Pubblicato il 14 mag 2013
di Matteo Pucciarelli -Prima o poi dovrà esserci qualcuno che finalmente, sulla base di dati oggettivi, attinenti con la realtà, ci spieghi con chiarezza e senza passatismi cos’è e chi è la sinistra oggi. C’è bisogno di fare un po’ di pulizia, partendo soprattutto dalle parole.
Sicché a questo proposito – è una “mozione d’ordine” – sarebbe l’ora di smetterla di definire “sinistra” il Partito democratico. Centro, centrodestra, liberali, riformatori, medio-progressisti, tecnici del suono: incardiniamolo in qualche modo questo Pd, va bene, ma non più con “sinistra”. È troppo il rispetto per questa parola – il cui significato originario è una delle cose più belle del mondo – per accostarla ad un gruppo di potere fratricida e notoriamente incapace oggi alleato di Silvio Berlusconi e fedele esecutore di politiche sovranazionali che nulla hanno a che vedere con tutto ciò che anche lontanamente somiglia alla sinistra.
Questo grande fraintendimento dovuto a ragioni squisitamente storiche, sentimentali e di pigrizia mentale – il Partito, gli eredi, le ritualità – è un freno formidabile al futuro e allo sviluppo della sinistra stessa. Quella di cui ora più che mai ci sarebbe bisogno e che nonostante i clamorosi autogol ventennali dei Grandi Dirigenti esiste ancora nella società, magari a propria insaputa.
«Destra e sinistra non esistono più» è un messaggio che fa breccia nell’elettorato proprio grazie all’estrema somiglianza nelle politiche applicate dalle due squadre che si sono fronteggiate durante la Seconda Repubblica – che difatti adesso si sono fuse nella stessa società (per azioni), la Letta&company.
Il linguaggio è una cosa piccola eppure fondamentale. Chiamare sinistra il Pd non fa bene alla sinistra. Se proprio non riusciamo a farne a meno, perlomeno utilizziamo le virgolette: “sinistra”. Quella vera è un’altra cosa.
PS. «Scemo è chi lo scemo fa», diceva il detto. Appunto: sinistra è chi la sinistra fa.
da Micromega online
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