Ikea delocalizza in Italia - lunita -
Produrre in Italia può essere più conveniente di produrre in Asia. Lo sostiene Ikea, il colosso del mobile low cost, che ha deciso di trasferire alcune sue produzioni dall’ Asia al Piemonte. È qui che si trovano due aziende, una di giocattoli l’altra di rubinetteria, che portano a quota 26 le imprese italiane di cui si serve la multinazionale svedese, che nel 2011 ha acquistato prodotti made in Italy per circa un miliardo di euro (pari all’otto per cento degli acquisti mondiali del gruppo). A rendere più convenienti i fornitori italiani è un mix di fattori: tempo, logistica, qualità del lavoro e salari. Due terzi della rete vendita di Ikea si trova in Europa: producendo nel Vecchio Continente, l’azienda risparmia in termini di costi di trasporto e di impatto ambientale, oltre che sui tempi di consegna. I prodotti italiani, poi, raramente sono oggetto di reclami da parte dei clienti, per via degli alti standard di qualitativi.
Ma c’è anche una componente legata ai salari, che mentre nel nostro Paese sono da tempo fermi al palo in Asia tendono a crescere. Tutto questo, dice il gruppo svedese, sta rendendo più competitivo investire in Italia, ormai diventata il primo fornitore della multinazionale scandinava per quanto riguarda la filiera dell’arredolegno. «Abbiamo individuato nuovi partner italiani che hanno preso il posto di fornitori asiatici - conferma l’ad di Ikea Italia, Lars Petersson - grazie alla loro competenza, al loro impegno e alla capacità di produrre articoli caratterizzati da una qualità migliore e a prezzi più bassi dei loro concorrenti asiatici». Le commesse dell’azienda svedese in Italia danno lavoro a 2.500 persone, alle quali si aggiungono gli oltre seimila dipendenti della rete commerciale e logistica.
Le fabbriche fornitrici si trovano prevalentemente al Nord: Veneto in testa, poi Friuli e Lombardia. E adesso si è aggiunto anche il Piemonte. Mentre a marzo è stato aperto il primo punto vendita siciliano, a Catania. La quota dell’otto per cento degli acquisti effettuati in Italia dal gruppo scandinavo sale al 34 per cento se si considerano solo le cucine: in pratica una su tre è prodotta nel nostro Paese. Le cucine fanno la parte del leone, ma la catena scandinava da noi acquista anche elettrodomestici, camere da letto, scaffalature, librerie e bagni. la vertenza Eppure non è ovunque tutto rose e fiori. In Friuli per esempio c’è una vertenza aperta alla Friul Intagli di Villanova, Udine, che con i suoi circa mille dipendenti è una delle più grosse imprese di cui fornitrici di Ikea. L’azienda ha previsto di stabilizzare nei prossimi tre anni 246 precari, ma dall’estate scorsa Friul Intagli ha registrato un calo delle commesse da parte del colosso svedese, che avrebbe comportato il mancato rinnovo dei lavoratori interinali e la richiesta accedere alla cassa integrazione. Il sospetto dei sindacati è che dietro l’alleggerimento della produzione ci sia la decisione di Ikea di rivolgersi a partner stranieri, lituani e soprattutto polacchi. La Polonia, in effetti, dopo la Cina è il secondo fornitore del gruppo svedese. Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Fenae-Uil, temono adesso di non riuscire a mantenere stabili i livelli occupazionali della Friul Intagli. L’ultimo tavolo sindacati e azienda si è tenuto prima di Pasqua e la vertenza sembra ancora lunga. L’obiettivo dei rappresentanti dei lavoratori è il ritiro della cig e l’allontanamento dello spettro dei licenziamenti.v
Produrre in Italia può essere più conveniente di produrre in Asia. Lo sostiene Ikea, il colosso del mobile low cost, che ha deciso di trasferire alcune sue produzioni dall’ Asia al Piemonte. È qui che si trovano due aziende, una di giocattoli l’altra di rubinetteria, che portano a quota 26 le imprese italiane di cui si serve la multinazionale svedese, che nel 2011 ha acquistato prodotti made in Italy per circa un miliardo di euro (pari all’otto per cento degli acquisti mondiali del gruppo). A rendere più convenienti i fornitori italiani è un mix di fattori: tempo, logistica, qualità del lavoro e salari. Due terzi della rete vendita di Ikea si trova in Europa: producendo nel Vecchio Continente, l’azienda risparmia in termini di costi di trasporto e di impatto ambientale, oltre che sui tempi di consegna. I prodotti italiani, poi, raramente sono oggetto di reclami da parte dei clienti, per via degli alti standard di qualitativi.
Ma c’è anche una componente legata ai salari, che mentre nel nostro Paese sono da tempo fermi al palo in Asia tendono a crescere. Tutto questo, dice il gruppo svedese, sta rendendo più competitivo investire in Italia, ormai diventata il primo fornitore della multinazionale scandinava per quanto riguarda la filiera dell’arredolegno. «Abbiamo individuato nuovi partner italiani che hanno preso il posto di fornitori asiatici - conferma l’ad di Ikea Italia, Lars Petersson - grazie alla loro competenza, al loro impegno e alla capacità di produrre articoli caratterizzati da una qualità migliore e a prezzi più bassi dei loro concorrenti asiatici». Le commesse dell’azienda svedese in Italia danno lavoro a 2.500 persone, alle quali si aggiungono gli oltre seimila dipendenti della rete commerciale e logistica.
Le fabbriche fornitrici si trovano prevalentemente al Nord: Veneto in testa, poi Friuli e Lombardia. E adesso si è aggiunto anche il Piemonte. Mentre a marzo è stato aperto il primo punto vendita siciliano, a Catania. La quota dell’otto per cento degli acquisti effettuati in Italia dal gruppo scandinavo sale al 34 per cento se si considerano solo le cucine: in pratica una su tre è prodotta nel nostro Paese. Le cucine fanno la parte del leone, ma la catena scandinava da noi acquista anche elettrodomestici, camere da letto, scaffalature, librerie e bagni. la vertenza Eppure non è ovunque tutto rose e fiori. In Friuli per esempio c’è una vertenza aperta alla Friul Intagli di Villanova, Udine, che con i suoi circa mille dipendenti è una delle più grosse imprese di cui fornitrici di Ikea. L’azienda ha previsto di stabilizzare nei prossimi tre anni 246 precari, ma dall’estate scorsa Friul Intagli ha registrato un calo delle commesse da parte del colosso svedese, che avrebbe comportato il mancato rinnovo dei lavoratori interinali e la richiesta accedere alla cassa integrazione. Il sospetto dei sindacati è che dietro l’alleggerimento della produzione ci sia la decisione di Ikea di rivolgersi a partner stranieri, lituani e soprattutto polacchi. La Polonia, in effetti, dopo la Cina è il secondo fornitore del gruppo svedese. Fillea-Cgil, Filca-Cisl e Fenae-Uil, temono adesso di non riuscire a mantenere stabili i livelli occupazionali della Friul Intagli. L’ultimo tavolo sindacati e azienda si è tenuto prima di Pasqua e la vertenza sembra ancora lunga. L’obiettivo dei rappresentanti dei lavoratori è il ritiro della cig e l’allontanamento dello spettro dei licenziamenti.v
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