L’autismo (se non lo sprezzo) occidentale rispetto alla conferma alla presidenza di Hugo Chávez stride particolarmente con la festa latinoamericana per la conferma di uno dei leader più autorevoli e rispettati della regione. L’Alto responsabile dell’Unione Europea per gli esteri, la Baronessa inglese Catherine Ashton, ha commentato con un gelido “prendo nota dell’elezione di Hugo Chávez” al quale ha aggiunto un sibillino: “ricordi Chávez che la vittoria comporta responsabilità”. Come se per la baronessa Ashton Hugo Chávez non fosse un uomo adulto, capo dello stato di una nazione adulta, si potesse permettere di ingerirsi e bacchettarlo come se si trattasse di una colonia.
Ben altro clima si respira in America latina ed è un clima trionfale. Chávez stesso ha dedicato la vittoria alla presidente argentina Cristina Fernández, alla patria di Che Guevara, del quale ricorre il 45esimo anniversario dell’assassinio e alla memoria di Néstor Kirchner, figura fondamentale dell’integrazione continentale in questi anni e scomparso due anni fa. Cristina ha risposto con parole altrettanto grate e non di circostanza, ricordando l’alleanza strettissima di Argentina e Venezuela nella costruzione della “Patria Grande latinoamericana”, un concetto che all’ex presidente della camera dei lord inglese Ashton, deve apparire la sovversione assoluta: “La tua vittoria è la vittoria di tutta l’America latina. Sono emozionatissima”. Citando Simon Bolivar dall’esilio che disse di “aver arato nel mare”: Cristina ha detto “tu, Hugo Chávez, hai arato il terreno, tu hai seminato, e oggi hai raccolto. La tua vittoria è anche la nostra. È la vittoria di tutto il Sud America e dei Caraibi. Forza Hugo, Forza Venezuela, Forza Mercosur e Unasur!”.Anche il presidente ecuadoriano Rafael Correa non si è trattenuto dall’usare immediatamente Twitter: “Chávez vincitore con quasi 10 punti di differenza! Viva Venezuela, viva la Patria Grande, viva la Rivoluzione Bolivariana!”. Se perfino dal colombiano Santos che da quando è presidente ha contribuito a migliorare le relazioni col Venezuela rispetto all’epoca Uribe (ma non era tutta colpa di Chávez?) sono venute parole chiare di congratulazioni, ancor di più è venuto da Cuba e dall’Uruguay di Pepe Mújica (la moglie, la senatrice Lucia Topolansky, anch’essa ex-guerrigliera era a Caracas e ha costantemente accompagnato il presidente) mentre Evo Morales si è detto entusiasta per quello che ha definito un trionfo di tutta l’America latina.
Si ricompone così quello che durante la presidenza Bush veniva definito “asse del male latinoamericano” tanto che la dichiarazione più significativa è stata forse quella dell’ex-presidente brasiliano Lula, che il complesso mediatico mainstream ha tentato di spacciare come modello per il candidato delle opposizioni. Nel felicitarsi con l’amico e compagno Chávez ha chiuso ogni polemica: “se qualcuno vuole vedere come funziona una vera democrazia, che vada in Venezuela”.
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