Crimini, truffe e scandali della finanza emergono ormai su base quotidiana, e forse non molti ricordano il caso della “London Whale”, la balena londinese, uomo chiave della banca d’affari Usa JP Morgan
Era quello il soprannome di uno dei trader d'assalto della City, a capo dell'ufficio investimenti londinese del colosso JP Morgan Chase & Co. Il soprannome “balena” era legato alla dimensione delle transazioni che gestiva. È finito sulle prime pagine dei giornali quando una di tali operazioni ha causato una perdita da miliardi di sterline nei conti della banca statunitense.
Gli strumenti alla base di queste operazioni erano i Credit Default Swap o CDS. In breve i CDS sono derivati nati come assicurazione contro il rischio di fallimento di un ente terzo. Ad esempio ho dei titoli di Stato italiani e ho paura che l'Italia possa fare default e non rimborsarmeli. Posso allora stipulare un CDS sul fallimento dell'Italia con una controparte, tipicamente una banca. Se l'Italia effettivamente non rimborsa i titoli, la banca è tenuta a coprirmi le perdite. All'apparenza uno strumento del tutto innocuo, quindi, e simile alla polizza furto e incendio che possiamo stipulare per la nostra automobile. In cambio del premio annuale, se qualcosa va male, l'assicurazione rimborsa. La differenza sostanziale è che nella finanza non devo avere l'automobile per comprarmi l'assicurazione. Posso in pratica scommettere anche sul fatto che la macchina del mio vicino vada a fuoco, e guadagnare se succede davvero.
Così, compro una montagna di CDS sul fallimento dell'Italia, anche se non ho nessun titolo italiano. Se dopo qualche tempo la situazione in Italia peggiora e girano voci su un suo possibile fallimento, il costo delle “assicurazioni” aumenta. A quel punto rivendo i CDS che avevo pagato un prezzo più basso e intasco un gruzzolo realizzato scommettendo sul fallimento di un intera nazione.
Bene, la nostra balena londinese scommette sul fallimento, o almeno sul peggioramento, di alcuni emittenti, e le cose non vanno come previsto. 6,2 miliardi di dollari di buco per la banca per cui lavorava. Seivirgoladuemiliardi di dollari. Anche se in ambito finanziario siamo ormai abituati a numeri spropositati, forse è utile ricordare che parliamo di una cifra paragonabile al PIL del Kosovo, circa il doppio di quello della Sierra Leone. Persi da una persona con una scommessa andata male.
Ma questo non è nulla, tenetevi forte. Quello che è emerso negli ultimi giorni è che il trader della JP Morgan aveva realizzato queste scommesse con delle controparti. Come posso fare io se scommetto un caffè con un mio amico sul risultato di una partita. Bene. In questo caso, per alcune delle scommesse portate avanti, la controparte della JP Morgan era... la JP Morgan. Alcuni trader della banca avrebbero raccolto scommesse in derivati piazzati dalla balena londinese, a capo dell'ufficio investimenti della stessa banca (www.huffingtonpost.com/2013/01/29/jpmorgan-london-whale-trade-bet_n_2576684.html?utm_hp_ref=business o www.cnbc.com/id/100418362).
Negli anni scorsi si è molto parlato di banche “too big to fail”, troppo grandi per potere essere lasciate fallire senza mettere a rischio l'intera economia, e che potevano quindi ricattare i governi, costringendoli al salvataggio quando le cose andavano male. Altri segnalano che il sistema finanziario nel suo insieme è oggi “too big to save”, troppo grande per potere essere salvato se ci fosse una nuova crisi. Ma ora siamo entrati in una nuova dimensione: le banche “too big to manage”, talmente grandi che è semplicemente impossibile gestirle.
In pratica la JP Morgan ha perso miliardi, parte dei quali per scommesse contro la JP Morgan. Il tutto sembra però sia avvenuto all'insaputa della JP Morgan. Lo scandalo è emerso perché la JP Morgan si è trovata a bilancio delle perdite che la JP Morgan non riusciva a giustificare. È subito scattato l'allarme in JP Morgan, ma in una conferenza stampa la JP Morgan ha smentito le voci allarmistiche. È stata la JP Morgan, si sono giustificati, noi della JP Morgan non c'entriamo nulla.
