di Anonimo. Fonte: sinistrainrete
Non solo il debito non lo paghiamo, ma rivogliamo indietro i nostri soldi!
“Noi il debito non lo paghiamo!”
“Come: ti hanno prestato dei soldi e adesso non li vuoi restituire?”
Detta così sembra che in torto ci siamo noi.
Invece questa della “crisi del debito” non è altro che l’epilogo di una serie di truffe che si sono sommate tra loro, dove i protagonisti sono sempre gli stessi e di cui viene chiesto a noi adesso di saldare il conto.
La prima truffa è stata fatta nel 2001 ed è continuata fino al 2009 e riguarda la Grecia.
Per poter entrare nell’Euro nel 2001 la Grecia, visto che non era in regola con nessuno dei parametri previsti dal trattato di Maastricht, si è rivolta a due banche d’affari, la Goldman Sachs e la JP Morgan Chase che le hanno suggerito come fare.
La truffa consisteva nel falsificare i bilanci pubblici utilizzando alcuni strumenti finanziari che si chiamano derivati. In particolare si trattava, attraverso l’uso dei Cross Currency Swap, di ristrutturare il debito pubblico del settore sanitario, convertendolo prima in Dollari, poi in Yen e quindi in Euro ad un tasso di cambio particolarmente favorevole per le casse elleniche.
Ovviamente, in cambio del fatto che la Grecia si sarebbe trovata qualche miliardo di euro in meno nel proprio debito pubblico grazie a questa operazione, la Goldman Sachs e la JP Morgan Chase si beccavano gli incassi futuri delle tasse aeroportuali greche, dei pedaggi autostradali greci e delle lotterie dello stato greco.
L’aspetto truffaldino dell’operazione è che in realtà si trattava di un prestito concesso dalle due banche alla Grecia ottenuto in cambio di entrate a cui lo stato greco avrebbe rinunciato. Insomma, il debito rimaneva, solo veniva spalmato sugli anni a venire sotto la forma di minori entrate per lo stato e spariva dalla contabilità nazionale.
Ovviamente su questa operazione, le banche che l’hanno gestita ci hanno guadagnato molto di più di quanto avrebbero ottenuto se si fossero limitate a prestare alla Grecia i soldi al tasso d’interesse corrente all’epoca.
Oltretutto i derivati hanno interessi crescenti: bassi i primi anni, poi salgono in modo esponenziale, secondo lo schema usato dagli usurai.
Negli anni successivi i governi che si sono succeduti in Grecia hanno continuato a falsificare i bilanci, rinnovando i derivati per far fronte agli interessi sempre maggiori, finché non si è arrivati ad importi troppo grandi per rinnovarli ulteriormente ed è scoppiata la crisi.
Di questa truffa sono noti i truffatori, la Goldman Sachs, la JP Morgan ed il governo greco, ed i truffati: la popolazione greca. E non ci si venga a dire che i greci dovevano accorgersi che li stavano fregando, visto che, della falsificazione dei bilanci non se n’è accorta (o, almeno, dice di non essersene accorta) né la Commissione Europea né Eurostat che hanno strumenti molto migliori di quelli che può avere un cittadino greco che, al massimo, potrà aver visto in questi anni aumentare i pedaggi autostradali del 1.000 %, o la sanità diventare privata senza capirne il motivo.
La seconda truffa è stata fatta dal 2008 ad opera delle banche europee e della Banca Centrale Europea (BCE).
Dopo la crisi dei mutui subprime nel 2008, la BCE ha cominciato a prestare soldi alle banche europee al tasso dell’1%.
Le regole contabili per le banche (Basilea 1 e 2) prevedono che quando si prestano soldi a qualcuno, vadano fatti degli accantonamenti in funzione del rischio del debitore. Per gli acquisti dei titoli degli stati europei questo accantonamento non viene considerato necessario.
Le banche europee allora che facevano? Utilizzavano un meccanismo che si chiama “carry trade”: prendevano i soldi in prestito alla BCE all’1% e li investivano in titoli di stato dei paesi dell’area Euro (che venivano offerti, ad esempio, al 4%) e guadagnavano, senza alcun problema, il 3% di differenza: stiamo parlando di centinaia di miliardi di euro regalati dalla BCE alle banche.
L’economia però è un gioco “a somma zero” (come il poker): se qualcuno ci guadagna, qualcun altro ci perde.
