di Lorenzo Zamponi
Negli ultimi mesi SYRIZA è diventata un esempio in Europa per la sua capacità di contribuire all’opposizione alle misure di austerity imposte dalla Troika e di trasformare questa opposizione in una proposta di governo in grado di conquistare alle ultime elezioni un consenso senza precedenti nel popolo greco. Quali sono stati, secondo te, I fattori più rilevanti per questo successo?
Il catastrofico programma di politiche del memorandum che è stato imposto alla Grecia negli ultimi due anni e mezzo ha causato profondi cambiamenti sociali. La povertà, la disoccupazione e la miseria si sono diffuse rapidamente, la recessione è diventata incontrollabile, la vita e la dignità delle persone sono state calpestate.
Negli ultimi mesi SYRIZA è diventata un esempio in Europa per la sua capacità di contribuire all’opposizione alle misure di austerity imposte dalla Troika e di trasformare questa opposizione in una proposta di governo in grado di conquistare alle ultime elezioni un consenso senza precedenti nel popolo greco. Quali sono stati, secondo te, I fattori più rilevanti per questo successo?
Il catastrofico programma di politiche del memorandum che è stato imposto alla Grecia negli ultimi due anni e mezzo ha causato profondi cambiamenti sociali. La povertà, la disoccupazione e la miseria si sono diffuse rapidamente, la recessione è diventata incontrollabile, la vita e la dignità delle persone sono state calpestate.
I cittadini, che prima della crisi hanno votato per 40 anni all’80% o all’85% per i due maggiori partiti, si sono sentiti imbrogliati e offesi.
SYRIZA si è schierata dalla parte della società fin dal primo momento. Abbiamo partecipato con tutta la nostra forza ai movimenti di resistenza sociale, abbiamo condotto una battaglia politica rivelando l’inefficacia e la brutalità delle misure di austerity, abbiamo rivolto appelli all’unità a tutte le forze progressiste della sinistra e costruito insieme un’alternativa. Alle ultime elezioni abbiamo detto che era l’ora di un governo della sinistra, che avrebbe aperto una strada alternativa.
Questo slogan ha avuto un impatto senza precedenti sulla società, anche sulle persone che non votavano per noi. A seguito di un’incredibile campagna di terrore e intimidazione, non siamo stati, di poco, il primo partito. Ora, da una posizione di maggiore forza, continueremo fino alla vittoria.
La sinistra greca ha in comune con quella italiana una storia di scissioni, divisioni e rivalità. Come siete riusciti a costruire un fronte unito in un momento così difficile? Credi che sia possibile, in futuro, costruire una più ampia coalizione della sinistra greca, guidata da SYRIZA, in grado di vincere le elezioni e governare il paese?
Il bisogno di andare avanti puntando su ciò che ci unisce piuttosto che su ciò che ci divide è un’eredità del Social Forum. SYRIZA è composta da dodici differenti gruppi politici. La necessità di allargare quest’unità è diventata ancora più intensa ora che la società sta cercando di difendersi dalla crisi. La bancarotta politica e ideologica della socialdemocrazia ha liberato forze che ora collaborano con noi. L’unità non è solo un fatto di leadership, buone intenzioni e accordi politici. È imposta dalle circostanze. La società la impone in modo da cambiare le cose. Perciò siamo fiduciosi che nei prossimi tempi il fronte che costruiremo intorno alla necessità di una via alternativa si allargherà ancora, rafforzando ulteriormente le potenzialità per un governo della sinistra.
La Grecia ha visto, dal 2008 a oggi, un livello altissimo di conflitto sociale, e la vostra scelta di partecipare alle mobilitazioni contro l’austerity è considerata uno dei maggiori fattori della vostra forza. Il recente ciclo di mobilitazioni, in Europa, Africa e America, ha criticato fortemente la democrazia rappresentativa, proponendo la sperimentazioni di nuovi e più avanzati modelli. Quali sono, ora, le sfide più importanti che state affrontando, stando nello stesso tempo in piazza e in Parlamento? È possibile costruire nuove forme di partecipazione politica, in grado di tenere insieme la rappresentanza e il conflitto?
