di Davide Falcioni Fonte: controlacrisi
Il Partito Democratico appoggia il governo tecnico guidato da Monti e accetta la dittatura della Bce. Via libera a privatizzazioni (in barba al referendum di giugno), licenziamenti, maggiore precarietà e riforma delle pensioni. Dov'è finito il progressismo?
Gentili dirigenti del Partito Democratico, potete spiegare ai cittadini italiani il senso della vostra azione politica?
Perché, vedete, appare ogni giorno più incomprensibile. Come fosse un'infinita partita a scacchi, solo che ogni mossa è destinata a condurre alla sconfitta sicura. Non parlo della vostra sconfitta – o della dissoluzione stessa del partito – ma della sconfitta dei cittadini che riponevano in voi le loro speranze. Io non sono tra loro ma anche su di me ricade la mannaia delle vostre scelte.
Ma andiamo con ordine. Senza scomodare avvenimenti lontani ormai mesi, né le piccole guerre tribali tra i vostri “leader”, gli ultimi giorni sono stati un susseguirsi di assurdità politiche oggettivamente inspiegabili.
Partiamo da sabato, giorno della vostra manifestazione a Roma. Sul palco, tra le altre cose, il segretario ha giustamente ribadito la necessità di uscire dal berlusconismo. Ha lanciato un urlo di dolore per la disoccupazione crescente giorno dopo giorno. Infine ha annunciato che il PD non ha paura di governare l'Italia ed è pronta a farlo in qualsiasi momento.
Trascorrono due giorni. Alla Camera martedì 8 novembre si vota l'approvazione del Rendiconto Generale dello Stato: il provvedimento, di natura squisitamente amministrativa, passa con 308 voti favorevoli. Con un'abile mossa, tuttavia, le opposizioni non votano, lasciando emergere la crisi in atto da giorni in seno al Governo, che finalmente ammette di non aver più i numeri per andare avanti.
E' il momento che milioni di italiani attendevano. In serata Berlusconi annuncia le sue dimissioni entro qualche giorno. Tra le opposizioni si apre il dibattito: andare a votare o formare un governo tecnico? Nella sede nazionale del PD si infittiscono le riunioni, finché non si arriva alla fumata bianca: ok all'appoggio di un governo tecnico guidato da Mario Monti. Che tradotto vuol dire: ok a un governo ultraliberale; ok alla sospensione della democrazia in Italia; ok al primato del mercato sui diritti dei cittadini. Insomma, chi ha provocato la crisi speculando sui nostri titoli di stato ora sarebbe in grado di risolverla felicemente, approvando le 39 richieste della Bce.
Ma cari dirigenti del Partito Democratico, non eravate pronti ad accollarvi l'onere del governo in qualsiasi momento? Non volevate essere voi a proporre un'alternativa a questo modello di sviluppo? Vi siete domandati perché la Cgil si è rifiutata di accettare l'ipotesi del governo tecnico? E soprattutto come potete, voi che nella “mappa” della politica vi ostinate a collocarvi ancora a sinistra, accettare quello che ci viene richiesto?
Già, cosa viene richiesto? Solo per fare qualche esempio: il terzo punto recita letteralmente “Il governo è in grado di illustrare nei dettagli i piani che intende attuare per procedere a una dismissione dei beni di proprietà statale? Il governo sta prendendo il considerazione l’idea di vendere quote azionarie di grandi aziende di proprietà statale?”.
Cosa vuol dire, gentili dirigenti del PD? Vuol dire che, in barba al referendum del 12 e 13 giugno, saremo costretti a mettere sul mercato i servizi pubblici locali, vendendoli (anzi, svendendoli) a società private. Il principio che i beni comuni sono privi di rilevanza economica, per il quale milioni di cittadini (anche iscritti al vostro partito) si sono battuti per anni, va così a farsi benedire. Gli acquedotti andranno sul mercato, così come tutte le altre società che gestiscono i servizi pubblici locali.
Eppure non eravate voi all'indomani della vittoria dei sì al referendum a tentare di accaparrarvi gran parte dei meriti (che in realtà erano del Comitato Promotore, nel quale vi si siete guardati bene dall'entrare)? Non era Rosy Bindi a invitare a votare sì, per sancire il principio che i beni comuni come l'acqua devono essere privi di rilevanza economica? “E' il momento giusto per rafforzare un'onda civica”, diceva il 12 giugno la presidente del Partito Democratico.
Ebbene, ieri è stata approvata la legge di stabilità che prevede, tra le altre cose, proprio la privatizzazione massiccia dei servizi pubblici locali (acqua compresa). Il PD, che il 14 giugno esultava per la vittoria dei SI' al referendum, si è astenuto senza opporsi, senza denunciare la truffa. Come Ponzio Pilato con Gesù: se ne è lavato le mani.