E in questo caso a perderci sono stati i cittadini degli stati europei che vendevano titoli alle banche: invece di dover pagare, nel bilancio dello stato, interessi al 4%, avrebbero potuto spendere solo 1% per piazzare i propri titoli sul mercato. Tenete presente che, solo per l’Italia, una differenza di 3 punti percentuali di tasso d’interesse vale 57 miliardi l’anno: più della manovra economica appena varata.
Oltre a far lucrare senza alcun rischio la differenza dei tassi d’interesse, non si capisce quale sia la motivazione di dare i soldi alle banche e non direttamente agli stati.
Dicono “Ma le banche si fanno carico del rischio d’investimento” e allora che se ne facessero carico: quando guadagnavano andava tutto bene e adesso che ci rimettono dobbiamo dargli noi i soldi?
Non è che prima mi chiamava Renè Carron (presidente di Credit Agricole, una delle banche più esposte sui titoli greci) e mi diceva “Guarda Francè che abbiamo guadagnato 30 miliardi di euro con il carry trading, tieni ‘sti 10.000 euro e vattici a mangiare una pizza con gli amici”. Quello i soldi se li metteva in tasca! E allora perché adesso mi chiama e mi dice “Guarda Francè, siccome ci ho rimesso, mi devi dare 10.000 euro e devi accettare che al tuo lavoro ti licenzino come gli pare”.
Un’altra truffa è quella dell’acquisto di titoli degli stati in affanno da parte della BCE.
La truffa è nel fatto che la BCE impone misure economiche in cambio dell’acquisto di titoli. Non si capisce, infatti, a che titolo la BCE invii lettere ordinando gli interventi di politica economica agli stati in difficoltà.
Infatti, per quanto si chiami “Banca”, la BCE non presta i soldi a nessuno: è un’istituzione europea che avrebbe il compito di mantenere bassa l’inflazione nei 17 paesi che usano l’euro.
Per farlo usa gli strumenti classici della politica monetaria: fissa il tasso d’interesse e compie le operazioni di “mercato aperto”, cioè aumenta o diminuisce la quantità di banconote circolanti comprando (quando vuole metterle in circolazione) o vendendo (quando vuole ridurre quelle in circolazione) i titoli di stato.
Per questo motivo gli è stato chiesto di comprare i titoli di stato dei paesi dell’area euro in difficoltà: oltre a immettere liquidità nel mercato, avrebbe evitato agli stati di dover aumentare i propri tassi di emissione dei titoli peggiorando ulteriormente gli equilibri contabili.
Che c’entra questo con le richieste di politica economica da attuare? Che senso ha che la BCE chieda allo stato italiano la libertà di licenziamento nel settore privato o di stabilire, per legge, che i contratti di lavoro aziendali possono derogare ai contratti nazionali e alle leggi?
La verità è che la BCE fa gli interessi del capitale multinazionale. In particolare di uno dei più grossi operatori finanziari: la Goldman Sachs (quella della falsificazione del bilancio greco) di cui Mario Draghi, futuro presidente della BCE, è stato vicepresidente europeo dal 2002 al 2005, carica che si è guadagnato presiedendo il “comitato per le privatizzazioni” in Italia e scrivendo una legge (la “legge Draghi”) che consentiva alle imprese di indebitarsi in proprio e per la quale è stato maledetto da tutti i possessori di bond Parmalat e Cirio.
Un’altra truffa è quella perpetrata dai governi europei che “prestano” soldi alla Grecia.
Ora, che la Grecia sia destinata a fallire, lo sanno tutti. Ormai qualsiasi manovra economica che viene chiesta alla Grecia, oltre a ridurre allo stremo la popolazione, determina effetti recessivi che la vanificano.
Tanto per spiegarsi meglio: se alzo i prezzi e diminuisco gli stipendi, la gente compra di meno e le fabbriche producono di meno. Cioè significa che il PIL scende. Siccome quello che conta del debito non è il suo valore assoluto, ma il suo rapporto con il PIL, se il debito scende, ma contemporaneamente scende anche il PIL, tu non hai concluso nulla e hai fatto dei sacrifici inutili.
La Grecia aveva il deficit al 13,6 % del PIL nel 2009, nel 2012 è atteso al 6.5% del PIL. Peccato che, nel frattempo, abbiano ridotto il bilancio dello stato del 25% e non sia servito a nulla a causa del crollo del PIL del 15% nello stesso periodo. E questo senza contare l’aumento del costo degli interessi sul debito: sul mercato secondario ormai c’è una differenza di 2.000 punti base con i titoli tedeschi.
Insomma il problema non è “se”, ma “quando” la Grecia fallirà.
