Può sembrare incredibile, però il professor Guarino è certo di un fatto: il trattato sulla stabilità europeo, il cosiddetto Fiscal compact, quello che sancisce l’obbligo di parità di bilancio e che ha portato alla frettolosa approvazione di una modifica della Costituzione in Italia come in altri paesi europei, secondo Guarino, è un atto che non si dovrebbe applicare. Che non dovrebbe avere validità: in base a quello che esso stesso dice. Giuseppe Guarino, 90 anni, ma ancora una grande lucidità e vitalità, è stato un grande giurista («ho esaminato» mi racconta «il presidente Napolitano e Draghi, e ho avuto il presidente Cossiga come assistente»), un protagonista di tante vicende della storia repubblicana (tra le altre la vicenda Baffi, Sarcinelli), un ministro chiave in diversi governi durante il passaggio dalla prima alla seconda repubblica (quando tentò di opporsi all’onda delle privatizzazioni).
Mi ha fatto cercare. Si è buttato di recente a capofitto in questa sua nuova battaglia. Dietro la quale, c’è il fatto che proprio non si rassegna a una scelta che considera suicida per la politica e l’economia. Quando arrivo, trovo che mi ha fatto preparare un dossier di documenti giuridici.
Professore mi spieghi in modo semplice per favore.
Cominciamo a dire che il Trattato sulla stabilità è in realtà, giuridicamente un accordo di diritto internazionale tra stati. Quindi non ha per l’Unione europea forza di diritto costituzionale pari a quella dei precedenti trattati. Questa soluzione è stata usata come uno stratagemma per aggirare il fatto che non avevano la possibilità di riformare il Trattato dell’Unione europea, per l’opposizione della Gran Bretagna e della Bulgaria.
E fin qui ci siamo.
Ora, la vera sostanza del trattato sulla stabilità è nell’articolo 3 nel comma a), dove dice: la posizione delle pubbliche amministrazioni è in pareggio o in avanzo.
E questo più o meno lo sappiamo tutti. È il principio che poi è stato recepito in Costituzione.
Però, prendiamo adesso l’articolo 2 del trattato sulla stabilità. Dice: il presente trattato si applica conformemente ai trattati su cui si fonda l’Unione e il diritto dell’Unione europea. La stessa cosa la ribadisce pure nel comma successivo, che dice: il presente trattato si applica nella misura in cui è compatibile con i trattati e il diritto europeo. Caso forse unico: lo stesso concetto è ripetuto due volte.
(Controllo) Vero. Ed è compatibile? No. Il Trattato sull’Unione sarebbe il Trattato di Lisbona, del 2009, che recepisce letteralmente il Trattato di Maastricht. Cosa dice rispetto alle politiche di bilancio? Fissa i famosi parametri del 3% nei deficit di bilancio e del 60% nel debito pubblico. Quindi fissare un obbligo di pareggio o attivo in bilancio, che vuol dire deficit zero, è contrario alle disposizioni e al dettato del Trattato dell ’Unione.
Quindi?
Quindi non si applica: ex ore tuo, come diciamo noi giuristi, cioè in base a ciò che il trattato sulla stabilità stesso dice, quando dice che si applica solo in quanto conforme ai Trattati dell’Unione.
Questo è già sufficiente per buttarlo in un cestino. Altro che recepimento in Costituzione! Ma c’è pure un altro pasticcio.
Quale?
Riguarda il diritto europeo, l’altra fonte di diritto nominata nel Trattato di stabilità. Si riferisce ai regolamenti europei che sarebbero l’equivalente delle leggi ordinarie, che hanno comunque forza giuridica inferiore ai trattati. Bene, comunque, anche a questo riguardo c’è un’evidente incompatibilità.
Pure?L’ultimo atto legislativo esistente e a cui fa riferimento lo stesso Trattato di stabilità è il regolamento 1175 del 16 novembre 2011. Ora guardi il comma 8 della premessa. Dice: vista l’esperienza acquisita e gli errori commessi nei primi dieci anni. A cosa si riferisce?
Non so. Me lo dica.
Questo regolamento sostituisce un regolamento anteriore, quello del 1466 del 1997. Lì, un’altra volta surrettiziamente – illegittimamente si potrebbe dire, perché in violazione con il Trattato – si era introdotta la stessa prescrizione sul bilancio in pareggio o in attivo. Fu una forzatura che si impose allora ai paesi in difficoltà con il rispetto dei parametri, che erano in attesa dello scrutinio per l’ingresso nell’euro, in programma per il giugno del 1998. Però cosa succede con il regolamento del 2011?
Che cosa?
Che visti gli errori, come dice quella premessa – che va tradotto come: visti i problemi di stagnazione che stava producendo – quel riferimento al pareggio e all’attivo di bilancio vennero eliminati.
Dunque?
Dunque, ancora una volta, quel pareggio di bilancio è incompatibile, anche con il diritto europeo in vigore. Una seconda ragione per cestinarlo.
Ma cosa c’è dietro tutto ciò?
Non lo so. Quello che so è che quando mi sono messo a cercare di capire, mi sono messo le mani nei capelli. Io qui ci vedo trucchi, imbrogli, arbitri e illegalità commesse incredibili.
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