Fonte: controlacrisi - ETTORE LIVINI - la repubblica
(Foto: Segr. p.c.greco Papariga)
È sciopero generale. Il governo cerca 50 miliardi per evitare la bancarotta Nella Capitale, decine di negozi chiusi con i cartelli "affittasi" bruciati dal sole. Su YouTube il documentario Debtocracy spiega chi ha depredato il Paese ellenico
ATENE - Il futuro della Grecia (e forse quello dell´euro) è in mano a un po´ di purosangue, ai numeri del Lotto e all´azzurro da sogno dell´Egeo. «Meglio così. Conoscendo i nostri politici, mi fido di più dei cavalli», scherza Stavros Petsitis, fantino di pochi chili e tante primavere, studiando sotto una pioggia sottile i puledri in allenamento sulla pista di Markopoulo, due passi dall´aeroporto di Atene. E´ stato già accontentato. Sommersa da 325 miliardi di debiti e finita nel tritacarne della speculazione, la Grecia ha deciso di giocare l´ultima carta per salvarsi dal crac: i saldi di Stato.
Il governo di George Papandreou ha appeso il cartello "Vendesi" su tutti i gioielli di famiglia: ippodromi e scommesse ippiche, ma pure le ricchissime lotterie nazionali, i monopoli di gas, luce e telefono e una valanga di terreni pubblici, spiagge e isole comprese. Obiettivo: raccogliere 50 miliardi entro il 2015 di cui ha bisogno come il pane per pagare i creditori e dribblare la bancarotta. «Alternative non ce ne sono - dice Dimitris Daskalopoulos, numero uno della Confindustria greca - . È l´ultimo treno per evitare il baratro».
Basterà? I mercati sono più tranchant dell´Oracolo di Delfi: no. La coperta dei 110 miliardi di aiuti garantiti ad Atene da Ue e Fmi, dicono, è troppo corta. L´economia è al palo (-3% nel 2011), la disoccupazione è salita al 15%, i tassi sui titoli di Stato a due anni sono al 20%. Questione di settimane o al massimo di mesi, vaticinano. Poi la Grecia alzerà bandiera bianca e ristrutturerà i suoi debiti, rifilando un altro elettrochoc alla traballante Unione monetaria europea.
L´esercito di Cassandre, cui si è iscritto persino il ministro alle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, non spaventa George Papaconstantinou, suo omologo ellenico. «Il nostro debito è sostenibile. Punto». La prova - dicono i suoi tecnici - sono le quattro paginette blu fitte fitte di tabelline presentate con orgoglio ai potenti della terra a Davos qualche settimana fa: «Legga qua! Deficit 2010 calato del 6%, spesa pubblica - 9,1%, entrate + 2%. Meglio degli obiettivi posti da Bruxelles e Fondo».
Può darsi. Il problema è che i greci hanno pagato un prezzo salatissimo all´austerity. E la strada per il governo socialista, stretto tra morsi della speculazione e malcontento interno, si sta facendo sempre più stretta. «Si guardi un po´ attorno e capirà da solo come vanno le cose», dice Vassilis Varoufakis, accovacciato dietro una montagna di pretzel a Syntagma. Lui resiste e qualche ciambella di pan salato (prezzo 1 euro) la vende ancora. Il centro di Atene però è un calvario di saracinesche abbassate e di cartelli "Enoikiazetai" ("Affittasi") scoloriti da mesi di sole e pioggia. «Nel 2009 prendevo 1.200 euro al mese di stipendio per 14 mensilità - calcola Anna Varoula, insegnante di Corinto in gita con la sua classe nella Capitale - Oggi siamo a 980 euro per 12 mesi. Senza contare che, dopo la riforma, andrò in pensione nel 2018 invece che tra sei mesi, come speravo». Un anno fa lei era qui sotto il Parlamento con i colleghi a urlare "Klèftes, Klèftes" ("Ladri, ladri") ai deputati che votavano il taglio del 15% alle buste paga dei dipendenti pubblici. «Ma oggi la gente ha perso la voglia di manifestare e si preoccupa solo di far quadrare i conti di casa», ammette sconsolata.
I sacrifici? Sono necessari per salvare il Paese e per sradicare le cattive abitudini e i privilegi che l´hanno portato al collasso finanziario, è il mantra di Papandreou. A pagare, assicura il premier, non è solo chi sta peggio: il governo ha tagliato da mille a 325 gli enti locali, tolto l´immunità parlamentare, eliminato dall´elenco dei lavori usuranti trombettisti (a rischio presunto di reflusso gastrico) e speaker tv (vittime della microfauna batterica nei microfoni) e varato una lenzuolata di liberalizzazioni da far impallidire Bersani. Il marketing però non basta più: la popolarità del Pasok - che resta il primo partito - è calata di quattro punti al 20%.