Ma la lista sarebbe lunga. Il quinto punto della lettera auspica l'aumento dell'età pensionabile a 67 anni in virtù di un assurdo ragionamento sulla longevità (come se vivere più a lungo fosse una colpa). Addirittura si arriva a proporre l'abolizione totale della pensione di anzianità. Ma voi, gentili dirigenti del “più grande partito dell'opposizione” lo sapete che esistono lavori altamente logoranti e che è un insulto chiedere ad un operaio - che lavori nell'agricoltura o nell'industria, solo per fare due esempi - di rinunciare alla pensione, di rinunciare a godersi la vecchiaia in pace? Intanto, anche a causa del mancato ricambio generazionale, milioni di giovani italiani rimarrebbero senza lavoro...
E come potete accettare i punti della lettera che chiedono, letteralmente, di “riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa” cancellando di fatto i contratti nazionali e favorendo una guerra tra poveri, naturalmente al ribasso? Oppure la "revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti”, cioè la totale libertà per le imprese di mandare a casa i dipendendi qualora decidano, del tutto arbitrariamente, che non sono più convenienti?
Non eravate voi, cari dirigenti del Partito Democratico, a voler combattere la disoccupazione e la precarietà? Da quando la disoccupazione si sconfigge aumentando il numero dei disoccupati?
Gentili dirigenti del Partito Democratico, ancora una volta vi state rendendo complici del massacro. Accettando il governo tecnico accettate di fatto l'applicazione delle richieste della Bce. Acriticamente avete deciso che non ci sono altre strade percorribili: non vi siete neppure posti il problema di cercare altri modi per uscire dalla palude in cui ci siamo arenati, nonostante in tutto il mondo partiti politici minoritari, sindacati e soprattutto società civile ragionino su strade alternative da percorrere: perché, pensate che illusi, credono che questa crisi rappresenti un'occasione unica per cambiare il mondo.
Avete rinunciato a lottare per un paese più equo. La ridistribuzione delle risorse, le conquiste nel mondo del lavoro, un welfare efficiente erano un tempo le linee guida per uno sviluppo sociale progressista. Voi rinunciate a tutto ciò e, in nome di una presunta modernizzazione delle battaglie politiche, accettate senza aprire bocca la dittatura del mercato. Solo che lo fate sulla nostra pelle.
Il Partito Democratico appoggia il governo tecnico guidato da Monti e accetta la dittatura della Bce. Via libera a privatizzazioni (in barba al referendum di giugno), licenziamenti, maggiore precarietà e riforma delle pensioni. Dov'è finito il progressismo?
Gentili dirigenti del Partito Democratico, potete spiegare ai cittadini italiani il senso della vostra azione politica?
Perché, vedete, appare ogni giorno più incomprensibile. Come fosse un'infinita partita a scacchi, solo che ogni mossa è destinata a condurre alla sconfitta sicura. Non parlo della vostra sconfitta – o della dissoluzione stessa del partito – ma della sconfitta dei cittadini che riponevano in voi le loro speranze. Io non sono tra loro ma anche su di me ricade la mannaia delle vostre scelte.
Ma andiamo con ordine. Senza scomodare avvenimenti lontani ormai mesi, né le piccole guerre tribali tra i vostri “leader”, gli ultimi giorni sono stati un susseguirsi di assurdità politiche oggettivamente inspiegabili.
Partiamo da sabato, giorno della vostra manifestazione a Roma. Sul palco, tra le altre cose, il segretario ha giustamente ribadito la necessità di uscire dal berlusconismo. Ha lanciato un urlo di dolore per la disoccupazione crescente giorno dopo giorno. Infine ha annunciato che il PD non ha paura di governare l'Italia ed è pronta a farlo in qualsiasi momento.
Trascorrono due giorni. Alla Camera martedì 8 novembre si vota l'approvazione del Rendiconto Generale dello Stato: il provvedimento, di natura squisitamente amministrativa, passa con 308 voti favorevoli. Con un'abile mossa, tuttavia, le opposizioni non votano, lasciando emergere la crisi in atto da giorni in seno al Governo, che finalmente ammette di non aver più i numeri per andare avanti.
E' il momento che milioni di italiani attendevano. In serata Berlusconi annuncia le sue dimissioni entro qualche giorno. Tra le opposizioni si apre il dibattito: andare a votare o formare un governo tecnico? Nella sede nazionale del PD si infittiscono le riunioni, finché non si arriva alla fumata bianca: ok all'appoggio di un governo tecnico guidato da Mario Monti. Che tradotto vuol dire: ok a un governo ultraliberale; ok alla sospensione della democrazia in Italia; ok al primato del mercato sui diritti dei cittadini. Insomma, chi ha provocato la crisi speculando sui nostri titoli di stato ora sarebbe in grado di risolverla felicemente, approvando le 39 richieste della Bce.
