di Stefano Galieni. Fonte: controlacrisi
Secondo il “Devoto Oli” dizionario eccelso della lingua italiana, l’aggettivo “responsabile” si addice a colui “che deve render ragione delle azioni proprie o altrui” o che è “conscio delle proprie responsabilità”. Una accezione solo apparentemente positiva: si può essere consapevoli dei propri atti ma non è detto che questi in linea di principio siano sempre moralmente ed eticamente giusti, né che tantomeno gli atti commessi in piena responsabilità corrispondano a fini socialmente condivisibili. Occorre sempre analizzare il contesto: il signor Torquemada ad esempio, era perfettamente consapevole e responsabile quando in nome della fede, decretava torture e scempio dei corpi di coloro che odoravano di eresia, blasfemia, stregoneria. Lo ordinava in nome di dio, non è un bell’esempio. Ma quelli erano altri tempi. Nel mondo della globalizzazione neoliberista anche la responsabilità è una merce che circola. Si una merce che ha un prezzo e un valore di mercato. Prendiamo il caso di una remota provincia dell’impero, un Paese chiamato Italia. Da sempre in nome della “responsabilità” si sono fatti sacrifici, piani di austerità, strette di cinghia, sempre gli stessi i soggetti che si sono visti“responsabilmente” costretti a pagare errori o scelte altrui. Ovviamente non si parla di banchieri, manager, notabili e grandi imprenditori, non si parla di palazzinari e affaristi, ad essere spremuti come agrumi sono sempre gli stessi soggetti a cui i prelievi, ormai di sangue, vengono fatti direttamente in vena. Ma la responsabilità passa, come dalle porte di un saloon, dall’economia alla politica. In principio, ai tempi del basso impero contemporaneo, questi trovavano la propria effigie nel signor Scilipoti, grottesco parlamentare IdV, che per senso del dovere – guai chi osa avanzare dubbi in merito – ed assieme ad un eterogenea lista di colleghi, decise di appoggiare un governo moribondo facendo proprio il principio di responsabilità. “Se il governo cade l’Italia intera precipita nel baratro” dissero gli eroi, e il governo fu salvo, era il 14/12/2010. Ma il baratro continua ad avvicinarsi e, lungi dal pensare che si tratti di invertire drasticamente la rotta facendo pagare la crisi a coloro che ne sono appunto i “responsabili” (si perdoni l’irresponsabile giuoco di parole), si cerca di allargare l’esercito dei responsabili. E così detto fatto: il governo produce una manovra finanziaria inefficace, recessiva, che accentua le diseguaglianze e prospetta una vera e propria catastrofe sociale e la sedicente opposizione parlamentare si adegua. Le manovre speculative attaccano in pieno la borsa italiana e non si tratta di nemici esterni quanto del frutto delle stesse dinamiche che governano il sistema Paese; l’Europa impone i tagli e un pareggio di bilancio in nome del rispetto dell’ “Euro Plus Pact” ( responsabilità continentale); e sotto l’egida del Re Sponsabile (Giorgio I° Napolitano), ci si avvia verso una scelta apparentemente ma non solo suicida. Pd, IdV, UDC e altri ammennicoli, lasceranno passare responsabilmente una manovra di cui dicono di condividere poco o nulla. Si comporteranno come uno che di responsabilità ne sapeva molto, tal Ponzio Pilato, proporranno qualche aggiustamento di facciata e poi se ne laveranno le mani. Chiederanno – e sarà interessante vederne i risultati – una crisi pilotata di governo per togliere l’imbarazzante Berlusconi e poi via, come annuncia gaudioso Enrico Letta, privatizzazioni a tutto spiano, alla faccia dei referendum, tagli alle spese e nessuna traccia di redistribuzione, anzi ci si prepari ad un altro colpo all’ormai vuoto portamonete, previsto per settembre. Tutto questo per non finire come la Grecia o perché in Grecia già ci siamo e i “responsabili” non se ne sono accorti? Molto probabilmente i responsabili a volte consapevoli, a volte incapaci di guardare oltre la propria fede che fa impallidire i tempi di Torquemada, sanno bene che la corsa verso il baratro continua. Ma non ne pagheranno mai direttamente le conseguenze, quelle ricadono sui popoli.