È ovvio che il dominio del capitale e dei mercati sulle società sta portando il mondo al disastro. Dobbiamo costruire un mondo in cui le persone valgano più dei profitti. Per farlo è ovviamente necessario inventare nuovi modelli di sviluppo, nuove forme di partecipazione, nuovi modi di prendere le decisioni in politica. Queste idee non nasceranno da menti illuminate o in ristrette avanguardie rivoluzionarie, ma attraverso la pratica e l’esperienza del conflito sociale. Il nostro obiettivo è rovesciare i rapporti di forza. Questo richiede una lotta in tutti i campi: le istituzioni, il Parlamento, la piazza, le idee. Dobbiamo rimuovere il potere e l’autorità dei nostri avversari, che sono i banchieri gli speculatori dei mercati finanziari, i canali televisivi e i giornali che loro controllano e i politici che li servono. Per fare questo dobbiamo superare le nostre paure, la paura della rottura e la paura di essere integrati nel sistema. La grande sfida per noi è convincere la società che può prendere in mano il proprio destino.
La crisi finanziaria dell’UE non può essere risolta da un paese solo, specialmente se è condizionato da memorandum e accordi, e l’urgenza di trovare un’alternativa all’austerity richiede una nuova governance democratica europea. Ciononostante, i partiti politici, le competizioni elettorali e il dibattito pubblico sono ancora basati sul livello nazionale. Cosa può fare un governo nazionale per cambiare la rotta della crisi? Cosa può essere fatto a livello europeo? E che ruolo possono giocare le prossime elezioni europee del 2014 in questo processo? Potrebbero essere una nuova occasione per un fronte europeo antiausterity?
Noi non crediamo che un cambiamento dei rapporti di forza nel Parlamento europeo possa di per sé cambiare la politica in Europa. Però potrebbe mandare un messaggio. I popoli ricevono i messaggi e li trasformano in battaglie. Questo è quello che è successo anche in Grecia. Quello che ha spaventato maggiormente il sistema di potere nel caso delle elezioni greche e della crescita di SYRIZA è stata la possibilità che il movimento della disobbedienza si diffondesse con un effetto domino ad altri paesi. È vero che i conflitti restano a livello nazionale, mentre le decisioni sono prese a livello europeo. Ognuno di noi può iniziare dal proprio Paese, per poi incontrarci in un movimento di massa per il rovesciare il potere, che si potrebbe diffondere in tutta Europa e in tutto il mondo. Prima della crisi questa sarebbe sembrata una prospettiva distante. Ora le cose stanno evolvendo rapidamente.
Come vedi, ora, il futuro della Grecia, che potrebbe fare da esempio a paesi come Portogallo, Spagna e Italia? L’uscita dall’euro è un’ipotesi reale? Si tratta dell’unico modo per sfuggire alla trappola dell’austerity? Quali sono le alternative che state considerando?
Non è certo che il ritorno a una valuta nazionale svalutata rafforzerebbe le forze del lavoro. Al contrario, i potenti sarebbero in una posizione ancora più forte. I lavoratori greci sarebbero in competizione con gli italiani, gli spagnoli e i portoghesi, sulla disponibilità a produrre merci più economiche con salari più bassi. Noi vogliamo alleati. Noi vogliamo rovesciare il dominio del capitale, e questo è fattibile più facilmente a livello europeo, piuttosto che in ogni singolo paese. L’uscita dalla moneta comune non è un obiettivo. L’obiettivo è avere banche pubbliche, solidarietà sociale, redistribuzione della ricchezza, sviluppo per i bisogni delle persone piuttosto che delle imprese. E questo è un obiettivo comuni per le persone e la comunità del Nord e del Sud.
10 anni fa, a Firenze, il Forum Sociale Europeo ha riunito un vasto schieramento di attori sociali e politici, anticipando per molti aspetti il dibattito di oggi sulla crisi, il sistema finanziario e la carenza di democrazia a livello europeo. 10 anni dopo, la necessità di una coalizione europea di movimenti, organizzazioni sociali e partiti politici contro l’austerity e per un nuovo modello democratico e sociale europeo è più urgente che mai. Perché non è ancora successo, da dove possiamo cominciare per costruirla?
