Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute....
.... e puo' indurre, nei soggetti piu' deboli, alterazioni della vista e dell'udito, con tendenza all'apatia e la graduale perdita di coscienza ...

(di classe) :-))

Francobolllo

Francobollo.
Sarà un caso, ma adesso che si respira nuovamente aria fetida di destra smoderata e becera la polizia torna a picchiare la gente onesta.


Europa, SVEGLIA !!

Europa, SVEGLIA !!

venerdì 20 agosto 2010

Missione "Antica Babilonia" la strana guerra degli italiani

La vedova Calipari: «Rimane la sensazione che gli americani siano intoccabili»
di PIERANGELO SAPEGNO Fonte La Stampa
Quando cominciò la guerra non eravamo un Paese molto diverso da adesso.
Era il 20 marzo del 2003, e, mentre partivano i bombardamenti sui cieli di Baghdad, il presidente Silvio Berlusconi annunciava alla Camera che noi restavamo un «Paese non belligerante», anche se offrivamo tutto il nostro «pieno sostegno» agli Usa, per una guerra «legittima».
Ce l’aveva con la sinistra italiana, che è antioccidentale e antiamericana: «Il 64 per cento del Paese è con me.
Credo che abbiamo fatto un capolavoro politico e diplomatico: siamo anche riusciti a mantenere la nostra tradizionale alleanza con gli Stati Uniti». In realtà, quel capolavoro diplomatico ci ha portato comunque dentro al conflitto.

Gli attacchi finirono presto: il primo maggio il presidente George W. Bush dichiarava la fine delle azioni militari. Poco dopo l’Italia entrava a far parte della «coalizione dei volenterosi», una di quelle definizioni tra il militare e l’anglosassone che forse stanno più semplicemente per alleanza. Era guidata dagli Usa e dalla Gran Bretagna, ed era nata a seguito delle risoluzioni Onu 1483, 1500 e 1511 del 22 maggio 2003.
Di fatto, dal 15 luglio c’erano in Iraq oltre 3mila militari nell’operazione di peacekeeping denominata «Antica Babilonia».
Ecco, il nostro pezzo di storia si chiama così. Quel giorno alla base Maestrale Solo che ci accorgemmo presto del prezzo che dovevamo pagare, per «portare la democrazia in Iraq», in una fredda mattina, il 12 novembre 2003, quando erano le 8 e 40 in Italia e le 11 meno venti a Nassirija: un camion aveva sfondato la recinzione della sede della missione MSU (Multinational Specialized Unit) dei carabinieri a Nassirija, aprendo il varco a un’autobomba.
La base Maestrale era ridotta a uno scheletro di cemento, e lì davanti c’era un cratere profondo 8 metri. Morirono 12 carabinieri, 5 soldati e due civili (e pure 8 iracheni), storie comuni di italiani brava gente, proprio come le piangevano nelle vie polverose della città. Da quel momento al 2006, quando il governo Prodi decretò il ritiro delle truppe, l’operazione Antica Babilonia sarebbe costata 38 vittime: 31 militari e 7 civili.
Ostaggi e vittime civili Fra i soldati c’è anche chi ha lasciato la sua vita in Iraq per un incidente stradale o cadendo con l’elicottero. E fra i civili, c’è un giornalista, Enzo Baldoni, che non si sa ancora con esattezza quando sia morto e dove sia morto, ma che prima di partire sul suo blog aveva lasciato questo testamento: «Guardando il cielo stellato ho pensato che magari morirò anch’io in Mesopotamia, e che non me ne importa un baffo. Tutto fa parte di un gigantesco, divertente minestrone cosmico, e tanto vale affidarsi al vento».
E quando arrivò la notizia del sequestro di 4 agenti della compagnia Presidium Corporation ad opera delle Falangi Verdi di Maometto, ci fu chi parlò di mercenari e chi di eroi. Era il 13 aprile 2004. Il giorno dopo, il 14, venne ucciso Fabrizio Quattrocchi, uno di loro.
Abu Yussuf, uno di quelli che girò il video dell’esecuzione, ha detto che lo fecero inginocchiare «in una fossa, bendato e con le mani legate. Lui mi disse: "tu che parli italiano concedimi un desiderio. Toglimi le bende e fammi morire da italiano." Voleva guardarci negli occhi mentre gli sparavamo"». Invece, lo colpirono alla schiena, come racconta Pino Scaccia, giornalista del Tg1 che ha visto il filmato: «Gli spararono da dietro con una pistola. 3 colpi. Due a segno, nella schiena. Cade a testa in giù, mentre quelli urlano in coro "è nemico di Dio, è nemico di Allah"». Per questo a Quattrocchi venne data la medaglia d’oro, come ricorda adesso la sorella, Graziella: «Non era un mercenario. Sono state scritte molte falsità.
Era una persona generosa e altruista». Però, per quel riconoscimento protestarono alcuni familiari delle vittime di Nassirija, come Paola Cohen Gialli, vedova del maresciallo Enzo Fregosi, una splendida figura di carabiniere finita tra le macerie della base Maestrale: «Ai nostri carabinieri non è stato dato niente e a Quattrocchi la medaglia d’oro. E’ un’assurdità».
Le altre 3 guardie private prese in ostaggio vengono liberate ufficialmente con un blitz. Sottovoce, invece, grazie a un assegno di 4 milioni di dollari su cui piovono un sacco di smentite. Ancora morti e l’ombra dei riscatti La prima a non credere che venissero pagati riscatti per la liberazione degli ostaggi è l’onorevole Rosa Villecco Calipari, la vedova di Nicola Calipari, il responsabile del dipartimento per le operazioni all’estero del Sismi, ucciso dagli americani il 4 marzo 2005 mentre stava andando all’aeroporto con la giornalista Giuliana Sgrena, appena rilasciata dopo un altro sequestro.
Era l’ultimo di un anno terribile, cominciato con il rapimento di Quattrocchi - «ma prima c’era stato il sequestro lampo di due agenti dei servizi liberati dopo due giorni», dice Rosa Calipari -, e proseguito con quello di Simona Torretta e Simona Pari (le due volontarie prese il 7 settembre da una strana banda che agiva a volto scoperto e rilasciate il 28 dello stesso mese) che veniva a pochi giorni di distanza dalla tragica fine di Enzo Baldoni, pure lui catturato presso Najaf, il 21 agosto 2004, dall’Esercito islamico dell’Iraq.
La morte di Calipari finì, nonostante la battaglia di Rosa, con l’assoluzione del marine Lozano in primo grado e in Cassazione. «Una decisione pilatesca», la definisce lei: «salvaguarda la memoria di mio marito, ma dice in pratica che per prassi un militare americano non può essere giudicato da un altro Stato». Era il 19 giungo 2008.
Prodi aveva già deciso 2 anni prima l’uscita dall’Iraq. Ma quella guerra è rimasta ancora così dentro di noi, con le sue questioni irrisolte e con le sue memorie tragiche, come se in fondo non fosse mai finita.

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