E allora che senso ha tenerla in piedi? Fare proposte umilianti come dare il Partenone in pegno per i prestiti concessi (l’ha fatta la Finlandia)? Portare alla disperazione e alla fame i greci?
Il senso ce l’ha ed è nel fatto che, di tutti questi soldi prestati alla Grecia, il 95% non si muove da Francia e Germania e finisce direttamente nei forzieri delle banche francesi e tedesche che hanno i crediti con la Grecia.
Insomma il saccheggio delle risorse greche e i drammi in cui stanno precipitando le persone che vivono lì servono solo a far arrivare i soldi a quelle banche che si sono arricchite – a costo zero – con il meccanismo del carry trade.
Una ulteriore truffa è quella operata dalle società di rating: sono quelle società che stabiliscono quanto sia affidabile un debitore. Al mondo ce ne sono un centinaio, ma le tre principali sono Moody’s, Standard & Poor’s, e Fitch Ratings. Le prime due coprono il 40% del mercato, la terza il 15%.
Anche questi, come le banche, non pagano per le cavolate che fanno: ad esempio, fino a poco prima di fallire (nel più grosso fallimento della storia: 613 miliardi di dollari) la Lehman Brothers veniva accreditata della massima affidabilità da parte di tutt’e tre le agenzie.
Queste agenzie non sono affatto “neutre”, né forniscono i propri giudizi per beneficenza: si fanno pagare e, a seconda dai desideri di chi le paga, gestiscono la pubblicazione dei propri giudizi.
Questo consente a loro di arricchirsi anche con un meccanismo di “insider trading”. Se io so un giudizio prima che venga emesso, potrò specularci sopra al rialzo o al ribasso in base al giudizio stesso, con la certezza del guadagno.
Per questo motivo sono tra le società più redditizie del pianeta: Moody’s ogni 100 dollari di fatturato ne fa 38 di utili, Standard & Poor’s ne fa 39. E quest’anno gli è andata male: negli scorsi anni la redditività ha anche raggiunto il 50%!
L’ultima truffa da raccontare (anche se ce ne sono molte altre, lo spazio è limitato) è quella di chi scommette sul fallimento degli stati. Per farlo usa titoli che consentono di “assicurarsi” contro il fallimento di qualcuno, stati compresi. Si chiamano CDS (Credit Default Swap) e vengono negoziati su mercati non regolamentari (quelli dei “derivati”) a cui, ovviamente, pochi hanno accesso.
Tanto per capire le dimensioni del problema bisogna sapere che il PIL mondiale, cioè l’insieme tutti i beni e servizi prodotti in un anno in tutto il mondo, nel 2010, valeva 74.000 miliardi di dollari. Nello stesso anno il mercato obbligazionario mondiale valeva 95.000 miliardi di dollari, il mercato borsistico 50.000 miliardi di dollari e i derivati 600.000 miliardi di dollari. Tutti insieme (e non si considerano valute, metalli preziosi e altri strumenti finanziari) valgono più di dieci volte il PIL mondiale. Questo è il motivo per cui l’economia di carta decide le sorti dell’economia reale.
Bisogna anche sapere che il 90% del mercato dei derivati è in mano a 4 banche: JP Morgan Chase Bank, Citibank National, Bank of America e Goldman Sachs Bank che sono anche i principali emettitori di Credit Default Swap. Ovviamente anche in questo caso, si tratta di banche che hanno già guadagnato tantissimo e che ci guadagneranno comunque vada.
Abbiamo elencato solo alcune delle truffe che stanno alla base dell’attuale situazione. I protagonisti sono sempre gli stessi: gli stati, le banche d’affari, la BCE, il FMI, le agenzie di rating. Anche le vittime sono sempre le stesse: noi tutti. Lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, donne, migranti, sfruttati, quelli che non hanno guadagnato nulla da questa situazione e a cui adesso chiedono di saldare il conto.
Né vale la pena di illudersi che votando l’uno o l’altro cambi qualcosa. Tutti i governi (in Italia come nel resto d’Europa) fanno da decenni la stessa politica economica, a favore di queste multinazionali finanziarie e a danno dei propri cittadini.
L’unico modo per cambiare qualcosa è la lotta. Diretta e non delegata. Con la denuncia di quello che succede, la volontà di costruzione da subito di alternative praticabili a stato e capitale e la necessità di fermare questa spirale di sfruttamento.
Per questo motivo noi non solo il debito non lo paghiamo, ma ci riappropriamo anche dei soldi che ci hanno già rubato!
