Fonte: beppegrillo
La Cina è vicina, sempre più vicina. E' un laboratorio di quello che potrà succedere nel resto del mondo per l'ambiente, la società, la politica. Da anni si sa, si scrive, che se il ventesimo secolo era stato il secolo degli Stati Uniti, quello che stiamo vivendo sarà quello della Cina. Potrebbe implodere per una crescita incontrollata che ha portato alle più grandi migrazioni di massa interne, dalle campagne alle città della Storia o diventare il nuovo Guardiano del mondo. La sovrappopolazione, un tema che presto tardi potrebbe riguardare ogni parte del pianeta, in Cina è realtà da decenni e peggiora con la diminuzione delle risorse alimentari e la siccità. Xinran Xue autrice del libro "Le figlie perdute della Cina" racconta le contraddizioni sociali di questo grande Paese attraverso gli occhi delle bambine.
Intervista a Xinran Xue, autrice e giornalista
La Cina del figlio unico
Intervista a Xinran Xue, autrice e giornalista
La Cina del figlio unico
Il mio nome è Xinran. Prima di tutto sono una donna cinese, una figlia cinese, una madre cinese, una giornalista e scrittrice cinese. Vivo nel Regno Unito dal 1997 e lavoro come volontaria per Mothers’ Bridge of Love. Sono solita dire alle persone che nella vita di una donna ci sono tre tipi di lavoro: la carriera, l’essere moglie e l’essere madre. Ho sempre creduto che il più difficile fosse essere madre, in particolare madre di un unico figlio. Il lavoro, se non ti piace, puoi cambiarlo. Se non ti piace tuo marito, puoi cambiare il tuo matrimonio ma se non ti piace il fatto di essere madre, non hai scelta. Devi andare avanti. E la cosa più difficile, come madre di un unico figlio, è che quando lo partorisci, dopo dieci mesi di gravidanza, scopri di essere cambiata perché la tua vita adesso è completamente rivolta a lui, anche se sfortunatamente nessuna donna sa come essere madre. Lo imparano tutte mentre i figli crescono. Si capisce quindi quanto ciò sia difficile per una madre cinese di una famiglia con un unico figlio. Mi sarebbe piaciuto avere più di tre o cinque bambini poiché ho capito che solo dopo il primo bambino avrei iniziato ad avere esperienza, a sapere come fare la madre. Ma non ho avuto scelta a causa della politica del figlio unico. Oggi viviamo nel 21° secolo, in quello che è chiamato Villaggio Globale, e ognuno cerca di essere d’aiuto agli altri attraverso internet, attraverso il fatto di viaggiare o di studiare all’estero. Ma l’ostacolo maggiore tra l’Occidente e l’Asia è rappresentato dal linguaggio e dalle tradizioni culturali. Se non si possiedono neanche delle competenze linguistiche di base, non è possibile avere alcuna conversazione con un cinese o con qualsiasi altro tipo di persona di nazionalità asiatica. Se non si va in questi paesi per visitarli, per parlare con le persone, allora li si conosce solo attraverso i giornali del proprio paese, fatto, questo, che è ovviamente limitato dal linguaggio, dalla conoscenza e dai differenti punti di vista dei giornalisti. Così penso ai molti paesi attraverso i quali ho viaggiato e alla gente che veniva da me e mi chiedeva: “Possiamo fare qualcosa insieme?”. Ora capiamo bene che c’è un immensa differenza tra cultura e linguaggio. Credo che gli occidentali dovranno fare parecchia strada per comprendere la Cina o per capire che la Cina non è soltanto una singola Cina. È molte Cina insieme. È abbastanza difficile… Per me questo libro non è soltanto un messaggio da una sconosciuta madre Cinese, sulle sue perdite e sul suo amore. È anche la mia sfida personale alla storia di oggi. È un modo di educare e di insegnare ai nostri bambini ad essere onesti verso il nostro passato. Veniamo dal passato. Veniamo da tanti e diversi tipi di radici e da quanto abbiamo detto ai nostri bambini. Penso che la storia sia stata scritta dalle vittorie, dai vincitori e dai grandi eroi. Ma la storia comprende anche vittime, vinti e milioni di analfabeti che non hanno mai avuto voce, e poi madri e nonne. Se vogliamo che il nostro futuro sia gestito dai nostri bambini, penso che sia molto importante lasciare che essi sappiano e aiutarli a comprendere da quali radici provengono. Questo libro significa moltissimo, per me e per molte persone di altre culture che hanno adottato bambini cinesi, soprattutto in Europa, dopo la Seconda Guerra Mondiale. Ci sono moltissime cose che sono accadute in quei tempi di cui si sa poco. Molte persone hanno perso le loro famiglie o hanno dovuto abbandonare i propri bambini, che sono stati adottati e non mai è stato detto loro quale fosse la famiglia da cui, lei o lui, erano nati.
