«I mercati non sono al servizio del popolo, bruciano il lavoro». Draghi: «l’acquisto di titoli di stato a breve è nel mandato Bce, ma metteremo condizioni ferree»
La Merkel ha indossato per un giorno i panni no global per riconquistare i suoi scalpitanti alleati cristiano-sociali di Baviera. Nelle stesse ore Mario Draghi, presidente della Bce, veniva «controinterrogato» dagli eurodeputati all’interno del Parlamento europeo sulle misure che sta per prendere per «salvare l’euro».
L’udienza di Bruxelles era a porte chiuse, così il Draghi-pensiero è stato riportato da volenterosi deputati. Poi, in serata, le agenzie hanno potuto ascoltare il discorso registrato. La notizia-bazooka è che la Bce considera l’acquisto dei titoli di stato «fino a tre anni» come perfettamente legittimo alla luce dei trattati europei; «non è creazione monetaria», ha precisato. La distinzione è sulle scadenze: se la Bce comprasse bond a lungo termine «ci troveremmo in una situazione molto delicata, ma se compriamo titoli a breve termine, con scadenza a 1, 2 o anche tre anni, l’effetto di finanziamento monetario è quasi nullo». Insomma, «ciò che la Bce sta facendo è la strada per rispettare il nostro mandato: mantenere la stabilità dei prezzi».
Ma ha anche avvertito che la Bce non può farlo «in una situazione molto frammentata com’è quella attuale dell’eurozona, caratterizzata da paesi in cui c’è molta liquidità e paesi in cui ce n’è poca». In questa realtà «i cambiamenti nei tassi di interesse riguardano solo un paese, al massimo due; ecco perché dobbiamo ricostruire l’eurozona» superando la frammentazione.
Quindi la Bce si appresta ad acquistare bond (spagnoli e italiani, in primo luogo) «sul mercato secondario», ma imponendo allo stesso tempo «condizionalità strette e effettive» ai paesi interessati. Perché è vero che «certi paesi hanno fatto sforzi enormi per le riforme economiche, ma non possiamo escludere» che possano fermarsi a causa della «fatica del risanamento».
Ma davvero questa operazione non è «creazione di moneta»? Nelle alchimie contabili si nascondono molti diavoli; se la Bce conteggia i titoli di stato a breve termine come «massa monetaria», allora l’affermazione ha un senso. Ma molti economisti potrebbe legittimamente affermare che si tratta solo di un gioco di parole che copre la creazione di nuova moneta. In ogni caso, il segnale politico è stato chiaro («la Bce interverrà presto», con le borse subito a festeggiare), delineando in parte le proposte che giovedì lo stesso Draghi presenterà al board di Francoforte.
Nel pacchetto ci sarà probabilmente anche una proposta di sorveglianza bancaria molto digeribile per i tedeschi, che non vogliono assolutamente l’occhio critico della Bce a curiosare sulle loro landesbanken. Draghi ha parlato infatti di una «soluzione mista», con Francoforte a vigilare sui 25 (o forse qualcuno in più) grandi istituti «a rischio sistemico», mentre le circa 6.000 banche di dimensioni medio-piccole dovrebbero restare nel recinto delle banche centrali nazionali.
Draghi ha inoltre bocciato l’ipotesi che il fondo salvastati Esm possa ricevere una licenza bancaria: «sarebbe un finanziamento diretto agli stati». Ha così tolto di mezzo l’ultimo teorico appiglio a una improbabile bocciatura dell’Esm da parte della Corte costituzionale tedesca, la cui sentenza attesa il 12 settembre. Lo stesso ministro delle finanze, Wolfgang Schaeuble, si è detto ieri «sicuro» di una sentenza positiva.
È stata invece Angela Merkel a seminare panico tra i paladini del liberismo finanziario: «i mercati non sono al servizio del popolo», negli ultimi cinque anni «hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza». Addirittura «non bisogna consentire ai mercati di distruggere i frutti del lavoro della gente». Possibile sia lo stesso premier che ha consegnato la Grecia e il suo popolo alla devastazione generale? Certo che sì. I governi, secondo il suo discorso di ieri, «non devono dipendere dai mercati a causa del loro debito eccessivo». Ma se si sono indebitati troppo allora bisogna riportarli sulla retta via, a suon di «riforme strutturali» dolorose, vendita degli asset pubblici, privatizzazioni, ecc.