Non solo il debito non lo paghiamo, ma rivogliamo indietro i nostri soldi!
“Noi il debito non lo paghiamo!”
“Come: ti hanno prestato dei soldi e adesso non li vuoi restituire?”
Detta così sembra che in torto ci siamo noi.
Invece questa della “crisi del debito” non è altro che l’epilogo di una serie di truffe che si sono sommate tra loro, dove i protagonisti sono sempre gli stessi e di cui viene chiesto a noi adesso di saldare il conto.
La prima truffa è stata fatta nel 2001 ed è continuata fino al 2009 e riguarda la Grecia.
Per poter entrare nell’Euro nel 2001 la Grecia, visto che non era in regola con nessuno dei parametri previsti dal trattato di Maastricht, si è rivolta a due banche d’affari, la Goldman Sachs e la JP Morgan Chase che le hanno suggerito come fare.
La truffa consisteva nel falsificare i bilanci pubblici utilizzando alcuni strumenti finanziari che si chiamano derivati. In particolare si trattava, attraverso l’uso dei Cross Currency Swap, di ristrutturare il debito pubblico del settore sanitario, convertendolo prima in Dollari, poi in Yen e quindi in Euro ad un tasso di cambio particolarmente favorevole per le casse elleniche.
Ovviamente, in cambio del fatto che la Grecia si sarebbe trovata qualche miliardo di euro in meno nel proprio debito pubblico grazie a questa operazione, la Goldman Sachs e la JP Morgan Chase si beccavano gli incassi futuri delle tasse aeroportuali greche, dei pedaggi autostradali greci e delle lotterie dello stato greco.
L’aspetto truffaldino dell’operazione è che in realtà si trattava di un prestito concesso dalle due banche alla Grecia ottenuto in cambio di entrate a cui lo stato greco avrebbe rinunciato. Insomma, il debito rimaneva, solo veniva spalmato sugli anni a venire sotto la forma di minori entrate per lo stato e spariva dalla contabilità nazionale.
Ovviamente su questa operazione, le banche che l’hanno gestita ci hanno guadagnato molto di più di quanto avrebbero ottenuto se si fossero limitate a prestare alla Grecia i soldi al tasso d’interesse corrente all’epoca.
Oltretutto i derivati hanno interessi crescenti: bassi i primi anni, poi salgono in modo esponenziale, secondo lo schema usato dagli usurai.
Negli anni successivi i governi che si sono succeduti in Grecia hanno continuato a falsificare i bilanci, rinnovando i derivati per far fronte agli interessi sempre maggiori, finché non si è arrivati ad importi troppo grandi per rinnovarli ulteriormente ed è scoppiata la crisi.
Di questa truffa sono noti i truffatori, la Goldman Sachs, la JP Morgan ed il governo greco, ed i truffati: la popolazione greca. E non ci si venga a dire che i greci dovevano accorgersi che li stavano fregando, visto che, della falsificazione dei bilanci non se n’è accorta (o, almeno, dice di non essersene accorta) né la Commissione Europea né Eurostat che hanno strumenti molto migliori di quelli che può avere un cittadino greco che, al massimo, potrà aver visto in questi anni aumentare i pedaggi autostradali del 1.000 %, o la sanità diventare privata senza capirne il motivo.
La seconda truffa è stata fatta dal 2008 ad opera delle banche europee e della Banca Centrale Europea (BCE).
Dopo la crisi dei mutui subprime nel 2008, la BCE ha cominciato a prestare soldi alle banche europee al tasso dell’1%.
Le regole contabili per le banche (Basilea 1 e 2) prevedono che quando si prestano soldi a qualcuno, vadano fatti degli accantonamenti in funzione del rischio del debitore. Per gli acquisti dei titoli degli stati europei questo accantonamento non viene considerato necessario.
Le banche europee allora che facevano? Utilizzavano un meccanismo che si chiama “carry trade”: prendevano i soldi in prestito alla BCE all’1% e li investivano in titoli di stato dei paesi dell’area Euro (che venivano offerti, ad esempio, al 4%) e guadagnavano, senza alcun problema, il 3% di differenza: stiamo parlando di centinaia di miliardi di euro regalati dalla BCE alle banche.
L’economia però è un gioco “a somma zero” (come il poker): se qualcuno ci guadagna, qualcun altro ci perde.