La strage delle bambine
In Cina e in molti paesi asiatici, abbiamo una sorta di credo culturale: a causa della nostra storia, le nostre radici affondano in una cultura prettamente maschile e basata sull’agricoltura. Questo perché un ragazzo contribuisce con più forza fisica al lavoro della terra, al supporto della vita familiare e anche perché un ragazzo porta avanti l’albero genealogico e il nome della famiglia. Un ragazzo, poi, è anche parte della cultura. Oltretutto nella tradizione cinese abbiamo un sistema di tassazione speciale creato, per primo, da Qin-shi-huang nel 223 a.C. Questo sistema fiscale è ancora usato nella Cina contemporanea, anche sotto il sistema Socialista o Comunista. In questo sistema quando ti nasce un figlio, ti viene assegnato un pezzo di terra in più. Se invece hai una figlia non riceverai niente per sostenerti. Tutte queste usanze tradizionali vanno a formare le credenze cinesi. Il primo bambino di una famiglia deve essere maschio altrimenti la donna, la madre, potrebbe trasformarsi nella criminale della famiglia stessa. Questa è la prima ragione. La seconda è una ragione politica: la politica del figlio unico, che prende avvio nel 1979 e che diventa una legge del partito dal 1981. Milioni di famiglie hanno pagato un prezzo molto alto per questa ragione. Ma solo nel 2002 questa politica diventa vera e propria legge cinese. Oggigiorno in Cina si discute anche contro questa legge. Il valore della famiglia nella società è stato trasformato da questa politica, milioni di bambine sono state soppresse. E la terza ragione, devo dirlo, riguarda l’ingenuità sessuale poiché la Cina ha iniziato ad impartire educazione sessuale soltanto a partire dal 2002. Prima di questo periodo i giovani avevano adottato una cultura sessuale di tipo occidentale, come parte della cultura occidentale, quindi sono stati moltissimi i bambini nati per mancanza di conoscenza o profilassi anticoncezionale. I maschi venivano adottati dalle famiglie cinesi e le femmine, invece, venivano “scartate”. Così, queste tre ragioni principali hanno provocato la perdita di moltissime vite. E inoltre 120.000 ragazze sono divenute orfane e sono state adottate da famiglie occidentali, in 27 paesi.
