- controlacrisi -
Oltre un anno fa il Parlamento europeo si esprimeva a larga maggioranza per l'introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie o TTF, uno degli strumenti più efficaci per frenare la speculazione e per generare un reddito da destinare alla cooperazione allo sviluppo, alla lotta contro i cambiamenti climatici e al welfare. Poco tempo dopo la Commissione pubblicava una propria bozza di direttiva. Nonostante questo sostegno, e quello di diversi tra i principali governi dell'UE, Germania e Francia in testa, la strada per un'introduzione di questa proposta appare come un percorso a ostacoli. Il motivo è in primo luogo l'opposizione di alcuni Paesi, a partire della Gran Bretagna le cui scelte politiche appaiono «pesantemente influenzate» della City di Londra, vero e proprio cuore pulsante della finanza europea e internazionale. Negli scorsi giorni, finalmente è stato fatto un passo in avanti concreto grazie alla procedura di cooperazione rafforzata. Un meccanismo che prevede che, in assenza dell'unanimità dei 27 membri, almeno nove Paesi dell'UE possono decidere di andare avanti da soli per introdurre regole comuni,. Con l'adesione all'ultimo dell'Italia sono undici le nazioni che hanno già chiesto alla Commissione europea di avviare ufficialmente la procedura. La partenza della procedura di cooperazione rafforzata non è però un punto di arrivo, al contrario. Occorre assicurarsi che il gettito di un'eventuale TTF venga destinato agli obiettivi sopra richiamati, e non dirottato per tappare genericamente i buchi degli Stati o, ancora peggio, per rafforzare meccanismi di salvataggio delle banche, andando a tassare chi specula per aiutare chi ha speculato troppo e male. In questa direzione, per essere sicuri che la tassa sia efficace nel contrasto alla speculazione, sono di fondamentale importanza le modalità con cui verrà introdotta. Oltre ad azioni e obbligazioni deve essere applicata a valute e derivati. Deve interessare ogni transazione, in modo da disincentivare il trading ad alta frequenza che ha impatti devastanti sulla stabilità dei mercati. Ancora, è necessario che i tempi per arrivare a una sua concreta introduzione siano quanto più rapidi, vista la velocità con cui si muove la finanza speculativa e gli impatti che è in grado di causare. In maniera ancora più generale, sicuramente la TTF non è la panacea dei mali della finanza. Accanto a questa proposta occorre introdurne diverse altre. Chiudere lo scandalo dei paradisi fiscali, iniziando proprio dai numerosi territori offshore in Europa o sotto il diretto controllo delle economie europee; introdurre dei controlli sui movimenti di capitale; diminuire la leva finanziaria delle banche; separare le banche commerciali da quelle di investimento; proibire la speculazione sul cibo limitando fortemente l'uso dei derivati, e via discorrendo. Nella maggior parte dei casi, come per la TTF, le difficoltà non sono tanto di natura tecnica quanto nella volontà politica di introdurre delle misure efficaci. In questo senso, in un panorama politico che sembra avere come unico faro lo spread e l'andamento delle Borse e come solo obiettivo quello di assecondare i mercati e appagarne l'insaziabile appetito, l'avvio della procedura di cooperazione rafforzata rappresenta finalmente un segnale della possibilità di controllare, e non compiacere, i mercati finanziari che ci hanno trascinato nell'attuale crisi. La strada per riportare la finanza a essere uno strumento al servizio dell'economia e delle persone, e non un fine in sé stesso per fare soldi dai soldi nel più breve tempo possibile, è ancora lunga e in salita. Nei giorni scorsi, dopo anni di attesa, è stato finalmente messo un primo fondamentale tassello nella giusta direzione.
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