«La vera questione riguardo alla democrazia è questa – ha spiegato – possiamo in Germania e in Europa vincere le elezioni quando congiuntamente stabiliamo di avere finanze solide e quando non spendiamo più di quello che incassiamo?». Sorge il sospetto che chi non rispetta la seconda frase dovrà fare a meno anche della democrazia, ritrovandosi un «programma di governo» scritto altrove e contro.
L’udienza di Bruxelles era a porte chiuse, così il Draghi-pensiero è stato riportato da volenterosi deputati. Poi, in serata, le agenzie hanno potuto ascoltare il discorso registrato. La notizia-bazooka è che la Bce considera l’acquisto dei titoli di stato «fino a tre anni» come perfettamente legittimo alla luce dei trattati europei; «non è creazione monetaria», ha precisato. La distinzione è sulle scadenze: se la Bce comprasse bond a lungo termine «ci troveremmo in una situazione molto delicata, ma se compriamo titoli a breve termine, con scadenza a 1, 2 o anche tre anni, l’effetto di finanziamento monetario è quasi nullo». Insomma, «ciò che la Bce sta facendo è la strada per rispettare il nostro mandato: mantenere la stabilità dei prezzi».
Ma ha anche avvertito che la Bce non può farlo «in una situazione molto frammentata com’è quella attuale dell’eurozona, caratterizzata da paesi in cui c’è molta liquidità e paesi in cui ce n’è poca». In questa realtà «i cambiamenti nei tassi di interesse riguardano solo un paese, al massimo due; ecco perché dobbiamo ricostruire l’eurozona» superando la frammentazione.
Quindi la Bce si appresta ad acquistare bond (spagnoli e italiani, in primo luogo) «sul mercato secondario», ma imponendo allo stesso tempo «condizionalità strette e effettive» ai paesi interessati. Perché è vero che «certi paesi hanno fatto sforzi enormi per le riforme economiche, ma non possiamo escludere» che possano fermarsi a causa della «fatica del risanamento».
Ma davvero questa operazione non è «creazione di moneta»? Nelle alchimie contabili si nascondono molti diavoli; se la Bce conteggia i titoli di stato a breve termine come «massa monetaria», allora l’affermazione ha un senso. Ma molti economisti potrebbe legittimamente affermare che si tratta solo di un gioco di parole che copre la creazione di nuova moneta. In ogni caso, il segnale politico è stato chiaro («la Bce interverrà presto», con le borse subito a festeggiare), delineando in parte le proposte che giovedì lo stesso Draghi presenterà al board di Francoforte.
Nel pacchetto ci sarà probabilmente anche una proposta di sorveglianza bancaria molto digeribile per i tedeschi, che non vogliono assolutamente l’occhio critico della Bce a curiosare sulle loro landesbanken. Draghi ha parlato infatti di una «soluzione mista», con Francoforte a vigilare sui 25 (o forse qualcuno in più) grandi istituti «a rischio sistemico», mentre le circa 6.000 banche di dimensioni medio-piccole dovrebbero restare nel recinto delle banche centrali nazionali.
Draghi ha inoltre bocciato l’ipotesi che il fondo salvastati Esm possa ricevere una licenza bancaria: «sarebbe un finanziamento diretto agli stati». Ha così tolto di mezzo l’ultimo teorico appiglio a una improbabile bocciatura dell’Esm da parte della Corte costituzionale tedesca, la cui sentenza attesa il 12 settembre. Lo stesso ministro delle finanze, Wolfgang Schaeuble, si è detto ieri «sicuro» di una sentenza positiva.
È stata invece Angela Merkel a seminare panico tra i paladini del liberismo finanziario: «i mercati non sono al servizio del popolo», negli ultimi cinque anni «hanno consentito a poca gente di arricchirsi a spese della maggioranza». Addirittura «non bisogna consentire ai mercati di distruggere i frutti del lavoro della gente». Possibile sia lo stesso premier che ha consegnato la Grecia e il suo popolo alla devastazione generale? Certo che sì. I governi, secondo il suo discorso di ieri, «non devono dipendere dai mercati a causa del loro debito eccessivo». Ma se si sono indebitati troppo allora bisogna riportarli sulla retta via, a suon di «riforme strutturali» dolorose, vendita degli asset pubblici, privatizzazioni, ecc.
«La vera questione riguardo alla democrazia è questa – ha spiegato – possiamo in Germania e in Europa vincere le elezioni quando congiuntamente stabiliamo di avere finanze solide e quando non spendiamo più di quello che incassiamo?». Sorge il sospetto che chi non rispetta la seconda frase dovrà fare a meno anche della democrazia, ritrovandosi un «programma di governo» scritto altrove e contro.
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