Le mille e una Cina
Le mille e una Cina
La Cina non è una sola. Ci sono tanti e diversi aspetti della Cina, tra i quali anche il grandissimo divario tra città e campagna. L’anno scorso, tra agosto e dicembre, sono tornata in Cina, dal nord – Harbin, Silk Road e Xian – al Sud, Guangzhou, Kaiping , attraverso dieci diverse località. Nelle città più grandi non credo sia successo niente. In oltre 400 città non è successo nienteMa nella campagna profonda, in particolare nei villaggi – ne ho visitati alcuni intorno a Silk Road – quando chiedevo alla gente: “Sapete dell’assassinio di questa bambina?” molti rimanevano in silenzio. Credo che quel silenzio volesse dire: “Sì”. Spero che la popolazione cinese, in particolare i padri e le madri, possano essere educati, per mezzo della vita cittadina o in qualsiasi altro modo, a comprendere quanto valore abbiano gli esseri umani e l’eguaglianza tra maschi e femmine. Dipende da dove vivono: nelle città non penso che ci siano problemi. Le donne cinesi hanno belle case e ottimi impieghi. Hanno un tenore di vita molto alto, se possibile ancora più alto e confortevole della maggior parte delle donne europee. Ma nelle campagne si può vedere la maggior delle donne vivere ancora come nel passato. Non dobbiamo dimenticare che il 70% della popolazione cinese è composta da contadini e agricoltori e che la maggior parte di loro ha frequentato le scuole per non più di tre anni. Ciò significa che moltissime donne cinesi stanno ancora lottando non già per i diritti delle donne ma per diritti fondamentali come la maternità, le condizioni di vita e di educazione. Credo quindi che per tutte le donne cinesi sarà molto lunga la strada per raggiungere un certo standard, per vivere una vita uguale a quella di un uomo. La mia scrittura non è una risposta risolutiva ma credo che una goccia di acqua possa innaffiare un piccolo chicco di grano. Sono diventata giornalista nel 1989, dopo 12 anni di lavoro in un’Università militare. A quel tempo era estremamente difficile far parlare la gente. Molte persone credevano di poter, sì, parlare ma che questo sarebbe sembrato uno slogan politico. Ecco perché iniziai a fare il mio programma radiofonico. Volevo veramente che la gente mi raccontasse le loro vite e i loro sentimenti. Ma era impossibile. La maggior parte delle donne non ne aveva mai avuto la possibilità e non sapevano come fare a parlare in casa. Un giorno, cucinavo per mio figlio qualcosa con il peperoncino. Un pezzettino di peperoncino si appiccicò alla mia guancia e non me ne accorsi. Uscii per prendere l’autobus per recarmi in ufficio. Sull’autobus una donna venne verso di me e mi disse: "Guarda, hai qualcosa in volto” Dissi: “Davvero?” Fu così che iniziammo a parlare. Quella fu la prima donna, nel mio programma, in realtà nella mia vita, a raccontarmi storie personali. Così quella sera, dopo aver finito il mio programma radiofonico, mi misi a pensare, e pensai a lungo. La natura femminile è molto generosa e io dovevo riuscire a far parlare le donne attraverso la loro natura. Era molto importante. Così dalla mattina seguente iniziai a truccarmi in modo sbagliato, qualche volta i capelli un po’ più rossi, qualche volta con la tinta nera. Poi quando camminavo per strada c’era sempre qualche donna che veniva da me e diceva: “Oh che ragazza strana, il tuo viso è divertente!” e iniziavamo a parlare. Da allora mi ripetevo: “Ok, sono una persona educata ma chi mi ha educato è stata una donna cinese”. Iniziai a dipingere le mie unghie, mi pitturavo una sola unghia di rosso per attirare l’attenzione della gente, affinché mi facessero domande. E per sentire la gente parlare. In Cina, nel corso di otto anni, ho intervistato, faccia a faccia, più di 200 donne cinesi. Ho raccolto moltissime storie e ho imparato a cucinare cibo di campagna, a fare vestiti e scarpe. Sono stata educata dalle donne cinesi. Penso che, in quanto esseri umani siamo tutti stati figlia o figlio, madre o padre, nonna o nonno, moglie o marito, non importa in quale momento della nostra vita. Ciò che è molto importante è come ci accettiamo l’un l’altro, come ci amiamo l’un l’altro, e come essere onesti l’uno con l’altro. Ciò che è molto importante nella mia vita, lo chiederei anche a voi, è quanto tu sai sulla vita di tua madre e sulla vita di tua nonna. Può darsi che non siano mai state educate, può darsi non abbiano mai avuto una storia interessante da raccontare. Ma credo che se la storia ha fatto gli esseri umani, allora i tuoi genitori, i tuoi nonni, in particolare tua madre e tua nonna, sono dei costruttori di Storia. Quindi per favore, vai a casa tua e chiediglielo. Dì loro che vuoi ascoltarle. Penso che questa sia la cosa più importante per ogni essere umano, quanto conosciamo della nostra stessa madre o della nostra stessa nonna. Grazie.
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