La Corte di giustizia dell'Efta dà ragione all'Islanda e alla sua decisione di non rimborsare il debito dei correntisti stranieri. Una novità giuridica internazionale
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In questi tempi di crisi del sistema bancario, dove i governi sono pronti a garantire immediatamente con soldi pubblici le perdite private questa sentenza segnala come in realtà di fronte all'insolvenza per lo meno esista un vuoto legislativo che non favorisce espressamente le banche e gli investitori. In Islanda, infatti, il fondo di garanzia è stato incapace di far fronte alle sue obbligazioni, ma nei trattati internazionali non sono previste norme che prevedano un obbligo per l'Islanda al rimborso. Vano è stato l'intento dei governi inglese e olandese di appellarsi alla direttiva europea del 2009 che prevedeva una copertura massima fino a 100 mila euro di depositi.
La sentenza, naturalmente, va contestualizzata, come va considerato l'ammontare complessivo conteso, ma certamente rappresenta una significativa novità sul versante giuridico internazionale. Non è un caso che vi sia stata una reazione piuttosto piccata da parte della Commissione europea. Questa sentenza potrebbe rappresentare un'inversione di tendenza nei rapporti finanziari capestro esistenti e magari l'inizio di un ripensamento persino sulle regole nei confronti dei debiti sovrani. Esistono paesi che chiaramente non sono più in grado di sopportare i propri debiti e che necessitano nuove formule per uscire da questa morsa. Il problema dunque non è solo nella relazione tra investitori e banche ma più in generale tra creditori e debitori. Dal non garantire necessariamente gli investitori stranieri delle banche a non garantire neppure quelli del debito pubblico il passo potrebbe essere breve. Si tratta di ragionare come ristrutturare dal basso un debito sovrano e come tutelare i piccoli risparmiatori di qualunque nazionalità essi siano.
Marco Bertorellotratto da http://ilmegafonoquotidiano.it
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