di Checchino Antonino - globalist -
“Quando hanno assistito alle proteste per la chiusura improvvisa della televisione di stato della Grecia e della la Hellenic Broadcasting Corporation,
l’ ERT, l’ 11 giugno, l’economista James Galbraith e il suo collega Yanis Varoufakis dell’Universtà di Austin, hanno scritto che «La crisi potrebbe anche abbattere il governo greco e portare l’opposizione di sinistra al potere. Questo non sarebbe un male per l’Europa o gli Stati Uniti».
E lo hanno scritto sul New York Times del 23 giugno: «Durante la notte, una organizzazione statale che era stata a lungo vituperata per corruzione e clientelismo è diventata la voce di una resistenza democratica».“Quando hanno assistito alle proteste per la chiusura improvvisa della televisione di stato della Grecia e della la Hellenic Broadcasting Corporation,
l’ ERT, l’ 11 giugno, l’economista James Galbraith e il suo collega Yanis Varoufakis dell’Universtà di Austin, hanno scritto che «La crisi potrebbe anche abbattere il governo greco e portare l’opposizione di sinistra al potere. Questo non sarebbe un male per l’Europa o gli Stati Uniti».
Le politiche imposte alla periferia dell’Europa stanno peggiorando la crisi e, secondo i due accademici, un governo greco che respingesse queste politiche autodistruttive per l’Europa stessa farà più bene che male.
I due erano a Salonicco il 12 giugno, il giorno dopo la chiusura della Ert, per un’intervista mai avvenuta perché il canale era stato zittito. Ma negli uffici, hanno incontrato Alexis Tsipras, capo di Syriza, che ha perso d’un soffio le elezioni nazionali nel giugno 2012. Con lui hanno preso parte a un’assemblea spontanea di oltre 2mila persone.
Con la chiusura del servizio pubblico radio televisivo, scrivono Galbraith e Varoufakis che «Ora, il governo ha trasformato un dibattito torbido su mercati e austerità, fiducia e credito in una lotta aperta sulla democrazia e l’indipendenza nazionale. In quella lotta, Syriza si pone come l’alternativa, e il signor Tsipras ora ha la possibilità di diventare primo ministro. Se ci riesce, nulla cambierebbe di vitale per gli Stati Uniti. Syriza non ha intenzione di lasciare le basi militari americane della NATO o vicino. Naturalmente, la complicità americana nella dittatura greca di 1967-1974 non è stata dimenticata ma oggi il problema della Grecia oggi è con l’Europa, e il signor Tsipras non vuole litigare con Washington».
«Il settore finanziario globale vede una vittoria di Syriza con orrore. Ma le banche e gli hedge fund sanno che la maggior parte del debito greco è detenuto da contribuenti europei e dalla Banca centrale europea, e ciò che resta è a ruba dagli investitori perché sanno che sarà pagato. La grande finanza è preoccupata per quello che potrebbe accadere altrove, se un partito di sinistra vince in Grecia. Questo istinto è naturale per i banchieri. Ma per il governo americano adottare la stessa posizione paura sarebbe strategicamente miope».
Insomma, «in questo momento, Syriza potrebbe essere la migliore speranza per l’Europa» perché l’austerità è stata un fallimento ma i greci non vogliono lasciare l’Eurozona.
«Se queste politiche non cambiano – avvertono gli economisti – il crollo totale dell’economia greca è imminente». Galbraith, come noto, pensa a soluzioni di tipo keynesiano, ed è convinto che un «governo Syriza cercherebbe queste riforme e la salvezza del progetto europeo. E questo non può che essere una buona cosa per gli Stati Uniti».
Viene da chiedersi quanta gente porterebbe in piazza in Italia la chiusura della Rai. E, naturalmente, quanto sia lunga la strada per una coalizione della sinistra radicale, autonoma dal Pd, capace di contendere il governo ai liberisti più o meno temperati.”
da Globalist.it
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