Il Forum Sociale Europeo ci ha insegnato che la nostra grande potenza è la diversità di mezzi, obiettivi e dei movimenti stessi. Ha sottolineato i problemi e le contraddizioni del capitalismo neoliberista, ma non è riuscito a sviluppare una strategia alternativa. Ora, la via alternativa non è solo una possibilità tra le altre, ma è il nostro dovere di salvare il mondo dalla distruzione. Noi siamo ottimisti. Queste condizioni richiedono formule nuove e ci mostrano cosa dobbiamo fare. Se c’è un movimento di resistenza di massa capace di vincere della battaglie e di imporre le proprie condizioni, il fronte unito si formerà dal basso del modo più naturale, e in maniera molto rapida. Quello che le forze organizzate dovrebbero fare sarebbe partecipare nelle lotte sociali e identificare chiaramente gli avversari. L’ora in cui le società si uniranno intorno a un piano alternativo è molto vicina.
Questo slogan ha avuto un impatto senza precedenti sulla società, anche sulle persone che non votavano per noi. A seguito di un’incredibile campagna di terrore e intimidazione, non siamo stati, di poco, il primo partito. Ora, da una posizione di maggiore forza, continueremo fino alla vittoria.
La sinistra greca ha in comune con quella italiana una storia di scissioni, divisioni e rivalità. Come siete riusciti a costruire un fronte unito in un momento così difficile? Credi che sia possibile, in futuro, costruire una più ampia coalizione della sinistra greca, guidata da SYRIZA, in grado di vincere le elezioni e governare il paese?
Il bisogno di andare avanti puntando su ciò che ci unisce piuttosto che su ciò che ci divide è un’eredità del Social Forum. SYRIZA è composta da dodici differenti gruppi politici. La necessità di allargare quest’unità è diventata ancora più intensa ora che la società sta cercando di difendersi dalla crisi. La bancarotta politica e ideologica della socialdemocrazia ha liberato forze che ora collaborano con noi. L’unità non è solo un fatto di leadership, buone intenzioni e accordi politici. È imposta dalle circostanze. La società la impone in modo da cambiare le cose. Perciò siamo fiduciosi che nei prossimi tempi il fronte che costruiremo intorno alla necessità di una via alternativa si allargherà ancora, rafforzando ulteriormente le potenzialità per un governo della sinistra.
La Grecia ha visto, dal 2008 a oggi, un livello altissimo di conflitto sociale, e la vostra scelta di partecipare alle mobilitazioni contro l’austerity è considerata uno dei maggiori fattori della vostra forza. Il recente ciclo di mobilitazioni, in Europa, Africa e America, ha criticato fortemente la democrazia rappresentativa, proponendo la sperimentazioni di nuovi e più avanzati modelli. Quali sono, ora, le sfide più importanti che state affrontando, stando nello stesso tempo in piazza e in Parlamento? È possibile costruire nuove forme di partecipazione politica, in grado di tenere insieme la rappresentanza e il conflitto?
È ovvio che il dominio del capitale e dei mercati sulle società sta portando il mondo al disastro. Dobbiamo costruire un mondo in cui le persone valgano più dei profitti. Per farlo è ovviamente necessario inventare nuovi modelli di sviluppo, nuove forme di partecipazione, nuovi modi di prendere le decisioni in politica. Queste idee non nasceranno da menti illuminate o in ristrette avanguardie rivoluzionarie, ma attraverso la pratica e l’esperienza del conflito sociale. Il nostro obiettivo è rovesciare i rapporti di forza. Questo richiede una lotta in tutti i campi: le istituzioni, il Parlamento, la piazza, le idee. Dobbiamo rimuovere il potere e l’autorità dei nostri avversari, che sono i banchieri gli speculatori dei mercati finanziari, i canali televisivi e i giornali che loro controllano e i politici che li servono. Per fare questo dobbiamo superare le nostre paure, la paura della rottura e la paura di essere integrati nel sistema. La grande sfida per noi è convincere la società che può prendere in mano il proprio destino.
