Negli scacchi si chiama zugzwang , ed è quando un giocatore ha la scelta solo tra due mosse ugualmente cattive. Sembra proprio la posizione della Grecia, tra rimanere nell’euro o uscirne. Restare e rispettare i patti, come dicono la Commissione europea e la cancelliera Angela Merkel, significa solo immiserimento progressivo. In un quadro recessivo europeo e mondiale, la politica di riduzione del rapporto tra debito e Pil non può che portare all’aumento di quel rapporto. Il debito, infatti, non può che aumentare, dato che il deficit dello Stato greco può essere finanziato solo con fondi europei provenienti dal Fondo europeo di sostegno. L’alternativa di uscita dall’euro non pare più rosea. Il ritorno alla dracma non può che portare a una fortissima svalutazione che si potrebbe tradurre rapidamente in inflazione.
Inoltre, data l’evasione fiscale greca, superiore a quella italiana, si potrebbe innescare una dinamica iperinflazionistica come quella tedesca dei primi anni Venti. Per di più, dato lo scarso peso del settore esportatore, i vantaggi di un’uscita potrebbero non essere molto grandi. Cioè, mentre non entrare nell’euro avrebbe potuto avere vantaggi, uscirne pare avere solo svantaggi. Forse una soluzione potrebbe essere quella proposta dal partito di sinistra Syriza: rimanere nell’euro ma ricontrattando i termini degli impegni presi. La linea sembra, però, doversi scontrare con un ostacolo apparentemente insormontabile. Siccome il governo greco non può finanziarsi sui mercati, la sostenibilità del suo deficit statale dipende oggi dalla disponibilità del Fondo di sostegno europeo a finanziarlo, a condizione che gli impegni siano rispettati. Quindi, se il governo greco denunciasse quegli accordi, un qualsiasi funzionario del Fondo potrebbe chiudere il rubinetto, e impedire al governo greco di far fronte alle spese correnti. La cosa è di per se inaccettabile, ma potrebbe succedere. Quantomeno solo una decisione politica dovrebbe poter costringere la Grecia a uscire dall’euro sospendendo il finanziamento corrente. Ma se l’interruzione di finanziamenti fosse automatica, l’uscita sarebbe forzata ben prima che si potesse riaprire una discussione politica.
In realtà, la Bce, o meglio il sistema delle banche centrali europee, potrebbe intervenire. Si è discusso molto sul fatto che nelle funzioni della Bce manchi quello di prestatore di ultima istanza. Si è fatto notare che paesi molto indebitati, come Usa e Uk, non hanno i problemi greci o spagnoli perché godono di sovranità monetaria: cioè, la loro banca centrale può intervenire a calmierare i mercati. In realtà non è del tutto vero che la Bce manchi di questo strumento. L’unico vero divieto è il finanziamento diretto dei deficit statali. Peraltro, Draghi, nel dicembre 2011, con il suo programma di rifinanziamento a tre anni del sistema bancario europeo, l’ha aggirato. E’ vero che le banche ci hanno fatto profitti indecenti, ma bisogna ricordare che l’alternativa era l’immediato collasso finanziario. Questo programma non potrebbe essere applicato alla Grecia. Ma c’è una misura, poco nota, addirittura riservata, che potrebbe servire: l’Ela, emergency liquidity assistance , l’assistenza di liquidità d’emergenza.
L’Ela può essere decisa solo da una banca centrale nazionale, nel caso quella greca, mentre la Bce dovrebbe solo dare l’assenso; diversa quindi dalla misura Draghi. E’ stata usata per l’Irlanda nel 2010; mentre capitali in euro fuggivano verso la Germania, l’Ela riforniva di liquidità le banche irlandesi, impedendone il collasso. Ma da Draghi, già determinato, nel dicembre 2011, nell’attuare una linea di salvataggio dell’euro, ci possiamo aspettare che permetta un aiuto d’emergenza al sistema bancario greco, che impedisca l’uscita forzata della Grecia dall’euro; cioè che si metta in moto un effetto domino che potrebbe concludersi con l’esplosione dell’euro. Fatto che amplierebbe a livello europeo i problemi che la Grecia potrebbe incontrare a uscire dall’euro. Questa misura d’emergenza potrebbe riaprire la discussione politica. Hollande, ma anche Monti, se hanno idee e carattere, potrebbero mettere sul tavolo una diversa politica europea, verso la Grecia in particolare, ma più in generale una politica non più dominata dall’isteria dell’austerità. Alla Grecia dovrebbe essere concessa una moratoria fiscale, e un condono di parte del debito.