Se quest'ultimo paragrafo vi sembra una follia, pensateci bene. Potrebbe non essere poi così distante dalla realtà.
Gli strumenti alla base di queste operazioni erano i Credit Default Swap o CDS. In breve i CDS sono derivati nati come assicurazione contro il rischio di fallimento di un ente terzo. Ad esempio ho dei titoli di Stato italiani e ho paura che l'Italia possa fare default e non rimborsarmeli. Posso allora stipulare un CDS sul fallimento dell'Italia con una controparte, tipicamente una banca. Se l'Italia effettivamente non rimborsa i titoli, la banca è tenuta a coprirmi le perdite. All'apparenza uno strumento del tutto innocuo, quindi, e simile alla polizza furto e incendio che possiamo stipulare per la nostra automobile. In cambio del premio annuale, se qualcosa va male, l'assicurazione rimborsa. La differenza sostanziale è che nella finanza non devo avere l'automobile per comprarmi l'assicurazione. Posso in pratica scommettere anche sul fatto che la macchina del mio vicino vada a fuoco, e guadagnare se succede davvero.
Così, compro una montagna di CDS sul fallimento dell'Italia, anche se non ho nessun titolo italiano. Se dopo qualche tempo la situazione in Italia peggiora e girano voci su un suo possibile fallimento, il costo delle “assicurazioni” aumenta. A quel punto rivendo i CDS che avevo pagato un prezzo più basso e intasco un gruzzolo realizzato scommettendo sul fallimento di un intera nazione.
Bene, la nostra balena londinese scommette sul fallimento, o almeno sul peggioramento, di alcuni emittenti, e le cose non vanno come previsto. 6,2 miliardi di dollari di buco per la banca per cui lavorava. Seivirgoladuemiliardi di dollari. Anche se in ambito finanziario siamo ormai abituati a numeri spropositati, forse è utile ricordare che parliamo di una cifra paragonabile al PIL del Kosovo, circa il doppio di quello della Sierra Leone. Persi da una persona con una scommessa andata male.
Ma questo non è nulla, tenetevi forte. Quello che è emerso negli ultimi giorni è che il trader della JP Morgan aveva realizzato queste scommesse con delle controparti. Come posso fare io se scommetto un caffè con un mio amico sul risultato di una partita. Bene. In questo caso, per alcune delle scommesse portate avanti, la controparte della JP Morgan era... la JP Morgan. Alcuni trader della banca avrebbero raccolto scommesse in derivati piazzati dalla balena londinese, a capo dell'ufficio investimenti della stessa banca (www.huffingtonpost.com/2013/01/29/jpmorgan-london-whale-trade-bet_n_2576684.html?utm_hp_ref=business o www.cnbc.com/id/100418362).
Negli anni scorsi si è molto parlato di banche “too big to fail”, troppo grandi per potere essere lasciate fallire senza mettere a rischio l'intera economia, e che potevano quindi ricattare i governi, costringendoli al salvataggio quando le cose andavano male. Altri segnalano che il sistema finanziario nel suo insieme è oggi “too big to save”, troppo grande per potere essere salvato se ci fosse una nuova crisi. Ma ora siamo entrati in una nuova dimensione: le banche “too big to manage”, talmente grandi che è semplicemente impossibile gestirle.
In pratica la JP Morgan ha perso miliardi, parte dei quali per scommesse contro la JP Morgan. Il tutto sembra però sia avvenuto all'insaputa della JP Morgan. Lo scandalo è emerso perché la JP Morgan si è trovata a bilancio delle perdite che la JP Morgan non riusciva a giustificare. È subito scattato l'allarme in JP Morgan, ma in una conferenza stampa la JP Morgan ha smentito le voci allarmistiche. È stata la JP Morgan, si sono giustificati, noi della JP Morgan non c'entriamo nulla.
Se quest'ultimo paragrafo vi sembra una follia, pensateci bene. Potrebbe non essere poi così distante dalla realtà.
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