La crisi finanziaria dell’UE non può essere risolta da un paese solo, specialmente se è condizionato da memorandum e accordi, e l’urgenza di trovare un’alternativa all’austerity richiede una nuova governance democratica europea. Ciononostante, i partiti politici, le competizioni elettorali e il dibattito pubblico sono ancora basati sul livello nazionale. Cosa può fare un governo nazionale per cambiare la rotta della crisi? Cosa può essere fatto a livello europeo? E che ruolo possono giocare le prossime elezioni europee del 2014 in questo processo? Potrebbero essere una nuova occasione per un fronte europeo antiausterity?
Noi non crediamo che un cambiamento dei rapporti di forza nel Parlamento europeo possa di per sé cambiare la politica in Europa. Però potrebbe mandare un messaggio. I popoli ricevono i messaggi e li trasformano in battaglie. Questo è quello che è successo anche in Grecia. Quello che ha spaventato maggiormente il sistema di potere nel caso delle elezioni greche e della crescita di SYRIZA è stata la possibilità che il movimento della disobbedienza si diffondesse con un effetto domino ad altri paesi. È vero che i conflitti restano a livello nazionale, mentre le decisioni sono prese a livello europeo. Ognuno di noi può iniziare dal proprio Paese, per poi incontrarci in un movimento di massa per il rovesciare il potere, che si potrebbe diffondere in tutta Europa e in tutto il mondo. Prima della crisi questa sarebbe sembrata una prospettiva distante. Ora le cose stanno evolvendo rapidamente.
Come vedi, ora, il futuro della Grecia, che potrebbe fare da esempio a paesi come Portogallo, Spagna e Italia? L’uscita dall’euro è un’ipotesi reale? Si tratta dell’unico modo per sfuggire alla trappola dell’austerity? Quali sono le alternative che state considerando?
Non è certo che il ritorno a una valuta nazionale svalutata rafforzerebbe le forze del lavoro. Al contrario, i potenti sarebbero in una posizione ancora più forte. I lavoratori greci sarebbero in competizione con gli italiani, gli spagnoli e i portoghesi, sulla disponibilità a produrre merci più economiche con salari più bassi. Noi vogliamo alleati. Noi vogliamo rovesciare il dominio del capitale, e questo è fattibile più facilmente a livello europeo, piuttosto che in ogni singolo paese. L’uscita dalla moneta comune non è un obiettivo. L’obiettivo è avere banche pubbliche, solidarietà sociale, redistribuzione della ricchezza, sviluppo per i bisogni delle persone piuttosto che delle imprese. E questo è un obiettivo comuni per le persone e la comunità del Nord e del Sud.
10 anni fa, a Firenze, il Forum Sociale Europeo ha riunito un vasto schieramento di attori sociali e politici, anticipando per molti aspetti il dibattito di oggi sulla crisi, il sistema finanziario e la carenza di democrazia a livello europeo. 10 anni dopo, la necessità di una coalizione europea di movimenti, organizzazioni sociali e partiti politici contro l’austerity e per un nuovo modello democratico e sociale europeo è più urgente che mai. Perché non è ancora successo, da dove possiamo cominciare per costruirla?
Il Forum Sociale Europeo ci ha insegnato che la nostra grande potenza è la diversità di mezzi, obiettivi e dei movimenti stessi. Ha sottolineato i problemi e le contraddizioni del capitalismo neoliberista, ma non è riuscito a sviluppare una strategia alternativa. Ora, la via alternativa non è solo una possibilità tra le altre, ma è il nostro dovere di salvare il mondo dalla distruzione. Noi siamo ottimisti. Queste condizioni richiedono formule nuove e ci mostrano cosa dobbiamo fare. Se c’è un movimento di resistenza di massa capace di vincere della battaglie e di imporre le proprie condizioni, il fronte unito si formerà dal basso del modo più naturale, e in maniera molto rapida. Quello che le forze organizzate dovrebbero fare sarebbe partecipare nelle lotte sociali e identificare chiaramente gli avversari. L’ora in cui le società si uniranno intorno a un piano alternativo è molto vicina.
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