra e di sinistra – ha però in realtà distrutto l’unità sociale e persino quella democratica del Continente.
Oggi i governi eletti dai cittadini non decidono nulla sull’economia. Sono i tiranni di Francoforte e di Bruxelles che decretano quello che si deve o non si deve fare. Questo è a tal punto vero che il Belgio sta sperimentando l’assenza di un governo democratico da quasi due anni. Ormai quel paese è direttamente amministrato dai commessi, dai funzionari, dai manager dei poteri europei.
Abbiamo già scritto che questa Europa fa schifo. Essa è in grado di fare la guerra in Libia, e su questo ha solo torto il Presidente della Repubblica a voler andare avanti, ma non di varare una politica sociale comune, né per i migranti né per i suoi più antichi cittadini. La più importante conquista civile e democratica dopo la sconfitta del fascismo, il patrimonio che l’Europa oggi potrebbe consegnare all’umanità – lo stato sociale, i diritti di cittadinanza, la partecipazione democratica – viene sacrificato sull’altare delle banche e della finanza.
Questa Europa va rovesciata. Non in nome delle piccole patrie razziste e xenofobe, delle ridicole padanie capaci solo di rivendicare targhette per i ministeri e spietatezza con i poveri, soprattutto se vengono da fuori. L’Italia ha cominciato a liberarsi di Berlusconi e di Bossi, ed è forse più avanti nel capire che non è il populismo razzista l’alternativa al potere liberista europeo, anzi, è semplicemente la faccia più sporca di quella stessa medaglia. L’Italia ha cominciato a liberarsi, ma questa liberazione sarà vera quando verrà rovesciato il potere degli usurai che in tutta Europa stanno imponendo il massacro sociale, con il ricatto del mercato selvaggio e della globalizzazione.
Occorre una rivoluzione democratica e sociale dei popoli europei che rovesci l’Europa delle banche, della finanza, dei ricchi. Bisogna non pagare questo debito e far invece cadere, finalmente, i costi della crisi su chi l’ha provocata. Il piccolo popolo islandese ha già votato in un referendum il mandato ai propri governi di non pagare il debito per salvare la speculazione mondiale. Questo chiedono gli indignados spagnoli, così come i cittadini greci davanti al loro parlamento totalmente esautorato di ogni reale potere. Dalla Grecia, che ha inventato la parola democrazia, deve partire la riscossa democratica di tutti i popoli d’Europa.
Giorgio Cremaschi – da Liberazione
(22 giugno 2011)
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