E le corporazioni, fiutata l´aria, sono partite al contrattacco. «Se lo Stato non ci paga i soldi che ci deve, da Pasqua non venderemo più medicine mutuabili, nemmeno quelle urgenti», è la minaccia di Theodoros Abazoglou, numero uno dei farmacisti dell´Attica travolti dalla deregulation del settore. I tempi dei mercati, in effetti, faticano ad adeguarsi a quelli necessari per le riforme epocali, specie in un Paese socialmente complesso come la Grecia.
Il vero nemico di Papandreou non è l´opposizione di destra (Nea Demokratia, rea del disastro finanziario con i suoi magheggi contabili, non guadagna un voto nei sondaggi) e nemmeno quella di sinistra, in crescita ma polverizzata in decine di litigiosissimi nano-partiti. Il problema è il calendario. Ue e Fmi garantiranno ad Atene i soldi per far funzionare lo Stato fino a giugno 2012. Poi il Paese, a meno di nuovi aiuti in zona Cesarini, dovrà far da sé, trovando sul mercato nei sei mesi successivi i 25 miliardi necessari per finanziare il debito. «Ce la faremo grazie alle privatizzazioni», è certo Papaconstantinou. La speculazione lo aspetta al varco.
Ma non è da sola. Su You Tube in Grecia tira moltissimo (600mila contatti in poche settimane) "Debtocracy", video-documentario finanziato con 7.790 euro di offerte raccolte sul web. «Un contributo per capire come è nato il buco greco e se si tratta di soldi davvero dovuti», racconta Katerina Kitidi, uno dei due registi.
Il finale rischia di essere profetico. Atene può fare come l´Ecuador nel 2007: autoridursi del 50% il debito facendo pagare il crac anche a banche e ai finanziatori poco avveduti. Le banche centrali europee, che hanno in pancia 80 miliardi di titoli ellenici, gli istituti francesi e tedeschi (esposti per oltre 100 miliardi) e quelli greci - destinati in quel caso a pagare il pedaggio più alto assieme ai cittadini ellenici - tengono il fiato sospeso. Anche il loro futuro - come quello dell´euro - è in mano ai cavalli di Stato messi all´asta da Papandreou
È sciopero generale. Il governo cerca 50 miliardi per evitare la bancarotta Nella Capitale, decine di negozi chiusi con i cartelli "affittasi" bruciati dal sole. Su YouTube il documentario Debtocracy spiega chi ha depredato il Paese ellenico
ATENE - Il futuro della Grecia (e forse quello dell´euro) è in mano a un po´ di purosangue, ai numeri del Lotto e all´azzurro da sogno dell´Egeo. «Meglio così. Conoscendo i nostri politici, mi fido di più dei cavalli», scherza Stavros Petsitis, fantino di pochi chili e tante primavere, studiando sotto una pioggia sottile i puledri in allenamento sulla pista di Markopoulo, due passi dall´aeroporto di Atene. E´ stato già accontentato. Sommersa da 325 miliardi di debiti e finita nel tritacarne della speculazione, la Grecia ha deciso di giocare l´ultima carta per salvarsi dal crac: i saldi di Stato.
Il governo di George Papandreou ha appeso il cartello "Vendesi" su tutti i gioielli di famiglia: ippodromi e scommesse ippiche, ma pure le ricchissime lotterie nazionali, i monopoli di gas, luce e telefono e una valanga di terreni pubblici, spiagge e isole comprese. Obiettivo: raccogliere 50 miliardi entro il 2015 di cui ha bisogno come il pane per pagare i creditori e dribblare la bancarotta. «Alternative non ce ne sono - dice Dimitris Daskalopoulos, numero uno della Confindustria greca - . È l´ultimo treno per evitare il baratro».
Basterà? I mercati sono più tranchant dell´Oracolo di Delfi: no. La coperta dei 110 miliardi di aiuti garantiti ad Atene da Ue e Fmi, dicono, è troppo corta. L´economia è al palo (-3% nel 2011), la disoccupazione è salita al 15%, i tassi sui titoli di Stato a due anni sono al 20%. Questione di settimane o al massimo di mesi, vaticinano. Poi la Grecia alzerà bandiera bianca e ristrutturerà i suoi debiti, rifilando un altro elettrochoc alla traballante Unione monetaria europea.
