Pubblicato il 30 apr 2013
di Manlio Dinucci -
Enrico Letta ha ricevuto la fiducia: quella del segretario di stato Usa John Kerry che, ancor prima che la votasse il parlamento italiano, si è congratulato per la nascita del nuovo governo. Fiducia ben meritata. Enrico Letta, garantisce John Kerry, è «un amico buono e fidato degli Stati uniti, che ha dimostrato in tutta la sua carriera un fermo impegno nella nostra partnership transatlantica». Il governo Letta, sottolinea Kerry, assicurerà il proseguimento della «nostra stretta cooperazione su molte pressanti questioni in tutto il mondo». È quindi il segretario di stato Usa a trattare un tema fondamentale che i partiti italiani hanno cancellato dal dibattito e dai programmi con cui si sono presentati agli elettori: la politica estera e militare dell’Italia. Il perché è chiaro: Pd, Pdl e Scelta Civica hanno su ciò la stessa posizione. Possiamo dunque essere sicuri che l’Italia continuerà ad essere base avanzata delle operazioni militari Usa/Nato in Medio Oriente e Africa: dopo la guerra alla Libia, si sta conducendo quella in Siria, mentre si prepara l’attacco all’Iran. E, in barba al Trattato di non-proliferazione, resteranno sul nostro territorio le bombe nucleari che gli Usa hanno deciso di potenziare. Allo stesso tempo l’Italia continuerà a inviare forze militari all’estero, anche in Afghanistan dove la Nato manterrà propri contingenti dopo il «ritiro» nel 2014. Aumenterà di conseguenza la spesa militare, in cui l’Italia si colloca al decimo posto mondiale con 70 milioni di euro al giorno spesi con denaro pubblico in forze armate, armi e missioni militari all’estero. A rafforzare la fiducia di John Kerry che l’Italia resterà alleato fidato sotto comando Usa è la nomina di Emma Bonino a ministro degli esteri. La Bonino, sottolineano a Washington, è una ex allieva del Dipartimento di stato, presso cui ha frequentato un corso di formazione (International Visitor Leadership Program). Brillante allieva. Ha sostenuto i bombardamenti della Nato sull’ex Jugoslavia; ha sostenuto la guerra in Afghanistan, dichiarando che «non si può parlare di occupazione: qui c’è una forza multinazionale» e che «un’occasione militare può condurre alla democrazia»; ha accusato Gino Strada di «atteggiamento ambiguo, tra l’umanitario e il politico». Ha sostenuto la guerra in Iraq, affermando che «non c’era alternativa per sconvolgere la rete terroristica» dopo l’11 settembre e ha definito «irresponsabili» i manifestanti contro la guarra. E, in veste di vice-presidente del Senato, è stata tra i più accesi sostenitori della guerra alla Libia, chiedendo nel febbraio 2011 la sospensione del trattato bilaterale perché «lega le mani all’Italia nel prestare soccorso alla popolazione civile», «soccorso» arrivato subito dopo con i cacciabombardieri. La Bonino potrà contare sui corsi di «peacekeeping» della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa (già diretta da Maria Chiara Carrozza ora ministro dell’istruzione), che vengono tenuti anche in Africa. A quando, dopo quella in Libia, la prossima operazione di «peacekeeping»?
il manifesto 30 aprile 2013
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