E in questo caso a perderci sono stati i cittadini degli stati europei che vendevano titoli alle banche: invece di dover pagare, nel bilancio dello stato, interessi al 4%, avrebbero potuto spendere solo 1% per piazzare i propri titoli sul mercato. Tenete presente che, solo per l’Italia, una differenza di 3 punti percentuali di tasso d’interesse vale 57 miliardi l’anno: più della manovra economica appena varata.
Oltre a far lucrare senza alcun rischio la differenza dei tassi d’interesse, non si capisce quale sia la motivazione di dare i soldi alle banche e non direttamente agli stati.
Dicono “Ma le banche si fanno carico del rischio d’investimento” e allora che se ne facessero carico: quando guadagnavano andava tutto bene e adesso che ci rimettono dobbiamo dargli noi i soldi?
Non è che prima mi chiamava Renè Carron (presidente di Credit Agricole, una delle banche più esposte sui titoli greci) e mi diceva “Guarda Francè che abbiamo guadagnato 30 miliardi di euro con il carry trading, tieni ‘sti 10.000 euro e vattici a mangiare una pizza con gli amici”. Quello i soldi se li metteva in tasca! E allora perché adesso mi chiama e mi dice “Guarda Francè, siccome ci ho rimesso, mi devi dare 10.000 euro e devi accettare che al tuo lavoro ti licenzino come gli pare”.
Un’altra truffa è quella dell’acquisto di titoli degli stati in affanno da parte della BCE.
La truffa è nel fatto che la BCE impone misure economiche in cambio dell’acquisto di titoli. Non si capisce, infatti, a che titolo la BCE invii lettere ordinando gli interventi di politica economica agli stati in difficoltà.
Infatti, per quanto si chiami “Banca”, la BCE non presta i soldi a nessuno: è un’istituzione europea che avrebbe il compito di mantenere bassa l’inflazione nei 17 paesi che usano l’euro.
Per farlo usa gli strumenti classici della politica monetaria: fissa il tasso d’interesse e compie le operazioni di “mercato aperto”, cioè aumenta o diminuisce la quantità di banconote circolanti comprando (quando vuole metterle in circolazione) o vendendo (quando vuole ridurre quelle in circolazione) i titoli di stato.
Per questo motivo gli è stato chiesto di comprare i titoli di stato dei paesi dell’area euro in difficoltà: oltre a immettere liquidità nel mercato, avrebbe evitato agli stati di dover aumentare i propri tassi di emissione dei titoli peggiorando ulteriormente gli equilibri contabili.
Che c’entra questo con le richieste di politica economica da attuare? Che senso ha che la BCE chieda allo stato italiano la libertà di licenziamento nel settore privato o di stabilire, per legge, che i contratti di lavoro aziendali possono derogare ai contratti nazionali e alle leggi?
La verità è che la BCE fa gli interessi del capitale multinazionale. In particolare di uno dei più grossi operatori finanziari: la Goldman Sachs (quella della falsificazione del bilancio greco) di cui Mario Draghi, futuro presidente della BCE, è stato vicepresidente europeo dal 2002 al 2005, carica che si è guadagnato presiedendo il “comitato per le privatizzazioni” in Italia e scrivendo una legge (la “legge Draghi”) che consentiva alle imprese di indebitarsi in proprio e per la quale è stato maledetto da tutti i possessori di bond Parmalat e Cirio.
Un’altra truffa è quella perpetrata dai governi europei che “prestano” soldi alla Grecia.
Ora, che la Grecia sia destinata a fallire, lo sanno tutti. Ormai qualsiasi manovra economica che viene chiesta alla Grecia, oltre a ridurre allo stremo la popolazione, determina effetti recessivi che la vanificano.
Tanto per spiegarsi meglio: se alzo i prezzi e diminuisco gli stipendi, la gente compra di meno e le fabbriche producono di meno. Cioè significa che il PIL scende. Siccome quello che conta del debito non è il suo valore assoluto, ma il suo rapporto con il PIL, se il debito scende, ma contemporaneamente scende anche il PIL, tu non hai concluso nulla e hai fatto dei sacrifici inutili.
La Grecia aveva il deficit al 13,6 % del PIL nel 2009, nel 2012 è atteso al 6.5% del PIL. Peccato che, nel frattempo, abbiano ridotto il bilancio dello stato del 25% e non sia servito a nulla a causa del crollo del PIL del 15% nello stesso periodo. E questo senza contare l’aumento del costo degli interessi sul debito: sul mercato secondario ormai c’è una differenza di 2.000 punti base con i titoli tedeschi.
Insomma il problema non è “se”, ma “quando” la Grecia fallirà.