L´esercito di Cassandre, cui si è iscritto persino il ministro alle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, non spaventa George Papaconstantinou, suo omologo ellenico. «Il nostro debito è sostenibile. Punto». La prova - dicono i suoi tecnici - sono le quattro paginette blu fitte fitte di tabelline presentate con orgoglio ai potenti della terra a Davos qualche settimana fa: «Legga qua! Deficit 2010 calato del 6%, spesa pubblica - 9,1%, entrate + 2%. Meglio degli obiettivi posti da Bruxelles e Fondo».
Può darsi. Il problema è che i greci hanno pagato un prezzo salatissimo all´austerity. E la strada per il governo socialista, stretto tra morsi della speculazione e malcontento interno, si sta facendo sempre più stretta. «Si guardi un po´ attorno e capirà da solo come vanno le cose», dice Vassilis Varoufakis, accovacciato dietro una montagna di pretzel a Syntagma. Lui resiste e qualche ciambella di pan salato (prezzo 1 euro) la vende ancora. Il centro di Atene però è un calvario di saracinesche abbassate e di cartelli "Enoikiazetai" ("Affittasi") scoloriti da mesi di sole e pioggia. «Nel 2009 prendevo 1.200 euro al mese di stipendio per 14 mensilità - calcola Anna Varoula, insegnante di Corinto in gita con la sua classe nella Capitale - Oggi siamo a 980 euro per 12 mesi. Senza contare che, dopo la riforma, andrò in pensione nel 2018 invece che tra sei mesi, come speravo». Un anno fa lei era qui sotto il Parlamento con i colleghi a urlare "Klèftes, Klèftes" ("Ladri, ladri") ai deputati che votavano il taglio del 15% alle buste paga dei dipendenti pubblici. «Ma oggi la gente ha perso la voglia di manifestare e si preoccupa solo di far quadrare i conti di casa», ammette sconsolata.
I sacrifici? Sono necessari per salvare il Paese e per sradicare le cattive abitudini e i privilegi che l´hanno portato al collasso finanziario, è il mantra di Papandreou. A pagare, assicura il premier, non è solo chi sta peggio: il governo ha tagliato da mille a 325 gli enti locali, tolto l´immunità parlamentare, eliminato dall´elenco dei lavori usuranti trombettisti (a rischio presunto di reflusso gastrico) e speaker tv (vittime della microfauna batterica nei microfoni) e varato una lenzuolata di liberalizzazioni da far impallidire Bersani. Il marketing però non basta più: la popolarità del Pasok - che resta il primo partito - è calata di quattro punti al 20%.
E le corporazioni, fiutata l´aria, sono partite al contrattacco. «Se lo Stato non ci paga i soldi che ci deve, da Pasqua non venderemo più medicine mutuabili, nemmeno quelle urgenti», è la minaccia di Theodoros Abazoglou, numero uno dei farmacisti dell´Attica travolti dalla deregulation del settore. I tempi dei mercati, in effetti, faticano ad adeguarsi a quelli necessari per le riforme epocali, specie in un Paese socialmente complesso come la Grecia.
Il vero nemico di Papandreou non è l´opposizione di destra (Nea Demokratia, rea del disastro finanziario con i suoi magheggi contabili, non guadagna un voto nei sondaggi) e nemmeno quella di sinistra, in crescita ma polverizzata in decine di litigiosissimi nano-partiti. Il problema è il calendario. Ue e Fmi garantiranno ad Atene i soldi per far funzionare lo Stato fino a giugno 2012. Poi il Paese, a meno di nuovi aiuti in zona Cesarini, dovrà far da sé, trovando sul mercato nei sei mesi successivi i 25 miliardi necessari per finanziare il debito. «Ce la faremo grazie alle privatizzazioni», è certo Papaconstantinou. La speculazione lo aspetta al varco.
Ma non è da sola. Su You Tube in Grecia tira moltissimo (600mila contatti in poche settimane) "Debtocracy", video-documentario finanziato con 7.790 euro di offerte raccolte sul web. «Un contributo per capire come è nato il buco greco e se si tratta di soldi davvero dovuti», racconta Katerina Kitidi, uno dei due registi.
Il finale rischia di essere profetico. Atene può fare come l´Ecuador nel 2007: autoridursi del 50% il debito facendo pagare il crac anche a banche e ai finanziatori poco avveduti. Le banche centrali europee, che hanno in pancia 80 miliardi di titoli ellenici, gli istituti francesi e tedeschi (esposti per oltre 100 miliardi) e quelli greci - destinati in quel caso a pagare il pedaggio più alto assieme ai cittadini ellenici - tengono il fiato sospeso. Anche il loro futuro - come quello dell´euro - è in mano ai cavalli di Stato messi all´asta da Papandreou
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