di GIORGIO CREMASCHI Fonte: micromega
No signor Presidente della Repubblica, mi permetto di obiettarLe che questo non è il momento della coesione nazionale. Capisco le buone intenzioni di natura istituzionale, ma esse oggi lastricano una via che porta al massacro sociale in Italia come in Europa. Non di coesione, ma di una irruzione di giustizia, eguaglianza sociale e democrazia ha oggi bisogno la nostra stanca ed inutile politica per affrontare davvero la crisi.
Giustizia, perché nessuna misura è credibile se non vanno in galera i potenti che rubano, se non si colpiscono davvero gli evasori fiscali, se non c’è un risanamento morale della politica e se non si liquida il suo intreccio con gli affari.
Eguaglianza sociale, perché sinora il mondo del lavoro, i pensionati, i disoccupati, ancor più se giovani o donne, han pagato tutti, ma proprio tutti i costi della crisi. Mentre le banche, la finanza, i padroni hanno ricevuto tutti gli aiuti possibili, li hanno intascati e han continuato a fare lo stesso di prima, peggio di prima.
Democrazia, perché non è più tollerabile che i governi dei paesi democratici siano sottoposti alla dittatura delle agenzie di rating, del fondo monetario, della banca europea. Dieci anni fa siamo scesi in piazza a Genova contro il pensiero unico liberista. Oggi in Europa c’è un governo unico delle banche, della finanza e della casta dei padroni e dei manager più ricchi che impone le sue decisioni a tutti i governi, siano essi di destra o di centrosinistra.
Dopo tre anni di sempre più vacui sogni berlusconiani l’Italia si risveglia in un incubo. Liberarsi presto di questo padrone oggi sul viale del tramonto politico ed economico è indispensabile. Ma non per cadere sotto il dominio degli altri grandi padroni uniti.
Da tre anni Berlusconi nega la crisi e annuncia la ripresa alle porte; per questo oggi la Confindustria, Cisl e Uil abbandonano la barca che affonda, per salire su quella del sistema della coesione nazionale, di cui dovrebbero far parte anche centrosinistra e Cgil.
Il fatto però è che questo nuovo punto di vista abbandona sì Berlusconi al suo sacrosanto destino, ma non le politiche liberiste che a questa crisi hanno portato. Anzi si chiede al governo di mettersi sulla via della Grecia per evitare di finire come la Grecia. Il liberismo non ha funzionato perché è stato sinora troppo compassionevole, troppo poco impopolare, ora si deve fare sul serio, questo ci chiede l ‘Europa.
Bene, a tutto questo è giunto il momento di rispondere NO! Questa Europa nemica del lavoro e dei suoi diritti, che vuol distruggere la sua più grande conquista civile e democratica, lo stato sociale, è nostra nemica. L’ euro e’ stata una costruzione stupida, una moneta senza stato e senza democrazia di cui ora pagano i costi tutti i lavoratori ed i poveri del continente. Certo non è semplice tornare indietro, ora i costi sociali sarebbero altrettanto terribili, ma quello che si può e si deve fare è disubbidire all’ Europa restando in Europa.
Bisogna nazionalizzare le banche che hanno usato i soldi pubblici solo per salvare i loro profitti. Bisogna colpire la speculazione finanziaria con tasse e controlli, anche mettendo in discussione i paradisi fiscali dei ricchi europei. Montecarlo, Liechtenstein, San Marino devono veder messa in discussione la loro funzione di patria degli evasori, a costo di chiudere. Bisogna fermare le multinazionali e le delocalizzazioni, ci vuole un piano per il lavoro che parta dal blocco dei licenziamenti e della chiusura delle aziende. Ci vuole un rinnovato intervento pubblico nell’economia.
Si deve combattere e non estendere la precarietà, rovesciando leggi ed accordi in vigore. Si deve rafforzare e non indebolire il contratto nazionale, e l’accordo recentemente sottoscritto tra sindacati e Confindustria va travolto in quanto non solo è ingiusto, ma è inutile e dannoso perché espressione di quella politica liberista che ha fallito.
Bisogna cancellare le missioni di guerra, tutte e subito, e tagliare tutti i veri sprechi nella spesa pubblica, le inutili grandi opere, le consulenze gli stipendi d’oro le burocrazie politiche inutili. Bisogna finanziare scuola e ricerca pubblica tagliando ogni sostegno a quella privata. E’ necessaria una decisa redistribuzione dei redditi aumentando salari e pensioni basse e istituendo un reddito sociale garantito pagato da un tassa patrimoniale sui ricchi. Bisogna ridurre l’orario di lavoro e ricostruire diritti e libertà soppressi in tanti luoghi di lavoro. Deve finire il regime di apartheid per i migranti e le loro famiglie.
Ma soprattutto si deve rovesciare il modello di crescita e sviluppo fondato su finanza, competitività e produttività estreme, a favore di un sistema fondato sulla crescita dei beni comuni. Quello che hanno chiesto i 27 milioni di cittadini che hanno votato ai referendum. Che è anche ciò che il governo unico dell’ Europa ci impedisce di realizzare, visto che una delle prime misure imposte alla Grecia è proprio la privatizzazione dell’acqua.