Secondo il “Devoto Oli” dizionario eccelso della lingua italiana, l’aggettivo “responsabile” si addice a colui “che deve render ragione delle azioni proprie o altrui” o che è “conscio delle proprie responsabilità”. Una accezione solo apparentemente positiva: si può essere consapevoli dei propri atti ma non è detto che questi in linea di principio siano sempre moralmente ed eticamente giusti, né che tantomeno gli atti commessi in piena responsabilità corrispondano a fini socialmente condivisibili. Occorre sempre analizzare il contesto: il signor Torquemada ad esempio, era perfettamente consapevole e responsabile quando in nome della fede, decretava torture e scempio dei corpi di coloro che odoravano di eresia, blasfemia, stregoneria. Lo ordinava in nome di dio, non è un bell’esempio. Ma quelli erano altri tempi. Nel mondo della globalizzazione neoliberista anche la responsabilità è una merce che circola. Si una merce che ha un prezzo e un valore di mercato. Prendiamo il caso di una remota provincia dell’impero, un Paese chiamato Italia. Da sempre in nome della “responsabilità” si sono fatti sacrifici, piani di austerità, strette di cinghia, sempre gli stessi i soggetti che si sono visti“responsabilmente” costretti a pagare errori o scelte altrui. Ovviamente non si parla di banchieri, manager, notabili e grandi imprenditori, non si parla di palazzinari e affaristi, ad essere spremuti come agrumi sono sempre gli stessi soggetti a cui i prelievi, ormai di sangue, vengono fatti direttamente in vena. Ma la responsabilità passa, come dalle porte di un saloon, dall’economia alla politica. In principio, ai tempi del basso impero contemporaneo, questi trovavano la propria effigie nel signor Scilipoti, grottesco parlamentare IdV, che per senso del dovere – guai chi osa avanzare dubbi in merito – ed assieme ad un eterogenea lista di colleghi, decise di appoggiare un governo moribondo facendo proprio il principio di responsabilità. “Se il governo cade l’Italia intera precipita nel baratro” dissero gli eroi, e il governo fu salvo, era il 14/12/2010. Ma il baratro continua ad avvicinarsi e, lungi dal pensare che si tratti di invertire drasticamente la rotta facendo pagare la crisi a coloro che ne sono appunto i “responsabili” (si perdoni l’irresponsabile giuoco di parole), si cerca di allargare l’esercito dei responsabili. E così detto fatto: il governo produce una manovra finanziaria inefficace, recessiva, che accentua le diseguaglianze e prospetta una vera e propria catastrofe sociale e la sedicente opposizione parlamentare si adegua. Le manovre speculative attaccano in pieno la borsa italiana e non si tratta di nemici esterni quanto del frutto delle stesse dinamiche che governano il sistema Paese; l’Europa impone i tagli e un pareggio di bilancio in nome del rispetto dell’ “Euro Plus Pact” ( responsabilità continentale); e sotto l’egida del Re Sponsabile (Giorgio I° Napolitano), ci si avvia verso una scelta apparentemente ma non solo suicida. Pd, IdV, UDC e altri ammennicoli, lasceranno passare responsabilmente una manovra di cui dicono di condividere poco o nulla. Si comporteranno come uno che di responsabilità ne sapeva molto, tal Ponzio Pilato, proporranno qualche aggiustamento di facciata e poi se ne laveranno le mani. Chiederanno – e sarà interessante vederne i risultati – una crisi pilotata di governo per togliere l’imbarazzante Berlusconi e poi via, come annuncia gaudioso Enrico Letta, privatizzazioni a tutto spiano, alla faccia dei referendum, tagli alle spese e nessuna traccia di redistribuzione, anzi ci si prepari ad un altro colpo all’ormai vuoto portamonete, previsto per settembre. Tutto questo per non finire come la Grecia o perché in Grecia già ci siamo e i “responsabili” non se ne sono accorti? Molto probabilmente i responsabili a volte consapevoli, a volte incapaci di guardare oltre la propria fede che fa impallidire i tempi di Torquemada, sanno bene che la corsa verso il baratro continua. Ma non ne pagheranno mai direttamente le conseguenze, quelle ricadono sui popoli.
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