Questo potrebbe far guadagnare tempo per permettere a un governo greco di studiare un piano complessivo per far ripartire l’economia. In questo modo, la Grecia, da capro espiatorio, esempio a chi non rispetta l’austerità europea, potrebbe diventare invece esempio di un’Europa che si prende carico dei problemi dei suoi membri, esempio dell’Europa lungimirante che vorremmo al posto di quella micragnosa e arcigna che vediamo.
Inoltre, data l’evasione fiscale greca, superiore a quella italiana, si potrebbe innescare una dinamica iperinflazionistica come quella tedesca dei primi anni Venti. Per di più, dato lo scarso peso del settore esportatore, i vantaggi di un’uscita potrebbero non essere molto grandi. Cioè, mentre non entrare nell’euro avrebbe potuto avere vantaggi, uscirne pare avere solo svantaggi. Forse una soluzione potrebbe essere quella proposta dal partito di sinistra Syriza: rimanere nell’euro ma ricontrattando i termini degli impegni presi. La linea sembra, però, doversi scontrare con un ostacolo apparentemente insormontabile. Siccome il governo greco non può finanziarsi sui mercati, la sostenibilità del suo deficit statale dipende oggi dalla disponibilità del Fondo di sostegno europeo a finanziarlo, a condizione che gli impegni siano rispettati. Quindi, se il governo greco denunciasse quegli accordi, un qualsiasi funzionario del Fondo potrebbe chiudere il rubinetto, e impedire al governo greco di far fronte alle spese correnti. La cosa è di per se inaccettabile, ma potrebbe succedere. Quantomeno solo una decisione politica dovrebbe poter costringere la Grecia a uscire dall’euro sospendendo il finanziamento corrente. Ma se l’interruzione di finanziamenti fosse automatica, l’uscita sarebbe forzata ben prima che si potesse riaprire una discussione politica.
In realtà, la Bce, o meglio il sistema delle banche centrali europee, potrebbe intervenire. Si è discusso molto sul fatto che nelle funzioni della Bce manchi quello di prestatore di ultima istanza. Si è fatto notare che paesi molto indebitati, come Usa e Uk, non hanno i problemi greci o spagnoli perché godono di sovranità monetaria: cioè, la loro banca centrale può intervenire a calmierare i mercati. In realtà non è del tutto vero che la Bce manchi di questo strumento. L’unico vero divieto è il finanziamento diretto dei deficit statali. Peraltro, Draghi, nel dicembre 2011, con il suo programma di rifinanziamento a tre anni del sistema bancario europeo, l’ha aggirato. E’ vero che le banche ci hanno fatto profitti indecenti, ma bisogna ricordare che l’alternativa era l’immediato collasso finanziario. Questo programma non potrebbe essere applicato alla Grecia. Ma c’è una misura, poco nota, addirittura riservata, che potrebbe servire: l’Ela, emergency liquidity assistance , l’assistenza di liquidità d’emergenza.
L’Ela può essere decisa solo da una banca centrale nazionale, nel caso quella greca, mentre la Bce dovrebbe solo dare l’assenso; diversa quindi dalla misura Draghi. E’ stata usata per l’Irlanda nel 2010; mentre capitali in euro fuggivano verso la Germania, l’Ela riforniva di liquidità le banche irlandesi, impedendone il collasso. Ma da Draghi, già determinato, nel dicembre 2011, nell’attuare una linea di salvataggio dell’euro, ci possiamo aspettare che permetta un aiuto d’emergenza al sistema bancario greco, che impedisca l’uscita forzata della Grecia dall’euro; cioè che si metta in moto un effetto domino che potrebbe concludersi con l’esplosione dell’euro. Fatto che amplierebbe a livello europeo i problemi che la Grecia potrebbe incontrare a uscire dall’euro. Questa misura d’emergenza potrebbe riaprire la discussione politica. Hollande, ma anche Monti, se hanno idee e carattere, potrebbero mettere sul tavolo una diversa politica europea, verso la Grecia in particolare, ma più in generale una politica non più dominata dall’isteria dell’austerità. Alla Grecia dovrebbe essere concessa una moratoria fiscale, e un condono di parte del debito.
Questo potrebbe far guadagnare tempo per permettere a un governo greco di studiare un piano complessivo per far ripartire l’economia. In questo modo, la Grecia, da capro espiatorio, esempio a chi non rispetta l’austerità europea, potrebbe diventare invece esempio di un’Europa che si prende carico dei problemi dei suoi membri, esempio dell’Europa lungimirante che vorremmo al posto di quella micragnosa e arcigna che vediamo.
Nessun commento:
Posta un commento