by keynesblog on 21 febbraio 2012 in Europa
L’Europa ha deciso di salvare la Grecia. Se così si può dire. Perché le misure di austerità imposte ad Atene potrebbero invece distruggerla definitivamente. Che però la Grecia debba rimanere nell’euro ne è convinto Paolo Guerrieri, professore ordinario di Economia Internazionale alla Sapienza Università di Roma, che sull’Unità scrive:
E’ dimostrabile, da un lato, che un default di Atene ordinato e in grado di mantenere la Grecia all’interno dell’area euro potrebbe essere in qualche modo gestibile; dall’altro, un fallimento seguito dall’uscita dall’euro e dal ritorno alla dracma è molto più probabile scatenerebbe sui mercati europei – al di là dei drammatici costi per l’economia greca – una serie di reazioni a catena con effetti di contagio diffusi e in larga misura difficili da prevedere e controllare. [...]
Ancora, se l’eurozona continua a rappresentare la maggiore fonte di rischio per una ripresa dell’economia mondiale che si mantiene fragile e anemica, è evidente che un disordinato fallimento della Grecia determinerebbe un drastico ridimensionamento del clima di fiducia sui mercati e finirebbe per rappresentare il detonatore di una nuova recessione dell’area dei Paesi più sviluppati.
Ma a questo punto della situazione, in cui i “salvataggi” sembrano invece condanne, si moltiplicano le voci di chi consiglia alla Grecia di abbandonare la moneta unica. Tra gli ultimi arrivati Joseph Stiglitz che, criticando l’austerità come un “salasso medioevale” consiglia un default non concordato che permetta alla Grecia di ricontrattare seriamente il proprio debito con le banche europee e liberarsi dell’Euro, visto come una camicia di forza simile al Gold Standard negli anni ’30.
Di simile avviso un articolo di Marshall Auerback sul blog eterodosso New Economic Prospectives che scrive:
Non c’è dubbio che con un default un sacco di dipendenti del settore pubblico saranno licenziati, le pensioni saranno a rischio, e la disoccupazione quasi certamente crescerà. Ma questo sicuramente accadrebbe anche con l’accordo di ora. Se il paese tornasse alla dracma, però, probabilmente avrebbe una moneta sostanzialmente più debole, che potrebbe in ultima analisi offrire al paese i mezzi per competere nell’economia globale. Con un tasso di cambio super-cheap, la Grecia potrebbe diventare una Mecca per case di riposo, ospedali di ricerca, colleges transeuropei di arti liberali, e magari nuove aziende di software a basso costo.
Non una grande prospettiva vista così, ma in fondo la Florida ha basato su questi settori molto del suo benessere. La Grecia a basso costo potrebbe diventare la Florida europea.
Anche Werner Sinn, dell’Istituto IFO, in una intervista allo Spiegel spinge verso una soluzione extra Euro per la Grecia:
Le merci greche dovrebbero diventare più economiche del 30% per poter raggiungere i livelli della Turchia. E questo è possibile solamente con l’uscita dalla moneta unica e la svalutazione. Senza svalutazione si dovrebbero rinegoziare milioni di listini prezzi e contratti di lavoro. Questo porterebbe alla radicalizzazione dei sindacati e il paese sull’orlo di una guerra civile. Molte aziende andrebbero verso il fallimento perché i loro guadagni e il loro fatturato crollerebbero mentre i loro debiti bancari resterebbero invariati. I debiti bancari possono essere abbattuti solo attraverso una svalutazione. L’idea di poter salvare la Grecia all’interno dell’Euro è un’illusione. E’ diventato politicamente inaccettabile deflazionare i prezzi attraverso un taglio dei salari, in modo da rendere il paese nuovamente competitivo.
I dubbi sono tutti legittimi e nessuno sembra avere una risposta in tasca.
L’Europa ha deciso di salvare la Grecia. Se così si può dire. Perché le misure di austerità imposte ad Atene potrebbero invece distruggerla definitivamente. Che però la Grecia debba rimanere nell’euro ne è convinto Paolo Guerrieri, professore ordinario di Economia Internazionale alla Sapienza Università di Roma, che sull’Unità scrive:
E’ dimostrabile, da un lato, che un default di Atene ordinato e in grado di mantenere la Grecia all’interno dell’area euro potrebbe essere in qualche modo gestibile; dall’altro, un fallimento seguito dall’uscita dall’euro e dal ritorno alla dracma è molto più probabile scatenerebbe sui mercati europei – al di là dei drammatici costi per l’economia greca – una serie di reazioni a catena con effetti di contagio diffusi e in larga misura difficili da prevedere e controllare. [...]
Ancora, se l’eurozona continua a rappresentare la maggiore fonte di rischio per una ripresa dell’economia mondiale che si mantiene fragile e anemica, è evidente che un disordinato fallimento della Grecia determinerebbe un drastico ridimensionamento del clima di fiducia sui mercati e finirebbe per rappresentare il detonatore di una nuova recessione dell’area dei Paesi più sviluppati.
Ma a questo punto della situazione, in cui i “salvataggi” sembrano invece condanne, si moltiplicano le voci di chi consiglia alla Grecia di abbandonare la moneta unica. Tra gli ultimi arrivati Joseph Stiglitz che, criticando l’austerità come un “salasso medioevale” consiglia un default non concordato che permetta alla Grecia di ricontrattare seriamente il proprio debito con le banche europee e liberarsi dell’Euro, visto come una camicia di forza simile al Gold Standard negli anni ’30.
Di simile avviso un articolo di Marshall Auerback sul blog eterodosso New Economic Prospectives che scrive:
Non c’è dubbio che con un default un sacco di dipendenti del settore pubblico saranno licenziati, le pensioni saranno a rischio, e la disoccupazione quasi certamente crescerà. Ma questo sicuramente accadrebbe anche con l’accordo di ora. Se il paese tornasse alla dracma, però, probabilmente avrebbe una moneta sostanzialmente più debole, che potrebbe in ultima analisi offrire al paese i mezzi per competere nell’economia globale. Con un tasso di cambio super-cheap, la Grecia potrebbe diventare una Mecca per case di riposo, ospedali di ricerca, colleges transeuropei di arti liberali, e magari nuove aziende di software a basso costo.
Non una grande prospettiva vista così, ma in fondo la Florida ha basato su questi settori molto del suo benessere. La Grecia a basso costo potrebbe diventare la Florida europea.
Anche Werner Sinn, dell’Istituto IFO, in una intervista allo Spiegel spinge verso una soluzione extra Euro per la Grecia:
Le merci greche dovrebbero diventare più economiche del 30% per poter raggiungere i livelli della Turchia. E questo è possibile solamente con l’uscita dalla moneta unica e la svalutazione. Senza svalutazione si dovrebbero rinegoziare milioni di listini prezzi e contratti di lavoro. Questo porterebbe alla radicalizzazione dei sindacati e il paese sull’orlo di una guerra civile. Molte aziende andrebbero verso il fallimento perché i loro guadagni e il loro fatturato crollerebbero mentre i loro debiti bancari resterebbero invariati. I debiti bancari possono essere abbattuti solo attraverso una svalutazione. L’idea di poter salvare la Grecia all’interno dell’Euro è un’illusione. E’ diventato politicamente inaccettabile deflazionare i prezzi attraverso un taglio dei salari, in modo da rendere il paese nuovamente competitivo.
I dubbi sono tutti legittimi e nessuno sembra avere una risposta in tasca.
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