Pubblicato il 12 mar 2013
di rassegna.it -Disoccupazione e indebitamento alle stelle, potere d’acquisto in caduta libera, giovani che non trovano lavoro, sfiducia totale nella politica. I numeri che emergono nel rapporto sul Benessere equo e sostenibile di Istat e Cnel pubblicato oggi (11 marzo) fotografano meglio di qualsiasi analisi politica anche l’esito elettorale. In Italia, tra il 2010 e il 2011, l’indicatore della ‘grave deprivazione’ economica sale dal 6,9% all’11,1%. Ciò significa che 6,7 milioni di persone sono in difficoltà, con un aumento di 2,5 milioni in un solo anno.
Nei primi 9 mesi del 2012 la quota delle famiglie indebitate, sostanzialmente stabile tra il 2008 e il 2011, ha segnato un balzo, passando dal 2,3% al 6,5%. Il più frequente ricorso al debito, generato in molti casi da mere esigenze di spesa, riguarda gli importi più bassi. La quota dei Neet, ovvero dei ragazzi tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non lavorano, tra il 2009 e il 2011 è balzata dal 19,5% al 22,7%. Quasi un giovane su 4 non è impegnato in percorsi formativi e non ha un posto. Inoltre viene evidenziato come ben l’8% dei Neet sia già laureato e quindi difficilmente potrebbe continuare a formarsi.
Il potere d’acquisto, cioè il reddito disponibile delle famiglie in termini reali, durante la crisi è crollato, scendendo del 5% tra il 2007 e il 2011. Sempre nel 2011, il tasso d’occupazione per la classe 20-64enni è sceso al 61,2%, dal 63% del 2008. Nell’Ue a 27 presentano un tasso ancora più basso dell’Italia solo l’Ungheria e la Grecia. Ciò è dovuto soprattutto alla scarsa occupazione che si registra tra le donne italiane, il cui tasso non raggiunge il 50% e nel Mezzogiorno. Non stupisce allora che a marzo 2012 – un anno prima del voto – il dato peggiore sul fronte della fiducia dei cittadini verso le istituzioni riguardi i partiti politici: la media, in un’ipotetica pagella su una scala da 0 a 10, si ferma al 2,3. Voti bassi anche per la fiducia verso il Parlamento (3,6), le amministrazioni locali (4) e la giustizia (4,4).
“Il rapporto Bes di Istat e Cnel per la misurazione del benessere rappresenta “una opportunità per la società italiana per discutere quale futuro vogliamo costruire”, anche se si tratta “solo di un punto di partenza per realizzare un cambiamento culturale che, mi auguro, aiuterà a migliorare in concreto il benessere della generazione attuale e di quelle future”. Così il presidente dell’Istituto di statistica, Enrico Giovannini. “Per ciò che concerne la politica – ha spiegato Giovannini – le esperienze internazionali, come quelle australiana e neozelandese, offrono importanti spunti per l’utilizzo del Bes: ad esempio, richiedere che le relazioni tecniche di accompagnamento delle nuove leggi descrivano l’effetto atteso sulle diverse dimensioni del benessere e non solo sulle variabili finanziarie”.
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