Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

lunedì 31 ottobre 2011

Paul Krugman: L'islanda: la strada che non intraprendiamo

Fonte: controlacrisi
I mercati finanziari stanno celebrando l'accordo raggiunto a Bruxelles giovedi scorso.
Infatti, rispetto a quello che sarebbe potuto accadere (un amaro fallimento da concordare), i leader europei si sono accordati su qualcosa, e malgrado i dettagli siano imprecisi e fumosi, si tratta comunque di uno sviluppo positivo.

E' importante però fare un passo indietro per vedere il panorama più generale, cioè il triste fallimento di una dottrina economica, una dottrina che ha inflitto danni enormi sia in Europa che negli Stati Uniti. La dottrina in questione è riassunta nella dichiarazione che, nel periodo che segue una crisi finanziaria, le banche devono essere salvate, e i cittadini devono pagare il prezzo.

Quindi una crisi causata dal liberalismo diventa un motivo per impiantare ancor di più le dottrine neoliberiste; una crisi che genera disoccupazione di massa, piuttosto che rilanciare gli sforzi pubblici per creare posti di lavoro, diventa un momento di austerità, in cui la spesa pubblica e dei programmi sociali sono tagliati drasticamente.

Abbiamo venduto questa dottrina affermando che non c'erano alternative, che sia il salvataggio e tagli di spesa sono stati necessari per soddisfare i mercati finanziari, e affermando che l'austerità fiscale avrebbe in realtà creato posti di lavoro.

L'idea era che i tagli alla spesa avrebbero aumentato la fiducia dei consumatori e delle imprese.

E presumibilmente, questa fiducia avrebbe stimolato la spesa privata e compensato gli effetti deprimenti dei tagli.

Alcuni economisti non erano convinti. Uno scettico affermava in modo caustico che le dichiarazioni sugli effetti espansivi dell'austerità si basavano solo sulla "favola della fiducia". Beh, ok, quello eroio . Ma tuttavia, la dottrina è stata estremamente egemone.

L'austerità espansiva, in particolare, è stata sostenuta dai repubblicani americani che dalla Banca centrale europea, che l'anno scorso ha esortato tutti i governi europei, non solo quelli con difficoltà di bilancio, ad intraprendere il "consolidamento fiscale".

E quando David Cameron è diventato primo ministro del Regno Unito lo scorso anno, ha subito avviato un programma di tagli alle spese, ritenendo che ciò avrebbe rilanciato l'economia (una decisione che molti esperti americani accolsero con elogi e adulazioni).

Ora, però, stiamo vedendo le conseguenze, e l'immagine non è gradevole.

La Grecia è stata guidata dalle misure di austerità verso una depressione profonda; questa depressione, e non la mancanza di sforzo da parte del governo greco, ha portato alla conclusione che il programma imposto alla Grecia è concretamente impraticabilmente, come recita un rapporto riservato inviato la settimana scorsa ai L'economia britannica è rimasta immobile dinanzi alla crisi, e la fiducia delle imprese e dei consumatori è scesa invece di salire.

Probabilmente è altrettanto importante conoscere quella che si considera una storia di successo.

Pochi mesi fa, molti esperti hanno cominciato a esaltare i successi della Lettonia, che dopo una terribile recessione, si sforzò per ridurre il suo deficit di bilancio e nel convincere i mercati che era in regola con i propri conti.

Ciò avvenne realmente, ma per realizzarlo la Lettonia ha pagato con una crescrita del 16% in più di disoccupazione e con una economia che, sebbene in crescita, corrisponde al 18% in meno di quella che era prima della crisi.

Quindi, salvare le banche, mentre allo stesso tempo si punisce i lavoratori, non è proprio una ricetta per la prosperità.

Ma c'era un'alternativa?

Beh, è per questo che sono in Islanda, per un convegno sul paese che ha fatto qualcosa di diverso.

Se avete letto le cronache della crisi finanziaria, o guardato gli adattamenti cinematografici dell'eccellente "Inside Job", dovreste sapere che l'Islanda era probabilmente l'esempio perfetto del disastro economico: i suoi banchieri fuori da qualsiasi controllo produssero un debito enorme e lasciarono la nazione in una situazione disperata.

Ma sulla strada verso l'apocalisse economica è avvenuto una cosa curiosa: la disperazione stessa dell'Islanda ha reso impossibile il comportamento convenzionale e ha dato al paese la libertà di rompere le regole.

Mentre tutti gli altri salvavano i banchieri e le banche, costringendo i cittadini a pagarne il prezzo, ed i cittadini costretti a pagare il prezzo, l'Islanda ha lasciato che le banche fallissero e al tempo stesso ha ampliato la sua rete di sicurezza sociale

Mentre tutti i paesi restavano ossessionati dal tentativo di placare gli investitori internazionali, l' Islanda ha imposto controlli temporanei sui movimenti di capitale, per darsi un certo margine di manovra.

Come sta andando?

L'Islanda non ha evitato la grave crisi economica ne l'abbassamento del tenore di vita.

Però è riuscita ad arginare l'aumento della disoccupazione e il disagio sociale dei più vulnerabili. la rete di sicurezza sociale è rimasta intatta così come intatta è rimasta la dignità e la decenza minima della sua società.

Ma è riuscita ad arginare l'aumento della disoccupazione, la sofferenza dei più vulnerabili; la rete di sicurezza sociale è rimasta intatta, come base della decenza della loro società.

"Le cose sarebbero potute andare molto peggio" può essere che non sia tra i più stimolanti degli slogan, ma dato che il mondo intero sperava in un disastro totale, rappresenta comunque una vittoria politica.

E ci insegna una lezione per tutti noi: la sofferenza di tanti nostri cittadini è inutile.

Se questo è un momento di incredibile crisi e dolore, se viviamo in una società molto più dura e crudele, è stato per scelta.

Tutto ciò non doveva, e non deve, inevitabilmente avvenire.

Paul Krugman

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