E allora che senso ha tenerla in piedi? Fare proposte umilianti come dare il Partenone in pegno per i prestiti concessi (l’ha fatta la Finlandia)? Portare alla disperazione e alla fame i greci?
Il senso ce l’ha ed è nel fatto che, di tutti questi soldi prestati alla Grecia, il 95% non si muove da Francia e Germania e finisce direttamente nei forzieri delle banche francesi e tedesche che hanno i crediti con la Grecia.
Insomma il saccheggio delle risorse greche e i drammi in cui stanno precipitando le persone che vivono lì servono solo a far arrivare i soldi a quelle banche che si sono arricchite – a costo zero – con il meccanismo del carry trade.
Una ulteriore truffa è quella operata dalle società di rating: sono quelle società che stabiliscono quanto sia affidabile un debitore. Al mondo ce ne sono un centinaio, ma le tre principali sono Moody’s, Standard & Poor’s, e Fitch Ratings. Le prime due coprono il 40% del mercato, la terza il 15%.
Anche questi, come le banche, non pagano per le cavolate che fanno: ad esempio, fino a poco prima di fallire (nel più grosso fallimento della storia: 613 miliardi di dollari) la Lehman Brothers veniva accreditata della massima affidabilità da parte di tutt’e tre le agenzie.
Queste agenzie non sono affatto “neutre”, né forniscono i propri giudizi per beneficenza: si fanno pagare e, a seconda dai desideri di chi le paga, gestiscono la pubblicazione dei propri giudizi.
Questo consente a loro di arricchirsi anche con un meccanismo di “insider trading”. Se io so un giudizio prima che venga emesso, potrò specularci sopra al rialzo o al ribasso in base al giudizio stesso, con la certezza del guadagno.
Per questo motivo sono tra le società più redditizie del pianeta: Moody’s ogni 100 dollari di fatturato ne fa 38 di utili, Standard & Poor’s ne fa 39. E quest’anno gli è andata male: negli scorsi anni la redditività ha anche raggiunto il 50%!
L’ultima truffa da raccontare (anche se ce ne sono molte altre, lo spazio è limitato) è quella di chi scommette sul fallimento degli stati. Per farlo usa titoli che consentono di “assicurarsi” contro il fallimento di qualcuno, stati compresi. Si chiamano CDS (Credit Default Swap) e vengono negoziati su mercati non regolamentari (quelli dei “derivati”) a cui, ovviamente, pochi hanno accesso.
Tanto per capire le dimensioni del problema bisogna sapere che il PIL mondiale, cioè l’insieme tutti i beni e servizi prodotti in un anno in tutto il mondo, nel 2010, valeva 74.000 miliardi di dollari. Nello stesso anno il mercato obbligazionario mondiale valeva 95.000 miliardi di dollari, il mercato borsistico 50.000 miliardi di dollari e i derivati 600.000 miliardi di dollari. Tutti insieme (e non si considerano valute, metalli preziosi e altri strumenti finanziari) valgono più di dieci volte il PIL mondiale. Questo è il motivo per cui l’economia di carta decide le sorti dell’economia reale.
Bisogna anche sapere che il 90% del mercato dei derivati è in mano a 4 banche: JP Morgan Chase Bank, Citibank National, Bank of America e Goldman Sachs Bank che sono anche i principali emettitori di Credit Default Swap. Ovviamente anche in questo caso, si tratta di banche che hanno già guadagnato tantissimo e che ci guadagneranno comunque vada.
Abbiamo elencato solo alcune delle truffe che stanno alla base dell’attuale situazione. I protagonisti sono sempre gli stessi: gli stati, le banche d’affari, la BCE, il FMI, le agenzie di rating. Anche le vittime sono sempre le stesse: noi tutti. Lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, donne, migranti, sfruttati, quelli che non hanno guadagnato nulla da questa situazione e a cui adesso chiedono di saldare il conto.
Né vale la pena di illudersi che votando l’uno o l’altro cambi qualcosa. Tutti i governi (in Italia come nel resto d’Europa) fanno da decenni la stessa politica economica, a favore di queste multinazionali finanziarie e a danno dei propri cittadini.
L’unico modo per cambiare qualcosa è la lotta. Diretta e non delegata. Con la denuncia di quello che succede, la volontà di costruzione da subito di alternative praticabili a stato e capitale e la necessità di fermare questa spirale di sfruttamento.
Per questo motivo noi non solo il debito non lo paghiamo, ma ci riappropriamo anche dei soldi che ci hanno già rubato!
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