No, signor Presidente, non usciamo dalla crisi con la coesione con coloro che l’ hanno provocata e ce la vogliono far pagare: No, senza una rivoluzione democratica che tolga a banche, finanza e multinazionali il potere di decidere sulle nostre vite non avremo maggiore coesione, ma solo più ingiustizia e meno democrazia.
Giorgio Cremaschi
(14 luglio 2011)
Giustizia, perché nessuna misura è credibile se non vanno in galera i potenti che rubano, se non si colpiscono davvero gli evasori fiscali, se non c’è un risanamento morale della politica e se non si liquida il suo intreccio con gli affari.
Eguaglianza sociale, perché sinora il mondo del lavoro, i pensionati, i disoccupati, ancor più se giovani o donne, han pagato tutti, ma proprio tutti i costi della crisi. Mentre le banche, la finanza, i padroni hanno ricevuto tutti gli aiuti possibili, li hanno intascati e han continuato a fare lo stesso di prima, peggio di prima.
Democrazia, perché non è più tollerabile che i governi dei paesi democratici siano sottoposti alla dittatura delle agenzie di rating, del fondo monetario, della banca europea. Dieci anni fa siamo scesi in piazza a Genova contro il pensiero unico liberista. Oggi in Europa c’è un governo unico delle banche, della finanza e della casta dei padroni e dei manager più ricchi che impone le sue decisioni a tutti i governi, siano essi di destra o di centrosinistra.
Dopo tre anni di sempre più vacui sogni berlusconiani l’Italia si risveglia in un incubo. Liberarsi presto di questo padrone oggi sul viale del tramonto politico ed economico è indispensabile. Ma non per cadere sotto il dominio degli altri grandi padroni uniti.
Da tre anni Berlusconi nega la crisi e annuncia la ripresa alle porte; per questo oggi la Confindustria, Cisl e Uil abbandonano la barca che affonda, per salire su quella del sistema della coesione nazionale, di cui dovrebbero far parte anche centrosinistra e Cgil.
Il fatto però è che questo nuovo punto di vista abbandona sì Berlusconi al suo sacrosanto destino, ma non le politiche liberiste che a questa crisi hanno portato. Anzi si chiede al governo di mettersi sulla via della Grecia per evitare di finire come la Grecia. Il liberismo non ha funzionato perché è stato sinora troppo compassionevole, troppo poco impopolare, ora si deve fare sul serio, questo ci chiede l ‘Europa.
Bene, a tutto questo è giunto il momento di rispondere NO! Questa Europa nemica del lavoro e dei suoi diritti, che vuol distruggere la sua più grande conquista civile e democratica, lo stato sociale, è nostra nemica. L’ euro e’ stata una costruzione stupida, una moneta senza stato e senza democrazia di cui ora pagano i costi tutti i lavoratori ed i poveri del continente. Certo non è semplice tornare indietro, ora i costi sociali sarebbero altrettanto terribili, ma quello che si può e si deve fare è disubbidire all’ Europa restando in Europa.
Bisogna nazionalizzare le banche che hanno usato i soldi pubblici solo per salvare i loro profitti. Bisogna colpire la speculazione finanziaria con tasse e controlli, anche mettendo in discussione i paradisi fiscali dei ricchi europei. Montecarlo, Liechtenstein, San Marino devono veder messa in discussione la loro funzione di patria degli evasori, a costo di chiudere. Bisogna fermare le multinazionali e le delocalizzazioni, ci vuole un piano per il lavoro che parta dal blocco dei licenziamenti e della chiusura delle aziende. Ci vuole un rinnovato intervento pubblico nell’economia.
Si deve combattere e non estendere la precarietà, rovesciando leggi ed accordi in vigore. Si deve rafforzare e non indebolire il contratto nazionale, e l’accordo recentemente sottoscritto tra sindacati e Confindustria va travolto in quanto non solo è ingiusto, ma è inutile e dannoso perché espressione di quella politica liberista che ha fallito.
Bisogna cancellare le missioni di guerra, tutte e subito, e tagliare tutti i veri sprechi nella spesa pubblica, le inutili grandi opere, le consulenze gli stipendi d’oro le burocrazie politiche inutili. Bisogna finanziare scuola e ricerca pubblica tagliando ogni sostegno a quella privata. E’ necessaria una decisa redistribuzione dei redditi aumentando salari e pensioni basse e istituendo un reddito sociale garantito pagato da un tassa patrimoniale sui ricchi. Bisogna ridurre l’orario di lavoro e ricostruire diritti e libertà soppressi in tanti luoghi di lavoro. Deve finire il regime di apartheid per i migranti e le loro famiglie.
Ma soprattutto si deve rovesciare il modello di crescita e sviluppo fondato su finanza, competitività e produttività estreme, a favore di un sistema fondato sulla crescita dei beni comuni. Quello che hanno chiesto i 27 milioni di cittadini che hanno votato ai referendum. Che è anche ciò che il governo unico dell’ Europa ci impedisce di realizzare, visto che una delle prime misure imposte alla Grecia è proprio la privatizzazione dell’acqua.
No, signor Presidente, non usciamo dalla crisi con la coesione con coloro che l’ hanno provocata e ce la vogliono far pagare: No, senza una rivoluzione democratica che tolga a banche, finanza e multinazionali il potere di decidere sulle nostre vite non avremo maggiore coesione, ma solo più ingiustizia e meno democrazia.
Giorgio Cremaschi
(14 luglio 2011)
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