Ma cari dirigenti del Partito Democratico, non eravate pronti ad accollarvi l'onere del governo in qualsiasi momento? Non volevate essere voi a proporre un'alternativa a questo modello di sviluppo? Vi siete domandati perché la Cgil si è rifiutata di accettare l'ipotesi del governo tecnico? E soprattutto come potete, voi che nella “mappa” della politica vi ostinate a collocarvi ancora a sinistra, accettare quello che ci viene richiesto?
Già, cosa viene richiesto? Solo per fare qualche esempio: il terzo punto recita letteralmente “Il governo è in grado di illustrare nei dettagli i piani che intende attuare per procedere a una dismissione dei beni di proprietà statale? Il governo sta prendendo il considerazione l’idea di vendere quote azionarie di grandi aziende di proprietà statale?”.
Cosa vuol dire, gentili dirigenti del PD? Vuol dire che, in barba al referendum del 12 e 13 giugno, saremo costretti a mettere sul mercato i servizi pubblici locali, vendendoli (anzi, svendendoli) a società private. Il principio che i beni comuni sono privi di rilevanza economica, per il quale milioni di cittadini (anche iscritti al vostro partito) si sono battuti per anni, va così a farsi benedire. Gli acquedotti andranno sul mercato, così come tutte le altre società che gestiscono i servizi pubblici locali.
Eppure non eravate voi all'indomani della vittoria dei sì al referendum a tentare di accaparrarvi gran parte dei meriti (che in realtà erano del Comitato Promotore, nel quale vi si siete guardati bene dall'entrare)? Non era Rosy Bindi a invitare a votare sì, per sancire il principio che i beni comuni come l'acqua devono essere privi di rilevanza economica? “E' il momento giusto per rafforzare un'onda civica”, diceva il 12 giugno la presidente del Partito Democratico.
Ebbene, ieri è stata approvata la legge di stabilità che prevede, tra le altre cose, proprio la privatizzazione massiccia dei servizi pubblici locali (acqua compresa). Il PD, che il 14 giugno esultava per la vittoria dei SI' al referendum, si è astenuto senza opporsi, senza denunciare la truffa. Come Ponzio Pilato con Gesù: se ne è lavato le mani.
Ma la lista sarebbe lunga. Il quinto punto della lettera auspica l'aumento dell'età pensionabile a 67 anni in virtù di un assurdo ragionamento sulla longevità (come se vivere più a lungo fosse una colpa). Addirittura si arriva a proporre l'abolizione totale della pensione di anzianità. Ma voi, gentili dirigenti del “più grande partito dell'opposizione” lo sapete che esistono lavori altamente logoranti e che è un insulto chiedere ad un operaio - che lavori nell'agricoltura o nell'industria, solo per fare due esempi - di rinunciare alla pensione, di rinunciare a godersi la vecchiaia in pace? Intanto, anche a causa del mancato ricambio generazionale, milioni di giovani italiani rimarrebbero senza lavoro...
E come potete accettare i punti della lettera che chiedono, letteralmente, di “riformare ulteriormente il sistema di contrattazione salariale collettiva, permettendo accordi al livello d'impresa” cancellando di fatto i contratti nazionali e favorendo una guerra tra poveri, naturalmente al ribasso? Oppure la "revisione delle norme che regolano l'assunzione e il licenziamento dei dipendenti”, cioè la totale libertà per le imprese di mandare a casa i dipendendi qualora decidano, del tutto arbitrariamente, che non sono più convenienti?
Non eravate voi, cari dirigenti del Partito Democratico, a voler combattere la disoccupazione e la precarietà? Da quando la disoccupazione si sconfigge aumentando il numero dei disoccupati?
Gentili dirigenti del Partito Democratico, ancora una volta vi state rendendo complici del massacro. Accettando il governo tecnico accettate di fatto l'applicazione delle richieste della Bce. Acriticamente avete deciso che non ci sono altre strade percorribili: non vi siete neppure posti il problema di cercare altri modi per uscire dalla palude in cui ci siamo arenati, nonostante in tutto il mondo partiti politici minoritari, sindacati e soprattutto società civile ragionino su strade alternative da percorrere: perché, pensate che illusi, credono che questa crisi rappresenti un'occasione unica per cambiare il mondo.
Avete rinunciato a lottare per un paese più equo. La ridistribuzione delle risorse, le conquiste nel mondo del lavoro, un welfare efficiente erano un tempo le linee guida per uno sviluppo sociale progressista. Voi rinunciate a tutto ciò e, in nome di una presunta modernizzazione delle battaglie politiche, accettate senza aprire bocca la dittatura del mercato. Solo che lo fate sulla nostra pelle.
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